Che 1984 di George Orwell sia un libro abbastanza letto e diffuso lo si sapeva, ma che potesse tornare un bestseller, a quasi settant'anni dalla sua prima pubblicazione, era un po' difficile da prevedere.

Eppure, pare che sia così, e insieme a 1984 viaggiano tutti i suoi "figli", i romanzi distopici. E la causa di tutto questo è una singola persona: Donald J. Trump.

Se l'inquilino precedente era un forte lettore e ogni tanto consigliava un libro – sono circa una settantina quelli che ha raccomandato nei suoi otto anni di presidenza tra i quali anche un paio di fantascienza – del presidente attuale si possono dire molte cose, ma il vizio della lettura sembra che non sia tra queste.

Durante la campagna elettorale in un'intervista gli fu chiesto di nominare l'ultimo libro che aveva letto, e svicolò dicendo che leggeva qualche brano qua e là, ma non aveva tempo di leggere. Una persona del suo staff ha detto che Trump si annoia facilmente a leggere, e preferisce guardare la TV.

Ma Trump è certamente una persona che ispira. Ha ispirato milioni di elettori a dargli la loro fiducia, e ne ispira certamente molti altri a leggere distopie come 1984, balzato in testa nelle classifiche di Amazon. E non solo.

Qui non è possibile (It Can't Happen Here), distopia di Sinclair Lewis del 1935; Il bel mondo nuovo (Brave New World) di Aldous Huxley; Fahrenheit 451 di Ray Bradbury.

Tutti schizzati a riempire la classifica dei bestseller, insieme a cinque o sei diverse edizioni del caposaldo di Orwell e ucronie varie in cui i nazisti hanno vinto la guerra.

Uno scrittore che volesse cavalcare il mercato oggi farebbe un buon affare a mettersi a scrivere di questi temi: caduta della democrazia, caduta della civiltà, eccetera. Però bisogna essere rapidi e cogliere l'attimo, perché l'anno prossimo le mode potrebbero già aver virato, e andare di moda i libri sugli inverni postnucleari.