Memories of green

di Vittorio Curtoni

Il chiavino di Courmayeur

Non sappiamo se Delos sia entrato nella storia della fantascienza italiana, ma sicuramente la storia della fantascienza italiana è entrata in Delos. Vittorio Curtoni, già direttore delle mitiche riviste Robot e Aliens - e comunque un bel po' mitico già di suo - ha accettato di portare sulle nostre pagine una collezione di gustosi aneddoti del fandom e dell'editoria italiana. Ah, per sua volontà, il sottotitolo di questa rubrica è "i farneticanti ricordi del vecchio vic". Almeno sapete cosa aspettarvi...

Visto che, come accade ogni due anni, sta per rinnovarsi il mistico appuntamento della convention di Courmayeur, racconterò qui i miei ricordi della precedente edizione, cioè quella del 1996.

Voglio precisare che le mie velate (?) critiche agli organizzatori sono rigorosamente da prendere per quel che sono, un'occasione di divertimento del tutto priva di cattiveria. Eta Musciad e Silvio Canavese, gli organizzatori della Con, sono carissime persone e non vorrei mai offenderli per tutto l'oro del mondo. Loro stessi, alla fine della convention, mi hanno confessato di avere trovato l'hotel (del quale taccio il nome per patria carità, e soprattutto per timore di querele) enormemente peggiorato rispetto a due anni prima; sicché è ovvio che i miei appunti sono rivolti all'hotel, non ai due, che colà hanno sofferto quanto me. Quanto tutto il nostro gruppo.

E si vada a principiar.

Courmayeur 1996 è stato uno spasso, anche se in termini di stanchezza fisica una botta allucinante: non tanto perché si sia tirato troppo tardi (a parte l'ultima notte) o si sia bevuto troppo (anzi, una convention più astemia di questa non l'ho mai vista), ma soprattutto perché mi sono trovato ospite di un hotel con una camera affacciata sulla statale (che per tutta la notte sembrava l'autodromo di Monza), la quale camera conteneva un letto da nani, largo così e lungo un po' meno. Avevo i piedi impiccati contro la... come c#@$o si chiama?... pediera? di legno. Pensavo al mio amico Valerio Evangelisti, che è alto quei due metri, e mi veniva da ridere. Se lo avessero sistemato lì, avrebbe dovuto segarsi le gambe dalle ginocchia in giù... Un letto ottimo per le torture di Eymerich, ma per chi voglia dormire assolutamente deleterio.

Il cenone finale ha fatto più di una vittima: il caro Eugenio Ragone ha vomitato tutta la notte; Gianfranco Viviani mi ha detto che per digerire ha dovuto ingurgitare due whisky (strano metodo, ma se lo dice il boss della Nord...), e metà dei presenti, la domenica mattina, ultimo giorno della convention, avevano la faccia stravolta.

Io per il cenone ero seduto al tavolo dei baresi (Ragone, Catani, Altomare, Fuiano, altri assortiti; Renato Pestriniero e il sottoscritto erano le guest stars); al mio fianco c'era il molto amato Vittorio Catani. Dopo avere assaggiato due forchettate del primo dei due primi (una specie, molto alla lontana, di tagliolini al pomodoro) Vittorio si gira verso me e mi fa: "Ho la nausea. Potrei vomitare." Io l'ho pregato di vomitare dal lato opposto, perché se avesse vomitato su me si sarebbe innescata una reazione a catena di portata epica. Vittorio è un eroe: ha trangugiato d'un fiato un bicchierone di vin rosso e s'é fatto passare il vomito! Il secondo primo (una specie di cannelloni, però molto bastardi) lo ha solo guardato con disprezzo, senza toccarlo. Resta da aggiungere che io sono stato benissimo (però due anni prima ero stato da bestia: mi ero svegliato in piena notte con un'emicrania da record e un attacco di diarrea fulminante!), e che per me quella è risultata la cena migliore di tutti e tre i giorni... Questi baresi sono delicati. Però anche i milanesi. Si vede che il mio stomaco è più robusto di quanto si creda.

Tragedie culinarie & di letto a parte, mi sono divertito come una foca in calore che scopi dall'alba al tramonto. Il bello delle conventions sta nel loro eccesso, nella full immersion in un bagno di folla che va in crescendo dal primo all'ultimo giorno, nella fatica fisica di rivedere cari amici che magari non vedi da anni (tipo Alessandro Bani, che non vedevo dai primi Ottanta) e di conoscere tanta gente nuova. Nello specifico, ho incontrato due figli di ROBOT e due figli di GALASSIA gestione Curtoni/Montanari; giovincelli (rispetto alla mia venerabile età) che hanno cominciato a leggere sf su quelle riviste, e non hanno più mollato. Beaucoup de plaisir.

L'episodio più divertente si è verificato a tarda notte, sempre ovviamente in hotel. Il fatto è che questo grandioso hotel era chiuso (eccecredo!), ma gli organizzatori, gente di gusto, lo hanno fatto riaprire apposta per la convention. Ha chiuso i battenti alle 13 di domenica mattina, espellendo tutti i conventicoli. Un dato importante è che di notte chiudeva all'una; ai gentili ospiti veniva fornito il chiavino di una porticina sul retro dalla quale rientrare nottetempo. Ogni stanza aveva (avrà ancora, suppongo) il suo chiavino. Alta tecnologia. Bon. Il sabato sera, dopo il cenone, si è andati a bere birra. Verso le due e mezzo di notte rientriamo in gruppetto Eugenio Ragone, Vittorio Catani, Roberto Fuiano e io. Dopo avere attraversato un orrido passaggio completamente buio, raggiungiamo la porta sul retro ed Eugenio infila il chiavino. Dopo mezz'ora riesce ad aprire. Saliamo la scala dal seminterrato al pianterreno in punta di piedi, per non svegliare chi fosse già a letto. Catani canticchiava a voce bassissima "La Pantera Rosa"!

Uno spettacolo. Bé, arriviamo al bureau (si fa per dire), continuando a mormorare "shh, shh, shh", e Ragone vede appeso il foglio che annuncia la chiusura per le 13 dell'indomani. Sincope: gli tocca svegliarsi presto la mattina per fare le valigie! (Era già pallido come un cencio; si stava apparecchiando a vomitar.) Eroico, acchiappa un foglio di carta e scrive un messaggio per chiedere la sveglia alle 7.30. E mentre ripone la penna nel portapenne, il portapenne si rovescia per terra, spargendo penne da per tutto, con un fracasso nel silenzio totale che pare l'esplosione di una bomba! Noi tre ci siamo piegati in due dalle risate, facendo un casino indemoniato, mentre Eugenio, disgustato, era chino a raccattare le penne.

Okay. Raccolto il tutto, ci avviamo alle scale, quando, dietro la porta d'ingresso sbarrata che stava sulla nostra destra, compare un'apparizione spettrale: tre o quattro fanzinisti sfigati che rientravano. Uno ci dice che hanno perso il chiavino! Possiamo andare ad aprire noi? E a quel punto, Eugenio ha perso il ben dell'intelletto. Ormai saranno state le tre. Eugenio avvicina la bocca al vetro della porta, e con tutto il fiato che ha in gola urla: "LO SAPETE CHE DOVETE FARE IL GIRO DA DIETRO?" Razzo! Noialtri siamo finiti per terra! Quando mi sono ripreso, mi sono avvicinato a Eugenio e gli ho sussurrato: "Eugenio, vuoi un megafono?" Le risate!