Chi legge fantascienza regolarmente sa bene che le storie sui viaggi nel tempo sono tra quelle più avvincenti da gustare, perché diciamolo chiaramente: a chi non piacerebbe modificare quell’esatto momento della propria vita, per dare quella svolta che ci è apparsa davanti agli occhi ma è poi fuggita via, oppure conoscere quel personaggio storico o famoso di cui abbiamo ammirato la vita. Ovviamente, tutto ciò porta inevitabilmente al grande pericolo di modificare la Storia, quella con la s maiuscola, oppure di incorrere nel più grande dei paradossi: incontrare il proprio se stesso più giovane o più vecchio, a seconda che si viaggi nel passato o nel futuro.

Siamo ancora nella costellazione della fantascienza, perché al momento la scienza ci dice che non possiamo viaggiare su e giù per il tempo, o almeno non possiamo farlo fisicamente, il che non esclude che possiamo farlo con la fantasia.

Il primo a riuscirci è stato Mark Twain, con il romanzo Un americano alla corte di re Artù (A Connecticut Yankee in King Arthur's Court. 1889), ma la più famosa storia è senza alcun dubbio quella di Herbert George Wells e il suo classico La macchina del tempo (The Time Machine, 1895). Sulla scia di queste opere, altri autori si sono cimentati con questo vero e proprio archetipo della science fiction e se pensiamo alla fantascienza italiana anche non ci sono molti dubbi: la saga l’UCCI, Ufficio Centrale Cronotemporale Italiano ideata da Lanfranco Fabriani è la più famosa e la più intrigante. Al classico espediente del viaggio nel tempo, Fabriani ha aggiunto un servizio segreto italiano molto speciale, incaricato per l’appunto di controllare le linee del tempo, per far sì che la Storia, quella ufficiale, non possa essere modificata da nessuno e in alcun modo.

Nato a Roma nel 1959, Fabriani si è laureato nel 1986 in letterature comparate con una tesi sulla fantascienza post atomica. Negli anni Ottanta si è fatto apprezzare con vari racconti, apparsi sia su alcune delle migliori fanzine di quegli anni sia su antologie e riviste. La notorietà, oltre il circolo ristretto degli appassionati più attivi, è arrivata nel 2001, quando vince con il romanzo Lungo i vicoli del tempo il Premio Urania nel 2001, premio che si aggiudica nuovamente nel 2004 con il seguito, Nelle nebbie del tempo, vincitore anche del Premio Italia. Entrambi sono stati riproposti dalla Delos Digital, così come la stessa casa editrice ha pubblicato la raccolta dei sui racconti dal titolo I quadrivi del tempo e dello spazio, il racconto Il cerchio di paglia, che fa parte del ciclo della UCCI e la novella YouWorld scritta con Giovanni De Matteo.

Ora è da poco uscito sia in ebook sia in cartaceo, sempre per la Delos Digital, il terzo romanzo del ciclo sul servizio segreto cronotemporale, dal titolo Il lastrico del tempo, atteso a lungo e che, possiamo dirlo, non ha deluso le aspettative.

Ma facciamo un salto nel passato e scopriamo chi ha inventato la macchina del tempo, almeno secondo l’autore romano.

Una premessa spazio-temporale 

In principio fu Leonardo Da Vinci. Il geniale scienziato e inventore scoprì il principio del trasferimento temporale, ma a Leonardo mancavano sia una matematica più raffinata sia una tecnologia adeguata per poter realizzare una vera e propria macchina del tempo. Così si limitò a descrivendolo nel Codice d’Aquitania, un testo che successivamente finì nelle mani di alcune nazioni, compresa l’Italia, dando così vita ad altrettanti servizi segreti temporali.

Gli agenti italiani sono molto fieri di quest’invenzione, proprio per il fatto che sia stata inventata da un italiano e anche per il fatto che le macchine del tempo vengono per l’appunto chiamate Macchine di Leonardo.

