Eifelheim di Michael Flynn

Come va molto di moda negli ultimi anni, la trama si sviluppa su due livelli temporali:

ai giorni nostri incontriamo due professori universitari, Tom Schwoerin e Sharon Nagy, il primo è uno storico specializzato nella ricerca di modelli matematici che diano una struttura alla storia umana, la seconda è una fisica teorica che cerca di sviluppare nuove teorie matematiche che spieghino la natura dell’universo.

Nel corso delle sue ricerche Tom scopre una strana anomalia nella distribuzione delle città e dei paesi in Germania. Nell’area montagnosa delle foresta nera chiamata Eifelheim dovrebbe esserci una città, piccola o grande che sia, eppure il posto è rimasto pressoché deserto per circa cinquecento anni.

Da qui saltiamo al 1348, in un paese chiamato Oberhochwald, dove padre Deitrich viene svegliato bruscamente da suoni e luci misteriose che arrivano dal bosco, che vengono poi seguiti da incendi all’apparenza casuali. Il signore del luogo decide di mandare un gruppo di persone a controllare e, per nessun motivo logico, manda anche il suddetto padre. Nel mezzo del bosco il gruppo incontra una razza aliena dalla forma di cavallette che ha avuto un’atterraggio spiacevole, e oltre ai danni deve fare i conti anche con alcuni feriti. In una quantomeno improbabile spinta di generosità padre Deitrich decide di aiutarli e con lui il signore della zona, al punto che i Krenken diventeranno parte della corte ed aiuteranno il paese quando si troverà a combattere contro un altro nobile confinante. E già che ci sono, i Krenken si fanno anche battezzare.

Ma il 1348 è anche l’anno della peste che si abbatte sul paese ed anche i Krenken hanno i loro problemi di salute (forse per essere capitati in un romanzo del genere).

Ai giorni nostri i due scienziati arrivano ad una sorprendente conclusione sugli eventi storici di quella zona.

A detta dei recensori il vero problema del romanzo è che la parte storica è la più lunga e lenta, con lunghe digressioni teologiche (che svelano la vera natura del romanzo) ed una troppo dettagliata rappresentazione della vita in quel periodo storico.

Al contrario, la parte ambientata ai giorni nostri è troppo breve e poco approfondita, mentre sarebbe stato molto meglio per la trama se fosse avvenuto il contrario. L’aspetto positivo è dato da una ottima caratterizzazione dei personaggi, umani ed alieni, ma non sfugge al sottile sospetto che si tratti di una litania religiosa malamente camuffata da romanzo.

la copertina del romanzo di Robert watts
la copertina del romanzo di Robert watts

Blindsight di Peter Watts

Nel romanzo gli umani hanno finalmente scoperto che c’è qualcun altro nell’universo, ma questo qualcuno non ha decisamente voglia di compagnia.

La scoperta avviene quando sulla terra piovono dei congegni alieni che però si inceneriscono prima di riuscire a trasmettere qualcosa di più di un saluto. Posto che di un saluto si tratti. Qui entra in scena Siri Keeton, un personaggio dalle strane capacità: dopo un radicale intervento chirurgico effettuato per salvarlo da una forma di epilessia infantile, Siri è incapace di qualsiasi forma di contatto con le altre persone e questo lo ha portato a diventare un Synthesist, cioè un osservatore imparziale che funge da conduttore di informazioni senza giudicarne contenuto o significato. Qualsiasi cosa significhi.

Per spiegare meglio le sue capacità viene detto che lui è in grado di tradurre i pensieri pressoché incomprensibili delle intelligenze artificiali a beneficio di industrie ed ingegneri, senza peraltro che lui le capisca. Come sopra.

Ad ogni modo Siri viene spedito sulla base spaziale Theseus, la più lontana dalla terra. Per investigare, studiare e se necessario combattere gli extraterrestri che hanno mandato i congegni.

