Sandro Battisti (Roma, 1965) è tra i più noti nel panorama degli scrittori italiani di fantascienza. Ha esordito nel 1991 con il racconto Il gioco (Stampa Alternativa) e nel 2004 è stato tra gli iniziatori del movimento connettivista con Giovanni De Matteo e Marco Milani, con i quali ha fondato anche la rivista Next. È presente con i suoi racconti in tutte le antologie connettiviste, fino alla più recente, Nuove eterotopie (Delos Digital, 2017) di cui è anche curatore con Giovanni De Matteo.

Nel 2006 ha concepito e sceneggiato con Piero Viola il fumetto Florian dell’Impero, disegnato da Fabrizio Ricci (Cagliostro ePress). Ha pubblicato direttamente in ebook i titoli La mappa è una contrazione (Graphe.it, 2011), tradotto anche in inglese, e Ancient Name (La Mela Avvelenata, 2013). Molti dei suoi racconti appartengono al ciclo dell’Impero Connettivo, uno scenario che si è andato via via arricchendo. A questo universo narrativo appartengono i romanzi Ptaxghu6, scritto in collaborazione con Marco Milani (eds, 2010, poi ripubblicato nel 2015 da Kipple Officina Libraria), e Olonomico (CiEsse Edizioni, 2012).

Nel 2014 si è aggiudicato il Premio Urania con il romanzo L’impero restaurato (poi vincitore del Premio Vegetti 2017), ex aequo con Bloodbusters di Francesco Verso, e insieme con questo pubblicato nel volume Il sangue e l’impero (Mondadori, 2015). La Delos Digital sta ora ripubblicando in ebook molte delle sue storie appartenenti al ciclo dell’Impero Connettivo, ma Sandro è anche il curatore di un’altra collana davvero particolare. Di tutto questo e delle sue recenti iniziative parliamo in quest’intervista.

La Delos Digital sta pubblicando in ebook, nella collana “L’orlo dell’Impero”, molte delle storie legate del tuo ciclo “Impero Connettivo”. Ci vuoi dare le coordinate generali di queste pubblicazioni?  

L’Impero Connettivo è uno sterminato organismo statale che, da una certa altezza, può apparire come la replica di quello romano. Ci sono elementi in più, però: il dominio avviene sì sullo spazio, ma anche sul tempo, rendendo così queste due basilari misure umane un’illusione, perché stravolte dal potere connettivo che ne sfilaccia il tessuto; inoltre, l’imperatore è un alieno, un Nephilim, e governa una genia di postumani che si espandono in quel continuum surreale. Infine, la Classicità è stata una creazione dei Nephilim, l’Impero Connettivo è la causa e non la conseguenza dell’Impero Romano.

Essendo lo spazio e il tempo ridotti a un puro elemento arbitrario di misura, non è possibile classificare cosa è stato prima o dopo, e le fascinazioni quantiche amplificano la mescolanza dello spaziotempo in modo tale che ciò che sembra passato può diventare una diffrazione del vissuto di altri frangenti, un diverso passato o un differente presente che evoca un futuro ritorto nella ricorsività; in questo modo, l’esistenza di ogni attore delle storie che presento nella collana “L’orlo dell’Impero” prescinde dallo spaziotempo umano, che appare come una finzione in cui risalta la trascendenza.

Una caratteristica di tutti i racconti e romanzi della saga è che si svolgono su almeno due piani temporali, uno che possiamo definire atemporale, che va oltre le dimensioni di spazio e tempo, e un altro che, ultimamente, è collocato nell’Impero Bizantino. Cosa ti affascina di questo periodo storico e quanto hai dovuto studiarlo per renderlo, poi, un elemento essenziale delle storie? 

In questi mesi ho sviluppato un corposo volume narrativo dove ho esplorato la capitale connettiva, Nèfolm, composta da quartieri che rispecchiano quelli di Costantinopoli, già a partire dal nome. La pars orientis romana, con la sua esplicita alienità al nostro mondo occidentale, si è presa una bella fetta della mia fascinazione per il mondo romano e più estesamente per la Storia, che mi piace analizzare nei suoi lineamenti moderni dove ravviso ancora vivo il mondo sepolto in millenni di eventi; non posso però dimenticare l’origine di ciò, il fatto di essere nato a Roma e di viverci ha sollecitato pian piano le mie fantasie fino a farmi dare sfogo al fantastico, ravvisabile se si ha il giusto tipo di occhi. Significa che la genesi dell’Impero Connettivo è sì Roma, insieme però anche alle fantastiche cronache sumere viste con gli occhi di Sitchin e di altri divulgatori di teorie archeoastronomiche, che non voglio analizzare dal punto di vista critico ma che certo hanno insite una potenza visionaria elevatissima, un fascino cui è difficile resistere.

