Per Geoffrey si tratta di un’impresa molto coraggiosa. Potrei spiegarglielo, ma non sarebbe contento, perché non capirebbe. Non come abbia iniziato questo discorso “rustico”, o perché, o che vantaggio ne abbia. Neppure come si possa insediare un’abitudine inutile, e come tu ti aggrappi a essa con tutte le forze, perché altrimenti perdi la tua identità, anche se non sei mai stato particolarmente grande. Come potrebbe capire una cosa del genere? Ha solo cinquantacinque anni.

All’improvviso Eric si mette a gridare: - Rex è scappato!

Tutti e due i bambini schizzano via dalla porta della mia stanza. Scorgo la signora Petrillo che scende per il corridoio appoggiata a delle stampelle robotiche. Strilla quando le passano accanto, ma almeno non la fanno cadere.

- Seguili, Geoff, prima che qualcuno si faccia male!

- Non faranno del male a nessuno, e neppure Rex.

- E come fai a saperlo? È un palazzo pieno di vecchi che oscillano come cicogne su zampe supplementari, e credi...

- Calmati, papà, Rex ha un sensore interno per evitare gli oggetti e...

- Mi stai parlando di un software? A me, mammoletta?

Adesso è veramente incazzato, lo vedo perché ora è silenzioso e teso, ancor di più se possibile: è una stecca di fibra di carbonio.

- Non hai davvero sviluppato quel software, papà. Lo hai rubato. Sono io che ho reso legittima la società e inoltre...

Allora mi accorgo che non ho più l’anello al dito: è sparito.

Daria era persiana, non greca, turca o araba. Se pensate che sia stato più semplice per me cercarla, siete pazzi. Ritornai dopo la mia ultima ferma e la cercai, oh se la cercai. A Cipro nessuno la conosceva, l’aveva mai vista o era disposto ad ammetterne l’esistenza. Non c’era alcun documento: “distrutti durante la guerra”.

Il nostro ultimo mattino insieme eravamo scesi fino a una caletta rocciosa. Avevamo lasciato Nicosia il giorno successivo al nostro incontro, per spostarci in un minuscolo villaggio costiero non troppo rovinato dalla guerra. Sulla spiaggia facemmo l’amore con i sassi levigati dal mare che ci pungevano le natiche, prima le sue, poi le mie. Daria tagliò una ciocca dei suoi capelli ribelli e schioccò un bacio premendo le sue labbra rosse su un foglio di carta. C’erano fiori di campo di color rosa che crescevano tra l’erba incolta. Piangemmo entrambi e giurai di tornare.

Lo feci, infatti, ma non riuscii a trovarla. Era una delle tante prostitute di Cipro: chi mai cercherebbe gente di quel tipo? Alla fine fui costretto ad arrendermi. Tornai a Brooklyn e conservai nel plastolux i capelli e il bacio (era talmente rosso... oggi invece tutte usano l’oro, e sembrano stravaganti lampadari).

In seguito, nascosi la bolla insieme alla mia uniforme dell’esercito, dove Miriam non poteva trovarla. Povera Miriam, a suo modo era una buona moglie, una buona madre. Non era colpa sua se non era Daria. Nessuno era come lei.

Fino a oggi, naturalmente, quando centinaia di persone lo sono, almeno in parte. Centinaia? Forse migliaia. Chiunque possa permetterselo.