Esamino i volti; ragazzi su rollerblade; coppiette che passeggiano, madri con bambini.

Non sono in grado di combattere, non ho tempo per guarire.

Le stimmate, devo incidere una stimmate sul corpo di un innocente.

Una ferita come pegno di fede.

Un demone dell'inferno.

Il vento mi scorre tra i capelli, reale come lo è la pura di cadere dal ciglio di un burrone.

Un demone dell'inferno.

Non ci credo.

- La tua anima mi appartiene dal momento in cui ho messo piede qui dentro.

Cosa significa? Cosa c'è dentro di me?

Non ho mai avuto nessuna scelta. Se lui era davvero il male, io non ho mai avuto nessuna scelta.

Non esiste il male, esistono solo persone che soffrono. E' un errore, è tutto un errore, una menzogna. Mi guardo nelle tasche, ho un coltellino svizzero. Ecco come farò la stimmate, del resto non sono nelle condizioni di combattere.

Non posso combattere.

La culla, la madre si allontana.

Nessuna scelta, mai avuta nessuna scelta. Quegli stronzi dei miei genitori...

Il taxi, passa proprio verso di me.

Zoppicando mi avvicino alla culla. La madre sta andando a bere alla fontana dice una voce dentro di me. Una madre di solito non dà le spalle al suo bambino per una distanza maggiore di quella che va dalla culla alla fontana. E' per non fare i gradini con la culla, quadra tutto.

Mi avvicino, prendo il bambino.

Prendo il bambino.

Fermo il taxi quasi facendomi investire e salto velocemente a bordo. Quando riparte guardo nello specchietto retrovisore: la madre sta ancora bevendo alla fontana.

Continuo a guardare nello specchietto, afferro ognuna delle sfumature di stupore che si alternano sul viso di lei mentre realizza quanto è accaduto. Si volta di colpo alla sua destra, poi a sinistra; il volto comincia a tirarsi, il colore delle guance tramuta.

Poi divento troppo distante per riuscire a percepirne il volto, allora il corpo comincia a parlare per lei.

Si porta la mano alla bocca, chiude gli occhi per ragionare, per riflettere un attimo; quando li riapre la paura si è trasformata in panico.

Non c'era bisogno di questo; potevo ferirlo mentre lei non c'era. Potevo trovare qualcun altro consenziente.

Adesso...

Guardo il bambino negli occhi. Li muove come quelli di un cane. Ha la stessa gioiosa e ottusa luce.

Sono nella mia vuota casa.

Fuori il sole è già sceso. Guardo il bambino; nella mia mano un ago.

Possibile che ne buchi la pelle? Possibile che possa far sanguinare quel bambino? Gli prendo la manina. In fondo lui che ne sa della morte? Non è in grado di capire, quindi neanche di soffrire. Condannate a morte un cane; lui vivrà ogni giorno fino all'ultimo senza la più pallida idea di cosa sta succedendo. Condannate a morte un uomo e ogni giorno da lì alla fine sarà peggiore della morte stessa.

Questa creatura non sa neanche di essere al mondo e non devo neanche ucciderla, devo solo farla un po' sanguinare.

Gli prendo la manina, tutti i rumori provenienti dal mondo esterno scompaiono di colpo. Avvicino l'ago alla sua morbida pelle. Non ha mai toccato nulla quella mano, non come la mia. Ho una storia alle spalle io, non come quest'essere. Errori, peccati. Ho del bene e anche del male.

Non posso farlo. Fa impressione, è una cosa orribile. Bucare la sua mano è come bucare la mia, una cosa insensata e dolorosa.

Devo farlo per Sandra, devo farlo per salvare la mia vita.

In fondo, pensando a quanto ho faticato per rendere la mia quello che è, forse la mia esistenza vale più di quella del bambino. E' come un vestito fatto a mano contro uno comperato in negozio.