Ecco come Fabriani descrive una macchina di Leonardo nel racconto Vent’anni dopo:

La macchina sembrava un grosso parallelepipedo, con una vaga forma umana leggermente scavata sulla faccia superiore. Si protese verso la piccola console dei comandi su un lato, con le quattro manopole per impostare le coordinate spaziali e temporali e un paio di pulsanti, e controllò che le coordinate selezionate sullo schermo digitale fossero corrette.

Alcune di queste macchine, tuttavia, nel corso del tempo sono state per così dire, “acquisite” illecitamente anche da soggetti diversi dalle nazioni e negli stessi apparati ufficiali non mancano corruzione e tentativi per cambiare gli eventi storici: da qui la necessità di salvaguardare il più possibile la Storia con la S maiuscola, dando vita a veri e propri servizi segreti con tanto di agenti che scorrazzano nel tempo, fondi economici creati ad hoc e tutto l’apparato burocratico che occorre per tenere in piedi un ufficio cronotemporale segreto. Già perché, ovviamente, a qualcuno può saltare in mente di andare indietro nel tempo per impedire la scoperta dell’America, oppure di uccidere la madre dell’imperatore Federico II e impedire la nascita di quest’ultimo. In pratica di cambiare la vita di una singola persona o di un’intera nazione e, perché no, dell’intero Occidente.

In Italia a preservare la Storia italiana c’è l’UCCI, Ufficio Centrale Cronotemporale Italiano, la cui sede si trova nel centro di Roma, a due passi dal Ministero della Giustizia, tra il Ghetto e il Vaticano e tra il Monte di Pietà e Campo de’ Fiori, in un palazzo eretto nel 1590 dai principi Barberini. Ufficialmente è la sede dell’Ufficio per il Controllo dei Combustibili Inquinanti, che fa capo al Ministero dell’Ambiente. L’UCCI è a tutti gli effetti un vero e proprio servizio segreto, ma più segreto degli altri. La sua esistenza e quella delle Macchine di Leonardo sono note a pochissimi politici e funzionari dello Stato Italiano.

Il servizio segreto temporale italiano ha sezioni e propri uomini dislocati in vari momenti cruciali della storia d’Italia e non solo. L’obiettivo è appunto tenere d’occhio personaggi importanti o fare in modo che certi eventi significativi della Storia si svolgano nel modo giusto. Ogni Sezione è composta da un capo e da vari agenti, che si infiltrano nella città e nella società scelta, diventando essi stessi soggetti attivi, quindi mercanti o appartenenti all’aristocrazia. Per questo vengono forniti di abiti o di soldi appropriati e non è inusuale che durante una missione uno o più agenti possano perdere una macchina di Leonardo, rendendo la missione ancora più complicata del normale.

Ogni agente, ovviamente, è sempre pronto all’azione e anche ad uccidere se è necessario.

I personaggi 

Uno dei punti di forza del ciclo di storie dell’UCCI è senza alcun dubbio legato ai personaggi principali e secondari che Fabriani è riuscito a tratteggiare con superba maestria, donando profondità e carattere tanto a Giampiero Mariani, vicedirettore del servizio segreto, tanto a Marina Savoldi, l’agente che lo affianca in molte avventure, per non parlare degli enigmatici personaggi del Vecchio, il direttore, e della sua segretaria.

Mariani è, insieme a Marina Savoldi, il protagonista di tutto il ciclo della saga dell’UCCI. È un ex carabiniere ed è stato uno dei pochi ad essere introdotto in questo speciale apparato dello Stato Italiano per raccomandazione, cosa che al Vecchio, il direttore del servizio segreto temporale, non è mai andato giù. Ha guidato come caposezione per molti anni la sezione Firenze 1300, crocevia storico molto delicato, non solo per l’Italia ma per tutta l’Europa. Cosa che lo ha messo in luce, grazie al fatto di essere sempre molto meticoloso nella gestione dei casi temporali. tant’è che la sua collega agente Marina Savoldi lo rimprovera spesso di essere anche molto prudente e poco reattivo davanti alle difficoltà o a eventi inattesi.

