Dopo l'ottimo ed enigmatico The Village, il regista di Il sesto senso e Unbreakable M. Night Shyamalan, propone al pubblico una vera e propria favola riletta in chiave moderna e ambientata in uno spazio narrativo insolito e - apparentemente - facilmente identificabile.

Un film interessante che, però, sorprendentemente risulta essere un po' discontinuo con molti momenti geniali e toccanti che si alternano a situazioni meno riuscite e talora - perfino - un po' noiose.

Tutto inizia quando il custode di un condominio che sorge sui bordi di una piscina, scopre che qualcuno utilizza quest'ultima dopo l'ora della sua chiusura. Finito accidentalmente in acqua, mentre cerca di fermare il trasgressore l'uomo viene salvato da quella che - alla fine - scopre essere una ninfa. Questi esseri dimenticati hanno il compito di ispirare un'umanità dolente, che ha ignorato il proprio rapporto con la natura in cambio del sacrificio al dio denaro. La ninfa in questione, però, non è una creatura 'qualsiasi': il suo ritorno al mondo da cui proviene è cruciale per salvare gli esseri umani dalla spirale di violenza e disperazione in cui sono precipitati. Il contatto con questa giovane donna che ha il volto di Bryce Dallas Howard serve alle persone per capire davvero chi sono e che cosa stanno facendo delle proprie esistenze. Il custode che prende la ninfa sotto la sua protezione, (uno straordinario Paul Giamatti), viene in contatto con qualcosa di sé che aveva voluto fortemente dimenticare, mentre uno scrittore interpretato dallo stesso regista M. Night Shyamalan scopre la forza dell'ispirazione dell'essere angelico, che gli conferisce la possibilità di terminare un libro in grado di cambiare la storia del mondo e dell'umanità.

Intenso e toccante in molti momenti grazie anche al lavoro sul cast, The Lady in the Water è un 'racconto della buonanotte' diventato grande cinema. Peccato che l'idea di Shyamalan sia appesantita da un inizio del film molto meccanico e da un andamento eccessivamente schematico e - talora - perfino indulgente e compiaciuto nei confronti del proprio lavoro.

Se da un lato la storia della ninfa dimenticata sul fondo di una piscina trasforma brillantemente il contesto multietnico e urbano dei sobborghi di Philadelphia nella cornice post moderna di una pura favola, dall'altra parte il film sembra procedere per tesi con nessuno o quasi che sembri non credere all'identità e al ruolo della ninfa. Poco importa essendo evidentemente un film che segue lo stile e la logica delle fiabe, peccato, però, che lo spettatore perda sin da subito l'effetto sorpresa con il mistero della piscina, risolto nelle fasi iniziali della pellicola.

The Lady in the Water ha i suoi momenti migliori nell'iconicità dello stile del regista, capace di trasformare la narrazione in qualcosa di superiore e 'epico'. Un film in tanti momenti visivamente e stilisticamente emozionante che pur portando un messaggio edificante (il contatto con la natura e il vero sé è in grado di salvare le nostre vite...) non coinvolge del tutto a causa di una verbosità talora eccessiva e - soprattutto - di una certa ridondanza.

Una pellicola molto ambiziosa che pur mantenendo le caratteristiche dei film precedenti del regista di origine indiana, porta il suo cinema un passo più in là con maggiore spazio per la commedia e per una narrazione insolita e in molti momenti travolgente. Merito anche del protagonista Paul Giamatti che dopo Bruce Willis, Joaquin Phoenix, Mel Gibson e William Hurt dimostra come i grandi registi riescano a sfruttare in pieno il talento di interpreti straordinari da cui tirare fuori il meglio.

Pur nella sua imperfezione, The Lady in the Water resta un film da vedere e apprezzare, nonostante il paradosso che - tra tutti gli interessanti e coloratissimi personaggi del condominio destinato a diventare teatro della lotta finale tra Bene e Male, sia proprio la ninfa a essere il personaggio meno 'risolto', restando nella superficialità bidimensionale della favola e della narrazione per bambini.

Una pellicola, comunque, di grande atmosfera e il cui messaggio, addolorato e talora perfino luttuoso, è destinato a toccare nel profondo lo spettatore. Soprattutto quello in grado ancora di aprire il suo cuore all'ascolto di storie dal sapore arcaico ambientate in una cornice moderna e - apparentemente - da noi conosciuta in cui segni e profezie arrivano tramite le parole incrociate e le scatole dei corn flakes. In questo senso, l'ennesima brillante reinvenzione della nostra modernità, operata da Shyamalan in grado di plasmare un cinema sempre raffinato ed elegante nonostante la sua ambientazione, illuminato, questa volta, dalla fotografia autunnale e densa di emotività del grande direttore della fotografia Christopher Doyle.