Lo studio storico e la passione nel trovare le connessioni sono per me fondamentali. Non perché abbia mai avuto necessità di scrivere un testo storico, o un romanzo legato alla Storia, ma perché ritengo sia necessario assorbire il più possibile della vitalità di un’epoca così da stravolgerla nel filtro della propria immaginazione; lo studio, nemmeno a dirlo, non finisce mai: quanti piccoli eventi si sono ormai persi nelle pieghe dell’entropia?

Il primo ebook del ciclo, pubblicato con il titolo L’Impero Restaurato, è il romanzo vincitore del Premio Urania 2014, ex aequo con Bloodbusters di Francesco Verso. Quanto è stato importante per la tua carriera vincere il premio Urania e che ciò sia accaduto proprio con una storia dell’Impero Connettivo? 

Sono passati un po’ di anni da allora, posso però dire che più passa il tempo e più apprezzo quel Premio, evento avvenuto inaspettatamente; il fatto di averlo vinto con un frammento imperiale mi ha fatto capire quanto dovevo credere in quella saga, di cui in venti anni penso di aver scritto ormai svariati milioni di battute, ammetto che mi è difficile fare un conto preciso. È chiaro che ormai m’identifico molto con questo mondo adimensionale, il passato è davvero vivo come il presente e il futuro e quando si mescolano tra loro danno la sensazione della trascendenza quantica, caotica, frattale.

Ovviamente Roma, che è anche la tua città, ha una parte rilevante in alcune storie della saga de L’impero Connettivo. Che rapporto hai con essa e che ruolo svolge nell’Impero Connettivo? 

Roma è stata per me, soprattutto all’inizio, assai importante; ormai non mi risulta così basilare, ma questo è stato un po’ anche il percorso dell’Urbe all’interno dell’Impero Romano, no? In fondo Roma arcaica si è espansa fino a diventare un organismo lontano dal tempo e dal luogo di fondazione, prova ne è che la sua fine è avvenuta in Asia Minore, più di duemila anni dopo lo scavo del pomerium sul colle Palatino per mano di Romolo: aveva quasi con un altro status giuridico, un’altra lingua, altri costumi e necessità; però, anche quegli ultimi romanoi di Costantinopoli si sentivano diretti eredi della Roma imperiale, la connessione c’era e anche se l’evoluzione aveva fatto il suo corso, le radici antiche continuavano a essere fortissime.

Il romanzo Che la Terra ti sia lieve è interessante, per due motivi: il protagonista vive nel 2018 e c’è una riflessione sul tema della globalizzazione. Ci racconti un po’ quest’opera e il suo protagonista? E qual è il tuo parere sulla globalizzazione? 

Come ogni impero, o qualsiasi altra incarnazione della nostra esistenza, arriva prima o poi il momento della decadenza. L’Impero Connettivo, pur ingannando l’entropia, ha legami col mondo materico e quindi è stato inevitabile pensare a un certo punto a come poteva decadere, adattandovi la decadenza tardoantica del mondo Occidentale; da qui è nata l’idea di un imperatore connettivo, Totka_VIII, lontano dai fasti di Totka_II e Sillax (imperatore e plenipotenziario della golden age connettiva, in grado di adattarsi agli eventi per estrarne il massimo vantaggio possibile, tanto da non arrestarsi mai nella conquista di nuovi territori) il quale, per nascondere la sua debolezza, pensa di nascondersi dimensionalmente sotto le rovine della dimora romana dei Gordiani, esponenti di una decadenza già avviata nel III secolo. Usando l’illusione del tempo, il debole Totka_VIII pensa di utilizzare il continuum a noi contemporaneo, prepandemico, per cercare il rimbalzo in grado di dare di nuovo prosperità allo Stato connettivo; inseguendo ciò, si disturbano però entità energetiche terribili, che si mischiano al nostro contemporaneo tramite scellerate politiche economiche, sempre più sopraffini, dove il Mercato è religione planetaria.

È stato un attimo legare la globalizzazione alla Storia, alla fantasia, al tessuto urbano di Roma, agli eventi weird che accadono al protagonista umano del romanzo; penso che la stesura di questo libro abbia rappresentato per me un momento di maturità personale, la capacità di rendere connesso ogni aspetto della nostra vita, storia, fantasie, verità possibili, rendendomi vivido un quadro di lettura in cui la nostra specie è calata da sempre, ma velato dai possibili modi d’interpretazione del reale.