Marina Savoldi proviene dal corpo della Polizia di Stato, è amorale e risoluta, ha la sensibilità di un elefante, guarda tutti sempre come se fossero dei nemici, anche quelli che invece le sono amici. Sa usare qualsiasi arma ed è in grado di lottare corpo a corpo anche con chi è molto più grosso di lei. È cinica, non segue quasi mai le regole, anzi spesso le riscrive per le sue necessità, ma è anche la migliore compagna che vorreste avere durante una pericolosa missione. Lo sa bene Mariani, con la quale ha un rapporto di odio e amore. Tra le altre cose, i due, quando il vicedirettore era caposezione di Firenze 1300 e la Savoldi una sua agente, i due fingevano di essere pubblicamente marito e moglie e non disdegnavano di “continuare la finzione” anche in privato.

A guidare l’UCCI c’è il Vecchio, come lo chiamano tutti gli agenti (in alternativa c’è anche chi usa l’appellativo di Big Boss), un uomo burbero, ma molto colto. Nella sede centrale arriva sempre prima di tutti gli altri e va via sempre quando tutti gli agenti e i dirigenti sono andati via. A memoria di uomo, infatti, nessuno ricorda di averlo visto entrare o uscire dalla sede dell’UCCI.

Ha una regola aurea a cui chiede a tutti i suoi sottoposti di seguire, in particolare al suo vicedirettore Mariani: “Depista e disinforma. Non dire mai la verità, non dirla mai tutta e se proprio devi dirla fai in modo che sembri la panzana più grossa di tutte”.

Il Vecchio ha dossier scottanti su tutti i personaggi pubblici e non, nonché sui suoi agenti e prima di finire seduto dietro ad una scrivania è stato un agente operativo, incaricato quindi di viaggiare nelle pieghe del tempo per assolvere a missioni più o meno pericolose.

Sa tutto di tutti e non fa mistero di volersi tenere ben stretta la sua poltrona di Direttore dell’UCCI, ritenendo quasi nessuno degno di poterlo sostituire, anche se riconosce in Mariani il candidato più idoneo.

Ad affiancare il Vecchio nella gestione dell’UCCI c’è la signorina Alfonsi, la sua fedele segretaria, le cui malelingue la voglio anche amante del direttore. È glaciale con tutti, tranne che con il Vecchio, che difende sempre a spada tratta e tiene al corrente di tutto ciò che accade negli uffici della sede centrale, che si tratti di eventi ufficiali e non. I suoi soprannomi sono La Madre superiora e la Vergine di Norimberga, che vengono usati da tutti gli agenti ma, ovviamente, mai in sua presenza. Conserva in un archivio segreto tutti i dossier scottanti, soprattutto quelli che il Vecchio le chiede di far sparire, il che significa che devono comunque essere reperibili all'occorrenza.

Ovviamente è l’interfaccia con il direttore e chiunque vuole avere un colloquio il vertice dell’UCCI deve passare necessariamente per lei, cosa che Mariani detesta, ritenendosi superiore ad una semplice segretaria.

I racconti dell’UCCI 

L’esordio narrativo di Mariani avviene con il racconto I quadrivi del tempo, apparso per la prima volta nel 2005 sul numero 96 di Delos Science Fiction. La storia, che poi confluirà con alcune modifiche nel primo romanzo del ciclo, è tutta costruita sul confronto tra Mariani – che per tutto il racconto è sempre chiamato solo il vicedirettore – e il Vecchio, dopo che quest’ultimo si è dovuto assentare per due mesi a causa di problemi di salute. I due, con la presenza della signoria Alfonsi, la segretaria del Direttore, fanno il punto della situazione. In particolare sui casi che si sono verificati durante l’assenza de Vecchio. Da notare che in questo primo racconto si parla di Polizia Universale Cronotemporale e non di Ufficio Centrale Cronotemporale Italiano.

