Cosa significa per te il fatto che Dalle mie ceneri è il primo romanzo di un autore italiano ad apparire nella collana Odissea della Delos Books?

È un onore, anzitutto. Quando Gianfranco Viviani me lo ha proposto ho camminato per giorni a un metro dal suolo. Spero solo che il risultato sia pari alle aspettative.

Come nasce un romanzo di Giampietro Stocco?

Già, me lo chiedo spesso anche io... In realtà non c'è una regola: può essere una frase, un evento, un'idea. Generalmente si parte da lì, si tira fuori una prima rosa di personaggi e di pari passo si elabora una trama che costoro possano animare, poi si va a scrivere senza curarsi d'altro. Si prosegue fino alla fine e poi si va alla vera parte difficile: la revisione. Io sono piuttosto veloce a scrivere, un po' meno a revisionare. Ma ho qualche amico che mi aiuta e che mi mostra le incongruenze, oltre che i refusi. È un confronto che alle volte può portare a situazioni spassose, altre volte a dirti che stai scrivendo un'autentica boiata, e quindi passi dall'esaltazione alla depressione più nera. Insomma, mi rendo conto che sta uscendo il quadro di un'attività da maniaco-depressivo, ma in realtà ogni romanzo fa uscire qualcosa di te che in una certa misura, normalmente, non divulgheresti. Diciamo che è anche una terapia, in un certo senso, ed è dunque normale che la parte razionale, la revisione cioè, sia più sofferta di quella istintiva, vale a dire la composizione. La sintesi dovrebbe in teoria portarti più avanti, ma poi sei lì con un'altra idea... Insomma, si scrive per vivere, in un certo senso.

Quest'anno è uscito anche un altro tuo romanzo: La corona perduta (Edizioni Scudo). Di cosa si tratta?

Si tratta di un'ucronia, o meglio, di un romanzo d'avventura un po' alla Giulio Verne con veste ucronica. L'idea di base è che Napoleone sia morto giovane, durante la Campagna d'Italia del 1796. Risultato, la Rivoluzione Francese abortisce prima dell'Impero, la società aristocratica viene restaurata in modo molto più integrale e integralista che nel 1815 della nostra linea temporale. Genova è ancora una repubblica autonoma nel XXI secolo, tanto per dirne una. E poi potrei andare avanti per ore... È un romanzo che mi sono divertito un mondo a scrivere, mettendo insieme geopolitica, religione, l'evoluzione delle consuetudini aristocratiche e pure Nikola Tesla. C'è perfino un pizzico di fantascienza!

Da un po' di tempo, sembra che per gli scrittori italiani sia un buon momento. È uscito il tuo romanzo per la Delos Books, Elara Libri - nata dalla Perseo Libri – continua a pubblicare gli autori di casa nostra e anche Urania ha riaperto agli scrittori nostrani, sia con i romanzi sia con i racconti. Senza contare il lavoro di riviste come >Robot, Nova SF e Futuro Europa. Sei d'accordo nel ritenere il mercato italiano più ricettivo nei confronti degli scrittori autoctoni?

Diciamo che è una riscoperta tardiva, perché senza fare nomi, alcuni editori italiani erano soliti esitare parecchio di fronte agli autori di casa nostra, per poi pubblicare autentiche frittate straniere. Non per vantarmi o per vantarci, ma se si va a vedere da vicino alcune storie d'oltreoceano, si sorride di fronte all'esiguità di trame e personaggi. Per non parlare delle scelte di chi in Italia, anche oggi, e continuiamo a non fare nomi, rinuncia a storiche e gloriose tradizioni narrative per dare in pasto ai lettori tutto lo scibile fiction sui Templari o thriller di terz'ordine che avranno venduto a rotoli in USA, ma a un lettore smaliziato italiano sembrano sceneggiature di giochi platform o di ruolo per computer, e nemmeno dei più riusciti: lo schema è sempre quello: c'è l'Eroe con il suo gruppo (il "party"), c'è la Donna di cui l'Eroe invariabilmente si innamora, ci sono i mostri da fare fuori, che aumentano di difficoltà col procedere della trama, fino all'inevitabile Mostro di Fine Livello e al Mostro di Fine Avventura. Poi ci sono i vampiri e gli zombies reinterpretati, i licantropi rivisitati... Un panorama, diciamo così, inquietante... Un autore vede in vetrina titoli di questo tipo, legge due righe sull'Elfa in guepière che concupisce il Figlio della Notte versione Brad Pitt e poi si sente rifiutare, poniamo, un'ucronia "perché tema non adatto al mercato". Ebbene, se le cose stanno così, tanto di cappello a quegli editori italiani che storicamente sono stati attenti alle produzioni nostrane di qualità, e un plauso a chi finalmente ha deciso che un po' di sana "autarchia" potesse essere una scelta praticabile.