Stefano Bon (Milano, 1959) esordì come autore di racconti nei primi anni Ottanta. Nel 1981 aderì a un gruppo rimasto mitico, quello del Club City fondato da Mario Sumiraschi e che raccoglieva molti appassionati dell’area milanese e non solo. Il Club fu una delle non molte iniziative che resistettero al “riflusso” generale degli anni Ottanta: in quel clima nacquero anche fanzines, tra cui Phase IV, fondata da Bon e Massimo Fassoni; poi Millennium, creata anche con Roberto Milan (altre testate amatoriali che durarono più o meno a lungo furono Intercom - poi trasferitasi in rete -, The Time Machine., The Dark Side, Crash, Blade Runner)

“Cominciai a interessarmi di fantascienza” scrive Stefano Bon “guardando in tv i famosi B-movie di Jack Arnold e leggendo Asimov, Bradbury e Clarke negli Oscar Mondadori”. I suoi racconti apparvero su varie fanzine - in particolare The Time Machine - e riviste (Dimensione Cosmica, Ucronia, La Bottega dello scrittore). Buon Anno Signor Northwind si aggiudicò il 2° premio come miglior racconto del 1983; nel 1986 Bon si piazzò tra i 10 finalisti nella prima edizione del Premio Montepulciano con Sogno di niente (che qui riproponiamo). Più tardi (1989) apparve su Futuro Europa una storia “a quattro mani” con Giorgio Ginelli; intanto c’era stata un’antologia personale di cinque storie giovanili pubblicata dal Club City. Ci scrive l’autore:

“Negli anni ’90 ho collaborato con il mensile Vernice Fresca, ;scrivendo storie sotto la

dettatura di un fantomatico inviato nel tempo, tale H.G. Wells jr., cercando di dare un taglio sociale ai miei scritti (alcuni dei quali si sono rivelati particolarmente preveggenti!) Il lavoro, dapprima come responsabile educativo di una comunità terapeutica per minori maltrattati, successivamente come operatore di servizi sociali, non mi ha mai lasciato molto tempo libero, soprattutto per pensare. D’altronde dedico molto dei momenti disponibili alla fotografia, che da anni pratico a livello semiprofessionale in ambito sportivo e musicale (il mio sito fotografico: www.imagolive.com ), ma non ho smesso di scrivere. Sto lavorando a un paio di progetti ambiziosi; il primo un romanzo ambientato in una Milano futura devastata da droghe, corruzione, criminalità e dall’annientamento delle coscienze (quello che sta già succedendo); il secondo è una specie di horror psicanalitico con risvolti autobiografici: la storia d’un fotografo che scopre una serie di figure dall’aspetto diabolico sulle pareti delle rocce dolomitiche, con drammatiche conseguenze.

Il racconto Sogno di Niente è dei miei preferiti. Ero rimasto molto colpito dal film Alien di Ridley Scott e dall’idea dei lunghi viaggi nello spazio, in cui l’equipaggio veniva preservato dall’invecchiamento attraverso l’ibernazione; pratica che tra l’altro – proprio in quegli anni – prendeva già piede negli Stati Uniti, probabilmente ad uso di persone ricche (forse anche un po’ stupide…) Mi sembrò pertanto l’idea giusta per narrare la vita di un “comune” equipaggio spaziale, sottoposto a continui sonni (o sogni) e risvegli.

Una curiosità: Jones, la “tettona” del racconto, si chiama così in onore del gatto di Ripley in Alien.