Delos 15: Racconto Più a nord del futuro di Angelo De Ceglie

La bufera di neve colse Juergen mentre si trovava a circa cinquecento metri dall'igloo termico. Vi diresse la motoslitta, sfidando i venti del tempo che soffiavano dal Nord scivolando sul suolo ghiacciato col motore che rombava e ansava.
Di fianco alla cupola trasparente sostava già una versione cingolata grande oltre il doppio della sua slitta. Juergen fece calare le zanche d'ancoraggio e scese dall'abitacolo Si avvicinò alle pareti ricurve agitando le braccia.
Lentamente, la figura all'interno fece un cenno con la mano. Juergen si infilò nel cunicolo d'ingresso. La porta interna si aprì un attimo dopo che si fu richiusa quella esterna. Juergen entro. Freddo e vento della Zona rimasero fuori.
L'igloo aveva un diametro di circa quattro metri. Seduta sul suolo di plastica dietro alcuni strumentl stava una donna vestita di scuro, dal viso affilato, gli occhi e i capell neri, lo sguardo profondo e penetrante.
Juergen si raddrizzò scuotendosi la neve dalla tuta molecolare. Fece scivolare all'indietro il cappuccio imbottito, levò gli occhiali da montagna dalle lenti incrostate di cristalli di ghiaccio. Prese a sfilarsi i guanti pesanti, fissando attraverso le lucide pareti trasparenti il turbinare della neve. Sorrise.
-- molto intimo, qui.
Senza una parola, la donna sollevò una mano a sfiorare un pulsante. L'emisfero cristallino parve impercettibilmente velarsi.
-- perspex polarizzato, -- disse lei. -- Se voglio, posso opacizzare completamente le pareti per l'esterno.
Juergen scrollò lievemente le spalle. Infilò i guanti in una tasca della tuta.
-- Posso sedermi? -- chiese.
La donna annuì col capo. Juergen si lasciò scivolare al suolo incrociando le gambe. Lei spense lo schermo video del suo computer e prese a osservarlo in silenzio. Rimasero così alcuni minuti, come impacciati. Fuori, il vento soffiava e sibilava.
-- Vieni da più a sud dello zero? -- chiese infine lei.
Lui parve riscuotersi. -- Come ?
-- Vieni dal passato, voglio dire?
-- Sì
-- Un altro -- mormorò lei. Reclinò la schiena all'indietro contro la spalliera di un basso bizzarro sedile. -- Da quale anno?
-- Da poco prima del 2200.
-- Appena più a sud del presente -- disse lei. Si raddrizzò nuovamente. -- Di certo saprai che per convenzione si è stabilito che il presente corrisponda alla temperatura zero gradi centigradi.
Juergen annuì col capo. -- Sì, -- disse, -- lo sapevo.
Lei tornò a piegarsi all'indietro. Lo fissò dritto negli occhi. -- Qual'è il tuo nome?
-- Mi chiamo Juergen.
-- Vieni dalla vecchia Germania, allora?
Juergen annuì ancora.
-- Il mio name è Katya, -- disse la donna. -- Io provengo invece dal freddo. La mia epoca dista oltre quattrocento anni dalla tua, nel futuro reale. -- Fece una breve pausa. -- Sono una scienziata. Ho il compito di studiare la Zona.
Juergen si fece più attento. Non parlò, attendendo che lei proseguisse.
-- Juergen, -- disse Katya, -- dove sei diretto?
Lui sospirò sordamente. Fece un gesto vago con la mano. -- A Nord, -- disse.
-- Tu vuoi vedere il futuro. -- Era un'affermazione, più che una domanda. -- Cosa stai cercando?
Juergen allargò le braccia e scrollò il capo. -- Non chiedermi questo, Katya. Non chiedermelo. Non lo so, nemmeno io stesso so cosa sto cercando.
-- Perché lo fai, dunque?
Juergen sorrise lievemente. -- Cos'è che mi spinge? Non credo di essere in .grado di identificarlo.
Lei si volse per un istante verso la tormenta, all'esterno. -- Da quanti giorni sei nella Zona?
-- Da circa una settimana.
-- Hai incontrato qualcuno che andasse verso Sud?
-- No.
-- Io, -- disse Katya, -- mi trovo nella Zona di Transizione da oltre un mese di tempo oggettivo. la terza volta che ci vengo, eppure non riesco ancora ad abituarmi all'assenza completa dei cicli di luce. Quest'abbagliante alba continua, immutabile, è sconvolgente. -- Tornò a fissare Juergen. -- In questi periodi ho incrociato solamente due uomini che andavano a Sud. La gran parte di coloro che entrano nella Zona è diretta a Nord, came te. Vanno verso ii futuro. E tutti rispondono pressoché nell'identico modo alle mie domande.
Juergen allargò le labbra in una smorfia come divertita. -- Ci assomigliamo tutti, vedi? Probabilmente il passato, per noi, non riveste lo stesso fascino.
Si spostò sulle gambe e regolò sulla posizione neutra la temperatura della tuta molecolare. Cominciava ad avere troppo caldo, lì dentro. La tempesta, fuori, andava scemando.