Se volessi dare al lettore una sola coordinata dell’Impero Connettivo per invogliarlo a leggere le tue storie, quale sceglieresti? 

Mi stai chiedendo di fare marketing, ora :D. A parte gli scherzi, non voglio cadere nella trappola del claim, della mezza frase che identifica un mondo complesso e articolato in chissà quante dimensioni e aspetti immaginifici. Diciamo che se vi piace la Storia, la potenza verbale, il porsi oltre le nostre stesse barriere, se si scelgono come numi tutelari l’immersione nel mondo caotico, nelle frequenze quantiche, nel fiorire di fiori frattali legati a fenomeni dell’occulto e un tipo di weird che va per forza vissuto sulla propria pelle, allora l’Impero Connettivo potrebbe fare per voi.

Tutte le illustrazioni di copertina sono di Ksenja Laginja. Ci racconti come nasce una copertina dell’Impero Connettivo? 

Ksenja non ha bisogno di molti input. Spesso le basta leggere la quarta per attivare un processo mediamente lungo, da cui nasce un’idea cui aggrapparsi fino a svilupparla potente; normalmente, la copertina la vedo anch’io alla fine, qualche volta necessita di piccoli aggiustamenti ma il più delle volte non devo fare altro che rimanerne sbalordito.

Sempre per Delos Digital curi anche una collana di saggistica dal titolo “non-aligned objects”? Di cosa si tratta? 

Ho dato seguito alla mia necessità di parlare del mondo contemporaneo, di analizzare politicamente cosa succede dentro e fuori di noi in quest’epoca così inedita per la specie umana: non è mai esistito un controllo così potente sulle nostre vite e pensieri, si è realizzato il sogno atavico del Potere affinché qualsiasi cittadino del mondo risulti controllato, spiato, indotto a pensieri e comportamenti turpi o, nel migliore dei casi, inutili.

“non-aligned objects” è la mia risposta questo mondo stereotipato, distopico, malato. Ma non ho voluto essere l’attore principale, bensì soltanto il curatore, quello che va in giro alla ricerca di qualcuno che la pensa come lui. Per cui va bene saggistica, ma anche narrativa, oppure esperimenti letterari di vario tipo; l’obiettivo è pubblicare qualcosa che nella stragrande maggioranza del panorama editoriale italiano nessuno metterebbe sugli store online e dargli ottima visibilità, un atto da compiere senza farsi incantare dalle sirene del Mercato perché ritengo importante fare Cultura e indicare una possibile via cognitiva da percorrere, piuttosto che cercare principalmente i profitti e produrre materiale identico ad altri innumerevoli testi già esistenti.

Tramite questa dissidenza letteraria, a volte, si comincia a pensare diversamente e a quel punto scatta la mia soddisfazione per il raggiungimento dell’obiettivo.

Il primo titolo della collana, dal titolo Death Economy, è niente poco di meno che di Alan D. Altieri. Ce ne parli? 

Sergio è stato uno dei primi a farmi ragionare su determinate dinamiche contemporanee, gli dovevo quest’omaggio così sentito da parte mia; grazie ad Alessio Lazzati e Silvio Sosio sono riuscito a risalire tutta la filiera che stava dietro a quel piccolo saggio pubblicato da Carmilla un decennio prima, e così ho avuto tutti i via libera necessari affinché l’opera fosse degnamente approvata e apprezzata.

È stato un po’ il mio manifesto per la nuova collana e non potevo scegliere lavoro migliore, ne sono tuttora convinto; lo dovevo anche a Sergio, in fondo, lo shock della sua scomparsa è stato pari al profondo senso di fratellanza che Altieri ispirava a chi ha avuto la fortuna di conoscerlo: grazie ancora, Lupo

Quali sono gli altri titoli, che mi sembra viaggino tra scienze sociali, filosofia e cultura pop… 

Si spazia dai saggi sull’anarchia a testi di riflessione generazionale; instant anthology su temi siderali, come il viaggio delle Voyager che ogni tanto producono incongruenze, ed esperimenti di narrativa immersi in una sorta di serendipity che costruiscono – letteralmente – un racconto lungo laddove prima esistevano frammenti brevi di altro tipo. Corono così miniantologie che urlano la distopia che viviamo tutti i giorni unite a riflessioni sul collasso quantico delle nostre vite, fino a culminare con una denuncia contro chi ha portato uno dei nostri migliori scrittori di genere a togliersi la vita.

Nulla di davvero appetibile al Mercato, quindi, ma proprio per questo sento la necessità di raccontarlo fino in fondo: la diversità è un valore e non un contrattempo, se non ne parliamo adesso quale speranza daremo alle generazioni future?