“Sono uno che scappa” ammetterà poco dopo quando sopraffatto dalla morte della dottoressa fugge in preda al panico dall’ospedale cercando la salvezza in strada. Fra le pagine di Frontline ci si trova di fronte ad una versione dei fatti intrisa di più realismo e per questo più toccante e più vicina al lettore, di quanto non sia vedere metaumani invulnerabili cancellare dal cielo intere astronavi, si riesce a percepire la disperazione, il terrore, la violenza e soprattutto l’impotenza dell’uomo comune che non ha i mezzi per confrontarsi con quanto sta succedendo, ma non per questo si dà per vinto e non ci prova.Pescando a piene mani dall’immaginario post undici settembre l’autore riesce a tenerci inchiodati alla narrazione ed a creare una tensione continua in cui non ci si può prefigurare cosa possa accadere pagina dopo pagina. Se è praticamente impossibile per i supereroi morire definitivamente, Reed ci rende ben chiaro che per la gente di New York questo assunto non vale e che anzi a volte anche chi per poche pagine è stato protagonista può scomparire in modo insensato e brutale, come la dottoressa travolta dalle macerie del pronto soccorso o il padre di Melanie letteralmente sbranato per le scale da uno Skrull ferale.Gli atti di coraggio diventano quindi a maggior ragione più pregnanti ed inaspettati, portandoci a riscoprire la novità di azioni che daremmo per scontate se a compierle fosse Capitan America o Iron Man. Vedere un poliziotto grasso e di mezza età opporsi agli alieni per salvare un tram pieno di persone ci porta a trattenere il fiato ed a sperare con tutto il cuore che possa farcela senza esser certi però del risultato.Abbiamo di fronte un altro mondo che interseca quello più patinato ed importante delle testate principali ma che proprio per la sua piccolezza e la sua incertezza riesce a toccare corde nel nostro animo che il crossover principale non vuole e non può.

Non scevro da difetti questo Frontline diventa però un perfetto contraltare rispetto a Secret Invasion, di cui analizza gli angoli bui e le pause aggiungendo colore e spessore all’arazzo principale. Il fan scafato, ormai ben conscio di quello che potrebbe accadere nella saga, recupera mediante questi piccoli interludi il sense of wonder ed il batticuore che pensava ormai persi di fronte ad un prodotto pensato principalmente per divertire il pubblico mainstream, può compiere insomma un passo indietro e ritornare per breve tempo a quelle emozioni provate quando ha cominciato a legger fumetti e nulla sapeva delle meccaniche di quanto ci stava dietro.

Meritano una segnalazione particolare le matite tutte italiane di Marco Castiello, approdato recentemente in casa Marvel, completate dai colori di Barbara Ciardo, che riescono egregiamente a completare la sceneggiatura di Reed in un modo decisamente molto particolare. Castiello esibisce un tratto “sporco”, europeo, alcune volte volutamente abbozzato e ben lontano da quelli iperdefiniti e sgargianti presenti sulla testata principale, molto adatto a comunicare le espressioni e la mimica dei personaggi. Le inquadrature ricche di primi piani, i colori fiochi, l’attenzione alla luce delle vignette riescono a comunicare benissimo il pathos di quanto sta accadendo, senza soffermarsi su mirabolanti scene di combattimento o sull’azione a tutto campo. Anche a attraverso i disegni, quindi, questa miniserie riesce a comunicare quella sensazione intimista che manca alla sorella maggiore e che la rende una lettura quasi più piacevole rispetto all’evento principale.