Parafrasando Giuseppe Verdi potremmo dire: "Torniamo a Silverberg e sarà un progresso"; e per tornare a Robert Silverberg rileggeremo due romanzi che affrontano uno dei temi a lui più congeniali e su cui è tornato più volte in diverse forme: l'immortalità.
Ci occuperemo di Vertice di Immortali (To Live Again, ed ital. Cosmo Argento Nord, 1971) e Vacanze nel Deserto (The Book of Skulls, 1972, ed ital. Dall'Oglio 1975 e Classici Urania 172, 1991). Questi romanzi fanno parte di quella che viene comunemente considerata la seconda fase di Silverberg, quando, dopo una lunga serie di romanzi di avventura e prettamente ottimistici, a cavallo degli anni '70 Silverberg passa a una produzione più matura e se vogliamo impegnata, che risente fortemente di echi provenienti dal mito e si accosta alle domande basilari dell'umanità, e una di queste è appunto la possibilità di vivere in eterno.
In Vertice di Immortali ci troviamo di fronte a un romanzo ancora prettamente di fantascienza, il ritratto della società è credibile e la premessa geniale. Nel mondo immaginato da Silverberg, molto vicino alla nostra epoca, è possibile registrare la propria personalità, i propri ricordi in una matrice, imago la chiama Silverberg, che potrà poi essere impiantata nella mente di un uomo o di una donna che ne faccia richiesta. Ecco quindi che l'ospite, oltre alla propria personalità, avrà delle personalità secondarie e potrà sfruttare le abilità delle proprie imago. Altri, prima e dopo, hanno impiegato lo stesso motivo ma non con il medesimo realismo e attenzione alla credibilità del ritratto della società che Silverberg delinea nel romanzo.
Una situazione idilliaca? Solo fino ad un certo punto, questa immortalità è riservata a chi può permettersela, oppure ai grandi artisti o geni, per tutti gli altri, la registrazione della propria imago è solamente una pallida speranza. Inoltre non sempre le imago accettano il loro ruolo subalterno, ogni tanto tentano di prendere il sopravvento e fagocitare il loro ospite spazzandolo via dal suo stesso cervello.
Ma cosa avviene, quando c'è un'imago che tutti vogliono? L'imago di Paul Kauffman, il genio e il pirata della finanza è sul mercato e attorno a essa si scatena una lotta al cui confronto il pasto di un branco di squali è un mero picnic. Chi la otterrà, Roditis, il neo arricchito senza sangue blu, acerrimo nemico dei Kauffman? Il nipote Mark Kauffman che in quanto consanguineo legalmente non può ottenerla ma ingaggia una feroce lotta per sbarrare il passo a Roditis? Un outsider? In questo caso, l'orrore è generato dall'apparente normalità con cui Silverberg ci descrive la situazione e l'autore riesce a darci, con questo romanzo stranamente dimenticato, un vero e proprio gioiello, un romanzo di estrema leggibilità, forse non in grado di misurarsi Gli Amaranto di Jack Vance (To Live Forever, 1956), ma sicuramente importante per la comprensione globale del genere letterario che ci interessa.
Il viaggio in auto è un viaggio della coscienza e Silverberg mostra tutta la propria abilità conducendo la narrazione dal punto di vista di tutti e quattro, costruendo quattro personaggi in carne e ossa e non delle mere funzioni narrative. Lo ripetiamo, malgrado il romanzo sia stato stampato per ben due volte in collane strettamente fantascientifiche, a ben vedere l'elemento fantascienza è assente e ciò potrà scontentare qualcuno, ma sarebbe un peccato perché questo è certamente un romanzo che, al di là delle etichette, merita di essere letto.
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