Gene Roddenberry era un vulcano di idee, anche se non è riuscito mai a ripetersi, almeno in termini di successo. Star Trek, dopo aver seriamente rischiato il soffocamento nella culla a fine anni '60, venne resuscitata dai fan ed esplose fino a diventare l'universo che oggi tutti conosciamo. Roddenberry provò allora a sviluppare nuove serie nei primi anni '70, ma non gliene andò bene una: Genesis II, Planet Earth, Strange New World e The Questor Tapes finirono tutte nel dimenticatoio prima ancora di entrare in produzione. In alcuni casi, ingiustamente. Almeno secondo Eugene Roddenberry, figlio di Gene, che si è messo in testa – attraverso la casa di produzione di famiglia – di riportare in vita The Questor Tapes.

Nel 1974 c'era un contratto pronto per tredici episodi, ma dissapori creativi fra Roddenberry padre, Universal e NBC bloccarono il progetto. Il tutto si ridusse allora a un pilot, un film tv di novantadue minuti in cui si racconta la storia di un androide assemblato da un team di scienziati, i quali seguono senza comprendere le istruzioni lasciate dal misterioso Dr. Emil Vaslovik. Quando l'androide prende vita, si mette in cerca del suo creatore per riempire le lacune nei suoi nastri di memoria (non il massimo da un punto di vista tecnologico, e certamente un po' stride con il resto della dotazione, come per esempio il reattore nucleare al posto dello stomaco, ma tant'è). Dopo una serie di avventure, il robot ritrova suo “padre” e scopre di essere il prodotto di una razza superiore, lasciato in dono agli esseri umani per la loro protezione.

Orbene, il bon Eugene è convinto che sia un peccato mortale lasciare l'idea a marcire in soffitta: “Mio padre pensava che The Questor Tapes avesse un potenziale superiore allo stesso Star Trek”. Ed evidentemente qualcosa di buono nella prospettiva di un revival ci deve pur essere, dal momento che si sono aggregati Ron Howard con la sua Imagine Television e Tim Minear, produttore di X-Files, Buffy, Firefly e Dollhouse.

Al di là della sparata, senza ombra di dubbio intesa a far più rumore possibile, la squadra che si sta formando è interessante, per cui non è escluso che ne venga fuori un buon prodotto. Sempre che riesca a superare la prova del pilot, la quale – se già negli anni settanta non era una passeggiata – oggi è diventata un percorso a ostacoli. Ne sa qualcosa Ron Moore.