Correva l’anno 1979 quando sugli schermi televisivi della RAI Radiotelevisione Italiana comparve per un breve periodo un serial apocalittico chiamato I Sopravvissuti, un’esperienza breve ma talmente intensa da lasciare tracce e ricordi a molti degli gli ex-ragazzi di allora, ormai quarantenni.  Da allora la serie non è  stata mai più ritrasmessa in televisione permettendo così a questo serial di assurgere allo status di telefilm culto.

I Sopravvissuti (Survivors) venne creato nel 1975 dalla penna e dal genio di Terry Nation, che per chi non lo sapesse è stato uno dei padri del Doctor Who, creatore, oltre che di numerosi tra i migliori episodi legati alle vicende del pirotecnico Doctor, anche dei suoi villains più importanti: i Daleks. 

In Survivors, Nation si immaginò, in un ipotetico presente, il diffondersi di un’epidemia di influenza inizialmente considerata alla stregua delle tante che affliggono la popolazione nel corso dei mesi invernali, ma che in seguito si rivela molto più contagiosa e letale di quanto previsto e che in pochi giorni si trasforma in una vera e propria pandemia in grado di spazzare via dalla faccia della terra oltre il 90% della popolazione mondiale.  I pochissimi esseri umani riusciti a resistere all’infezione si trovano soli, spaventati, con ogni legame affettivo completamente troncato, in un mondo desolato dove è collassato di fatto ogni sistema di organizzazione sociale. 

il vecchio cast della serie originale
il vecchio cast della serie originale
Con queste premesse Nation riuscì a sviluppare una straordinaria serie di tre stagioni nelle quali si seguono le vicende di un gruppo di sopravvissuti che con fatica cominciano a ricreare un’esistenza comune, una sorta di epico travaglio per la genesi di un nuovo mondo. 

Nel 2007 Adrian Hodges (co-creatore di Primeval e sceneggiatore per Rome) propose alla BBC il remake di Survivors e dopo mesi di tormentate trattative con gli eredi delle opere di Terry Nation riuscirono a trovare un accordo e a cominciare la produzione del nuovo serial che ricalca in maniera abbastanza fedele l’originale trasponendolo ai giorni nostri.

Molti dei ruoli presenti nella versione originale sono stati riproposti integralmente, a partire dalla risoluta leader Abbey Grant, interpretata dalla nota attrice televisiva scozzese Julie Graham, passando per quello di Greg Preston, dove troviamo l’attore di colore Peter Paterson Joseph (Jekyll) al posto del biondo Ian McCullok.  Ma la trasformazione dei ruoli principali nel cast tra le due versioni avviene parallelamente a quella che è stata l’evoluzione nella società inglese, trasformatasi nel giro di poche decadi in una società completamente multirazziale, quindi troviamo tra i sopravvissuti etnie come quella araba rappresentate nei suoi aspetti più estremi, come il bambino appartenente alla fascia religiosa e proletaria affiancato al ricco ed emancipato Kuwaitiano che vive nei grattacieli della City. 

La modernizzazione del serial non passa soltanto attraverso l’introduzione dell’elemento multirazziale, ma anche da quello tecnologico, dove il trapasso da una società moderna, tecno-dipendente e automatizzata  ad una costretta a ripartire da zero imparando nuove tecniche dimenticate nella notte dei tempi è ancora più marcato rispetto a quello visto nella versione di Nation trent’anni fa.

Per i superstiti la sopravvivenza è legata direttamente alla loro capacità di recuperare tecniche, valori e conoscenze che non sono ormai più presenti nella nostra società moderna, che è come una sorta di bambino grasso viziato incapace di alimentarsi autonomamente, e quando premere un pulsante o accendere un cellulare non produce alcun effetto lo shock da distacco dalla realtà consolidata è ancora più drammatico rispetto a quello che si era in grado di produrre, nella versione originale, attraverso la perdita delle tecnologie di oltre trent’anni fa.

Questo remake ha un’impostazione molto più cinematografica in grado di produrre effetti molto potenti dal punto di vista visivo, con forti immagini apocalittiche in grado di atterrire lo spettatore con un impatto molto diretto, mentre la versione di Nation, essendo molto più teatrale e basata sui dialoghi, generava un tipo di angoscia indiretto e cerebrale.

Nel complesso, nonostante in questi ultimi trent’anni siano state prodotte dozzine di opere a sfondo catastrofico, Survivors riesce a mantenere comunque una prospettiva autonoma, interessante e attuale, e questa nuova versione ha il pregio di non tradire le aspettative sia del vecchio fan che di colui che per la prima volta si accinge a guardare con occhio disincantato questa serie.