Per un attimo, provò a raffigurarsi mentalmente le centinaia di esseri come lui persi tra i ghiacci nel reticolo delle Torri di Trasferimento, in balia dei possenti venti del tempo. si riscosse. Distolse lo sguardo dalle pareti ricurve. Tornò a fissare Katya. -- Parlami della Zona, -- le disse. -- Tu la conosci molto bene, ormai. Descrivimela.
Lei tornò a posare le mani in grembo. -- La Zona? Non c'è molto da dire, in effetti. Credo che tu abbia già visto pressoché tutto ciò che c'e da vedere. La Zona non possiede poli magnetici. Nord e Sud non sono che termini usati per convenzione. La temperatura scende andando al Nord e sale invece andando al Sud. Qui al Nord c'è sempre vento, e le bufere di neve sono continue, seppur molto brevi. Le Torri appaiono disposte in apparenza a caso, ma mi sto convincendo che siano state collocate invece in base a uno schema ben preciso.
Fece una pausa. Tirò un profondo respiro.
-- Prosegui, -- disse Juergen. -- Ti ascolto.
-- Due cose probabilmente non conosci. Il rapporto tra spazio e tempo oggettivo, nella Zona, non è costante. Varia allontanandosi dallo zero. Il grafico della curva rappresenta un'iperbole asintotica.
-- Non capisco, -- disse Juergen arricciando gli occhi. -- Cosa vuoi dire?
-- Procedendo verso Nord, la distanza da percorrere a parità di tempo oggettivo aumenta progressivamente, mentre in proporzione la temperatura cala sempre più lentamente. L'opposto accade andando verso Sud. Gli anni del tempo reale si fanno sempre più vicini, e parallelamente la temperatura sale sempre più in fretta.
Juergen scosse il capo. Si passò una mano sulla barba, pensoso. Provò a immaginare l'inferno bruciato che doveva essere la Zone di Transizione duemila anni a sud dello Zero, così alieno rispetto al panorama glaciale che lo circondava in quel momento
-- Qual'è l'altra cosa? -- domandò.
-- La Zona sta scivolando lentamente verso Sud, -- disse Katya. -- Se tu rimanessi fermo in questo punto, fra trent'anni ti troveresti in un clima temperato.
La Zona andava a sud, pensò Juergen. Il tempo si muoveva. Secoli e millenni sarebbero finiti per essere consumati, disseccati, riarsi
-- Katya, -- disse, -- chi ha costruito la Zona?
Ora fu lei a sorridere, per la prima volta. -- Questa è una domanda che tu non puoi fare a me. La Zona esiste, tutto qui.
Il soffio del vento si era pressoché placato. D'improvviso, negli strati alti dell'atmosfera, si scatenò una tempesta radioattiva. Lunghe striature multicolori si inseguirono per alcuni minuti, illuminando i ghiacci di smeraldo, di carminio, di cobalto, riverberando nell'igloo. Essi rimasero a parlare ancora una ventina di minuti, raccontando di sé, delle proprie epoche. Poi Juergen si sollevò. Il cielo, o ciò che appariva come tale, era tornato a essere prefettamente limpido.
-- Devo andare, ora, -- disse.
-- In quale anno farai la prima tappa? -- chiese Katya.
Juergen mosse le mani intorno. -- Non lo so. Quando sarò stanco di stare qui, penso. O quando inizierà a mancarmi qualcosa dell'equipaggiamento.
Tornò a infilarsi i guanti. Anche Katya si alzò, indosso una tuta a sua volta. Uscirono sulla neve, nella violenta luminescenza della Zona. In quell'attimo, tra le cime di due Torri distanti fra loro non meno di cinquanta chilometri, ci fu un'immane scarica elettrostatica. Forse in quel momento qualcuno era entrato nella Zona. Juergen, allora, non poté fare a meno di pensare alle migliaia e migliaia di Torri di Trasferimento e a quell'unica Torre alta quattro chilcmetri posta nel deserto dei Gobi, sulla Terra del tempo reale.
Ti ringrazio dell'ospitalità, -- disse a Katya, -- delle informazioni.
Lei scosse il capo. -- Ti auguro di proseguire bene il viaggio.
Juergen salì nell'abitacolo della motoslitta. Fissò attraverso il finestrino l'orizzonte terribilmente piatto della Zona. Là, lontana duemila chilometri come due milioni, stava la sottile linea retta di una catena di montagne che delimitava, o forse no, la Zona. Non ne avrebbe conosciuto mai il significato.
Ritirò le zanche e mise in moto. Fece un cenno di saluto a Katya con la mano, si avviò. Lei rimase a osservarlo finché il veicolo non si fu perso tra i ghiacci e i riflessi. Quindi rientrò nell'igloo.
Dentro, restò immobile alcuni minuti, ripensando a quell'uomo sperduto tra le rigide ere innevate. E lo vide diretto tenacemente verso il freddo profondo, là verso il gelo dei tempi, più a nord del futuro.

La Spada Spezzata 13, 1985. 3o classificato Premio Fredric Brown 1984. Il presente testo può essere letto in linea o scaricato, e può essere diffuso per via telematica senza limitazioni. Il testo è però di proprietà dell'autore e non può essere utilizzato per scopi commerciali, pubblicato su riviste commerciali o inserito in CD-Rom, senza la previa autorizzazione dell'autore.