Come Square Enix identifica il gioco di ruolo alla giapponese, Bioware è il fulcro attorno a cui si muovono le correnti occidentali. Dall'era di D&D con Baldur's Gate a quella dei moduli fai-da-te di Neverwinter Nights, dalla fantascienza di Star Wars: Knights of the Old Republic alla verve cinematografica di Mass Effect, è sempre stata la casa che meglio ha saputo rileggere le caratteristiche del genere in seno a un preciso periodo, tracciando di volta in volta la direzione da seguire e definendo la tecnologia da utilizzare. Che, nel mondo digitale, equivale a dire la lingua. Ecco, su pc e adesso anche e soprattutto su console, Bioware rappresenta il linguaggio dei giochi di ruolo. Mentre con la serie Mass Effect si è ormai raggiunto un nuovo idioma, che richiama l'assoluta scorrevolezza di un film nel quale si continua comunque a interpretare il protagonista attraverso le proprie decisioni, con Dragon Age: Origins la software house che per anni ha fatto rima con Dungeons & Dragons riparte dal passato.

Certe sequenze spiccatamente hollywoodiane e le inquadrature sono ora spettacolari, il cast comprende attori di Star Trek e Stargate, come Claudia Black, Kate Mulgrew, Tim Russ, e i combattimenti di cappa e spada sfruttano le medesime coreografie di un videogame di azione, ma l'ossatura rimane ben salda alle basi dei giochi di ruolo più classici. Dove Mass Effect snellisce, Dragon Age conserva, basterebbe citare il diverso approccio a un aspetto chiave come i dialoghi, quasi una dichiarazione di intenti. In Origins non hanno il selettore a ruota riassuntivo del tono che si vuole dare alla risposta, ma il vecchio menu a scelta multipla nel quale il testo della frase appare scritto per intero. Oppure le complesse dinamiche che si annidano nelle sfumature del processo evolutivo del personaggio o nella gestione del gruppo di avventurieri che lo accompagna, approvandone o no le azioni e, ancora, le decine di ore necessarie per vedere uno dei finali e la quantità di intrecci che ciascun viaggio nelle violente terre di Ferelden offre sin dall'inizio al giocatore.

Le Origins del titolo fanno infatti riferimento alla possibilità non solo di scegliere, ma di apprendere il background del protagonista giocandolo in una sorta di prologo interattivo agli eventi comuni della trama. In altri videogame - come lo stesso Mass Effect - limitato allo sfondo, il retroterra dal quale proviene l'eroe è un elemento da sempre tenuto in considerazione da Bioware e che con Dragon Age viene declinato in maniera approfondita. Sei storie che introducono il personaggio a seconda della razza, del sesso e dell'estrazione, si tratti di umani, nani, elfi di città o dei boschi, maghi, nobili o semplici cittadini e che sono la doverosa premessa per comprendere il nucleo di Origins, ossia il mondo di Ferelden, un universo concepito ex novo, e come esso reagisce nei confronti del giocatore.

Con Dragon Age Bioware ridisegna le fondamenta del fantasy su console. Ci mette fiumi di sangue, sesso e heavy metal, ma anche quello che si potrebbe indicare come uno sguardo realistico al fantastico - che gli sviluppatori fanno discendere direttamente dallo scrittore George R.R. Martin delle Cronache del ghiaccio e del fuoco o dal canale televisivo dei vampiri di True Blood, l'Hbo - e nel quale per esempio gli elfi, la cui civiltà un passato fiera è oggi in piena decadenza, sono i diversi, gli emarginati che vivono nei sobborghi delle città subendo le angherie del ricco di turno, mentre la magia e chi la pratica vengono visti con sospetto, in un medioevo che, un po' come alla corte di re Artù, sta abbandonando i vecchi dei in favore di un nuovo ordine. Oltre a dover fare i conti, nel bene e nel male, con le proprie azioni, un dualismo etico fatto di parecchie zone grige dove Bioware ha disseminato conseguenze lungo tutto l'arco dell'avventura e non semplicemente nell'immediato, in modo da permettere di osservare come taluni cambiamenti influiscano a distanza di tempo, in Dragon Age: Origins bisogna lottare spesso anche con la diffidenza e tanti altri piccoli vizi e virtù di una società fantasy che rispecchia la nostra, all'ombra di un'epoca oscura dominata dal ritorno di un'antica minaccia in cui rivivono lo scontro tra scienza, fede e religioni, il razzismo, la paura dello straniero e la caccia alle streghe, nell'accezione più ampia.