Il rifacimento dell'horror giapponese Ringu, scritto da Ehren Kruger (Arlington Road, Scream 3) The Ring vede assurgere al ruolo di protagonista, la bionda tentazione australiana sfruttata da David Lynch per Mulholland Drive. Naomi Watts a parte, l'estetica curatissima del film, fa sperare sin dall'inizio che Gore Verbinski (Un topolino sotto sfratto, The Mexican) riesca a condurre in porto una storia complicata, nata sulla scorta di una leggenda metropolitana che vaticina la morte per ogni persona che vedrà una determinata cassetta vhs. Una bella giornalista, ragazza madre, scopre che c'è qualcosa di vero e vede precipitata la sua vita all'interno di un inatteso cerchio di morte. Se dal punto di vista squisitamente tecnico e narrativo The Ring è qualcosa a metà tra lo spaventoso e l'esaltante, sotto il profilo narrativo è talmente deludente dall'inficiare il risultato complessivo dell'intera pellicola. Come una torta coloratissima ed appetitosa che si rivela insapore, The Ring crolla su una sceneggiatura alla ricerca di ripetuti colpi di scena che definire già visti sarebbe eccessivo. Un po' Poltergeist, un po' Nightmare, The Ring è un mistero senza spiegazione (e senza senso) che parzialmente richiama le tematiche presenti nell'ingiustamente trascurato Session 9. Sostanzialmente una delusione talmente inattesa da fare quasi - e questo non dovrebbe mai capitare - arrabbiare lo spettatore che rischia di sentirsi insultato se non - perdonate la facile battuta - preso in "giro"...