Nessun lettore di fantascienza sarebbe mai tanto stupido da imbarcarsi su una nave interstellare che non possa superare la velocità della luce.

I viaggi subluce sono lenti e un mucchio di cose possono andare storte, basti ricordare romanzi come Universo (Orphans of the Sky, 1941) di Robert Heinlein, Il sogno del millennio (The Dream Millennium, 1974) di James White o La città degli Atzechi (Captive universe, 1969) di Harry Harrison, nonostante questo ogni tanto qualcuno ci ricasca.

L'astronave Avalon ha più di 5.000 persone a bordo, tutte profondamente ibernate e fiduciose che i 120 anni di viaggio verso la colonia di Homestead II scorreranno lisci come la pelle di un bambino.

Purtroppo le cose vanno storte e l'Avalon incappa in un campo di asteroidi che mettono a dura prova lo scudo della nave, provocando una serie di malfunzionamenti tra i quali l'apertura di una delle capsule di biostasi.

Il passeggero Jim Preston si risveglia e ben presto realizza di trovarsi completamente solo, unica "persona" con cui parlare è Arthur, un barista androide molto più loquace di Wilson, il pallone con cui dialogava Tom Hanks in Cast away.

Nonostante la compagnia meccanica e le risorse di una intera nave interstallare Preston inizia a cadere nella depressione sino a sfiorare il suicidio, poi un'idea terribile ma straordinariamente affascinante si insinua nella sua mente.

In assenza di gravità si può annegare…
In assenza di gravità si può annegare…

Dico subito che Passengers non mi è dispiaciuto, non è un capolavoro ma ha diversi punti interessanti, innanzitutto le spettacolari vedute dello spazio e le scene all'esterno dell'astronave.

La piscina affacciata sulla galassia regala altre scene notevoli (a proposito, mia moglie ne vuole una, sapete dove si possono acquistare?) e attimi di tensione.

Molto bella tutta la prima parte in cui Preston si ritrova solo e con la prospettiva di trascorrere novanta anni in solitudine, stesso destino di Leslie Gillis, anche lui risvegliatosi prematuramente sulla URSS Alabama in Coyote (Coyote, 2002) di Alan Steele.

Il problema dei due è identico, ma i due danno risposte molto diverse, dopotutto Preston è un meccanico e non ha grandi capacità letterarie.

Il finale del film non è affatto male, anche se si poteva essere un po' meno sbrigativi e magari un po' più cattivelli.

I punti deboli sono la parte centrale del film, abbastanza lenta e mielosa, e le falle logiche disseminate a piene mani, la migliore è la mancanza assoluta di un sistema per tornare in ibernazione una volta svegliati… o meglio la mancanza *quasi* assoluta.

Se si è disposti a passare sopra a questi dettagli penso che Passengers vi piacerà, se non siete disposti a rinunciare a un minimo di rigore scientifico allora lasciate perdere.

Ultima cosa, per rispondere alla domanda di Leo Lorusso si, forse ce la sentiremmo di tentare un viaggio del genere.