Fino a ora, però,  scienza e  tecnologia non sono state in grado di unificare questi due importantissimi risultati.I trapianti di organi clonati vincono sì la senescenza del corpo ma non l’invecchiamento e il tracollo della coscienza: in corpi perfetti rischiano di albergare menti destrutturate dal solo passare inesorabile del tempo.Il pensiero eterno disimpiantato resta invece imprigionato in macchinari, che, per quanto semi sintetici, non hanno nulla della fisicità dell’organismo umano. Essi non permettono contatti sensoriali ed emotivi con la realtà, e questo causa schizofrenie e altri disturbi psichiatrici anche alle coscienze conservate più forti.Adesso, con la creazione del clone cerebrale, possiamo dire che il sogno della vita eterna di corpo e mente congiunti è diventato una realtà...”

La Clonazione Cerebrale: la conquista della vita eterna

Nawat J. Rainforest, M.D. Et altri

New England Journal of Medicine – Volume 2770 – 11 maggio 2504 – Numero 6

 

- Scaricare il liquido metabolico dall’Unità di Supporto.

Le parole di Nawat giunsero ad Alo chiare e ben scandite. Che bella voce aveva il dottore, profonda, avvolgente.

- Apro l’Unità di Supporto e prelevo il clone cerebrale.

Le mani del cloner lo strinsero leggermente, sollevandolo dal supporto. Era la prima volta che Nawat lo toccava, altri l’avevano già fatto, ma non il dottore. Le sue mani erano calde e delicate. Alo venne percorso da una nuova scarica elettrica, che gli accese ogni singola sinapsi. Era durata poco ma era stata la sensazione più bella che avesse mai provato.

- Apro il contenitore di trasporto e depongo il clone cerebrale al suo interno.

Alo si sentì avvolgere da un buio caldo, gradevole e i suoni iniziarono a giungergli ovattati. Che gli stava succedendo?

 

Il corpo del presidente Oya giaceva nel letto candido dell’ospedale, sorvegliato da una ventina di macchinari collegati a ognuna delle sue funzioni vitali primarie.

Nawat fissò il monitor dell’elettroencefalogramma. Una riga diritta si disegnava senza soluzione di continuità sullo schermo, a dimostrazione della morte clinica del cervello del Presidente. Un banale incidente domestico, la caduta da una scala dopo aver sistemato dei volumi all’ultimo livello della libreria, lo aveva ridotto in quello stato.

Il cloner si avvicinò, spostando lo sguardo su di un Cubo di Proiezione appoggiato sul comodino accanto al corpo, dimenticato come se non avesse importanza.

La coscienza di Oya era stata trasferita in quel solido di materiale semi-sintetico con una procedura detta di Sotou-Pacchetti, concepita dai vincitori del Nobel per la medicina nel 2447, che aveva salvaguardato sia l’integrità sia gli engrammi di memoria. Nessuna traccia mnestica era andata perduta, ogni minima sfumatura del carattere dell’uomo si era conservata con precisione.

- Buongiorno, Presidente - disse Nawat, collegando il Cubo al Terminale di Contatto.

Una voce metallica gli rispose. - Professore, era ora. Mi sembra un’eternità...

- Sono solo un paio di ore, Presidente.

- Una vita! - esclamò la voce.

Nawat sospirò, il caratteraccio del politico più influente dell’universo era cosa nota.

- Presidente Oya, posso suggerirle un approccio più calmo alla situazione? - si permise di rispondergli.

Dal Cubo parve levarsi un borbottio confuso.

- C’è qualcosa che ancora non la convince? - chiese Nawat, trattenendo un ennesimo sospiro. Odiava i politici e il loro approccio non scientifico alle cose. No, per la verità odiava il fatto che i suoi studi fossero sottoposti al giudizio di persone che, come il Presidente, non avevano le qualifiche scientifiche per capirli fino in fondo, e si barricavano a sproposito dietro la parola “etica” per condizionare ogni nuova linea di ricerca. La politica governava sulla scienza anche nel ventiseiesimo secolo.

- Quali sono le garanzie di riuscita? - domandò perentoria la voce.

La coscienza del Presidente non aveva occhi per vedere il volto del cloner, contratto dalla stizza.

- In termini statistici riferiti alla razza umana, non sono ancora quantificabili. Abbiamo effettuato solo una decina di interventi, tutti su soggetti che aderivano alla perfezione al protocollo di indagine da lei visionato non più di cinque anni fa» gli rispose, controllando a fatica il disappunto nella voce, «ma, considerando i cinquecentosettantaquattro interventi su altre specie animali, tutti andati a buon fine, direi che possiamo azzardare un più che cauto ottimismo. Lei parla proprio come un medico. Si sbilanci, dannazione, mi dia un valore quantificabile!

- Novantotto virgola nove le va bene? Sono certo che l’intervento andrà a buon fine, Presidente. Ma, siccome la precauzione non è mai troppa» tra le mani di Nawat comparve una piccola palla metallica, traslucida, che il Presidente non poteva vedere, «è stata predisposta una replica completa della sua coscienza e dei suoi schemi di memoria, trasferibile in ogni momento in un altro Cubo.