In Agente Mariani: si vive solo due volte, pubblicato per la prima volta su Robot n. 57 (Delos Books, 2009) Mariani e Savoldi devono compiere una missione speciale, tornando indietro nel 1966 a Londra e qui incontreranno in strane circostanze, manco a dirlo, un personaggio che di lì a poco diventerà molto famoso.

Nel 2016 esce nella collana Robotica.it, curata da Silvio Sosio, della Delos Digital il racconto Il cerchio di paglia, in cui Marina Savoldi e Giampiero Mariani sono tornati indietro nel tempo nel 1365 e si letteralmente scontrati con Eymerich, l’inquisitore domenicano creato dalla penna di Valerio Evangelisti.

Infine, su Robot n. 88 è uscito l’ultimo racconto in ordine di tempo dell’UCCI, dal titolo Vent’anni dopo. Siamo nel 2040, ora è Mariani a dirigere il servizio segreto cronotemporale italiano, ma la signorina Alfonsi è sempre la segretaria. Tutto però è diverso: l’UCCI, Mariani, la Savoldi e non solo nel senso che il tempo è passato. Stavolta in gioco c’è il Risorgimento e qualcuno che vuole compromettere l’operato di Garibaldi.

Il lastrico del tempo, l’ultimo romanzo 

Come nota Vittorio Curtoni nella prefazione all'antologia I quadrivi del tempo e dello spazio, c’è una caratteristica che rende davvero uniche le storie dell’UCCI e la narrativa di Fabriani: “la fortissima vena ironica, capace di sfociare nel puro sberleffo umoristico…”

Chi ha avuto modo di leggere i primi due romanzi o alcuni dei racconti del ciclo, si è sicuramente divertito nel leggere degli scontri/incontri tra Mariani e Savoldi, che spesso hanno battibecchi da marito e moglie, oppure della tensione nervosa che Mariani prova ogni qualvolta viene convocato dal direttore nel suo ufficio, per comunicazioni urgenti o per l’incarico di una missione. Senza dimenticare le situazioni grottesche che lo stesso viaggio nel tempo provoca.

Non mancano, tuttavia, anche momenti più squisitamente d’azione, come nei migliori romanzi di spy-story, o di pura indagine, collocando alcuni momenti della trama nel classico giallo ad enigma.

Qui sta la bravura di Fabriani, nel fondere e contaminare tre dei classici generi della narrativa popolare (non dimentichiamo ovviamente la fantascienza), restituendo al lettore una piacevole immersione in una storia che gioca per l’appunto con .

Altro elemento molto interessante è che nonostante l’azione si sposti tra il “tempo reale” e un “tempo passato”, Fabriani riesce a mantenere ben saldo il lettore alla pagina, anche quando la trama si infittisce di elementi e di situazioni.

Sono tutti ingredienti presenti sia nei primi due romanzi, Lungo i vicoli del tempo e Nelle nebbie del tempo, sia nell’ultimo romanzo, dal titolo Il lastrico del tempo.

Non indugiamo nella trama per non togliere al lettore il gusto di scoprire colpi di scena che impreziosiscono la storia, ma diciamo solo che l’inizio è davvero scoppiettante: Mariani e Savoldi vengono convocati dal Vecchio e comunica a loro che è sua intenzione lasciare, in un prossimo futuro, la gestione dell’ufficio a entrambi. La cosa lascia interdetto e infuriato Mariani, il quale si riteneva l’unico candidato alla successione, e soprattutto per il fatto che la Savoldi è la sua segretaria. Ma il direttore ha anche un incarico speciale per i due: chiudere una fantomatica e inesistente “Sezione zero” dell’UCCI. Senza dimenticare che i due agenti avranno un incontro molto ravvicinato con Niccolò Machiavelli, l’autore de Il Principe, nell’Anno di Grazia 1513.