Ma sulla base spaziale non riceve un gran benvenuto perché viene visto come una spia. Infatti la Theseus è così lontana dalla terra che i risultati della loro missione sono diventati pressoché inutili. Inoltre, come è ovvio che sia, non c’è una sola persona sana di mente a bordo: un linguista con disordini derivanti da personalità multiple, un biologo che ha fatto ogni genere di esperimento con i sensori della nave ed un soldato il cui più grande risultato nella vita è stato di tradire il suo popolo per ottenere un trattato di pace.

Ma la vera chicca è il comandante della base: Jukka Sarasti infatti è un autentico vampiro, un sociopatico cannibale riportato in vita grazie ai miracoli dell’ingegneria genetica. Jukka è più veloce, più intelligente e più evoluto di qualsiasi umano ed è determinato a scoprire se gli alieni sono o meno una minaccia per l’umanità. Sempre che riesca a trattenersi dal mangiarsi i suoi collaboratori.

Quello che sembra contraddistinguere l’autore, qui al suo quinto romanzo, è il suo approccio meticolosamente scientifico su qualsiasi argomento, al punto da rendere credibile anche i vampiri, unito ad una certa dose di humor nero.

Resta da scoprire quanto questa commistione sia digeribile.

La copertina di Prodigal, che ricorda non poco Underworld
La copertina di Prodigal, che ricorda non poco Underworld

Prodigal di Mar D. Giller

Il romanzo è il seguito di Hammerjack (del 2005), in cui si immaginava un pianeta terra cento anni avanti nel futuro, diventato altamente cibernetico.

All’interno della mega rete di connessione chiamato Axis si muovevano i suddetti Hammerjacks, ovvero hackers che cercavano di rubare profitti e potere al dominante gruppo Collective.

Insomma, la solita solfa da hacker con nomi strani.

Uno di loro, Cray “Vortex” Alden era passato dalla parte dei Collective e si era ritrovato a combattere l’ennesimo gruppo terroristico (siamo arrivati al milionesimo? Abbiamo vinto qualcosa?) chiamato Inru e il loro piano biologico per l’Ascensione dell’umanità.

Nel primo romanzo gli Inru erano aiutati dalla hacker Lea “heretic” Prism e da Avalon, un soldato unico sopravvissuto all’epidemia che ha cancellato l’insediamento umano su Marte. Alla fine Alden era diventato puro software e condivideva la sua esistenza digitale con una personalità sintetica chiamata Lyssa, Lea è passata dalla parte dei buoni ed Avalon è ancora fuggiasco.

Il seguito riparte con Lea che fa parte di una unità d’assalto speciale chiamata T-branch ed è l’unica a conoscenza della presenza digitale di Alden in un settore in quarantena della rete chiamata Axis.

Viene quindi inviata in Ucraina per indagare sull’ultimo complotto ordito dagli Inru e trova le vittime di un esperimento di biomanipolazione, creati con lo scopo di soppiantare la rete grazie ai loro poteri mentali. E qui ancora una volta Lea dovrà combattere contro Avalon.

Nel frattempo la prima spedizione su Marte a dieci anni dall’epidemia, trova 6 camere criogeniche contenenti gli ultimi sopravvissuti all’epidemia. E contro l’opinione del capitano della spedizione, i corpi vengono caricati a bordo. Peccato che le mutazioni subite dai 6 sopravvissuti metteranno in serio pericolo l’umanità, proprio quando gli Inru scateneranno il loro attacco.

Le uniche osservazioni fatte al romanzo sono due: non aggiunge niente di nuovo al classico romanzo cyberpunk e soprattutto, impiega 50 pagine a descrivere cose che ne meriterebbero al massimo una e mezza.

Ma questo è un problema di una quantità di romanzi, per cui è arduo puntare il dito proprio contro Giller.

I romanzi possono essere reperiti su Amazon.com.

A domani per la seconda parte delle uscite americane nel campo della fantascienza.