Lara è tornata. Non come una ex petulante che bussa alla porta reclamando lo scatolone dei ricordi. Lara è tornata per restare. Missione difficile, molti azzarderebbero impossibile, perché la relazione tra la bella archeologa e i suoi amanti si è rivelata, negli anni, sempre più burrascosa e inconcludente. Fino al punto di rottura recente, che ha portato all’allontanamento degli studi storicamente responsabili della serie, Core Design. L’editore inglese Eidos ha dovuto quindi domandarsi per prima cosa chi potesse ereditare oneri e onori di Tomb Raider. La scelta è caduta in casa, e la signorina Croft è stata affidata alle cure di Crystal Dynamics, già autori dei best seller Soul Reaver, all’opera sotto la supervisione di Toby Gard. Cioè colui che, nel 1996, diede origine al mito inventando uno dei personaggi più di successo dei videogiochi, icona virtual pop capace di valicare i confini del digital entertainment. Gli sforzi di Gard e Crystal Dynamics sono convogliati in Lara Croft Tomb Raider: Legend, titolo che ha diversi meriti. Il primo e più evidente è quello di aver restituito Lara ai giocatori con un episodio delle sue avventure che le rende finalmente giustizia. L’altro è di averlo fatto diradando con decisione le nebbie che avvolgevano la serie, attraverso la totale rielaborazione del canovaccio ludico e narrativo.

È cosa abbastanza risaputa che Tomb Raider, dopo il capitolo originale, sia caduto vittima del suo stesso successo, imbrogliato nelle maglie dei seguiti. Ciò che è mancato a Core Design e ha trovato (ritrovato?) Crystal Dynamics è una direzione. Dove ormai Tomb Raider sembrava un contenitore messo in piedi all’unico scopo di riproporre uno spettacolo di Lara, centro assoluto e nevralgico di quel microcosmo, in Tomb Raider: Legend la saga riacquista il valore di un videogame con protagonista una star tanto carismatica. Uno spostamento di asse verso scenari più democratici, che non sminuiscono affatto la signorina Croft. Anzi, le quotazioni probabilmente non sono mai state così alte come adesso nei dieci anni di vita del personaggio. I passaggi di questa rinascita poggiano naturalmente nella tradizione di Tomb Raider, da cui gli sviluppatori hanno recuperato i fondamentali per imbastire le rocambolesche avventure acrobatiche di una sexy archeologa in hot pants, a metà tra James Bond e Indiana Jones.

Gadget ipertecnologici, ma anche antiche rovine, città dimenticate, misteri che si perdono nelle pieghe della storia. Che dalla leggenda di Re Artù costringono Lara a scavare nel suo passato, a caccia dei fantasmi della memoria. E si viaggia: dalla Bolivia al Ghana, dal Nepal al Perù, dal Giappone della yakuza al Kazakistan degli esperimenti Urss, all’Inghilterra sotterranea di Camelot. Per comprendere che si è agli inizi di un viaggio più grande, forse una trilogia. Ma non si rimane male ai titoli di coda. Ulteriore testimonianza del buon lavoro svolto da Crystal Dynamics, che salutano il giocatore con la voglia di scoprire quanta altra meraviglia – certi scorci tolgono il fiato e la trama si fa via via più interessante - abbia ancora in serbo per lui Tomb Raider, domani. Non si può chiedere di meglio a un prologo a sé stante.

Anche perché, mentre ci si incuriosisce per le vicende familiari e non di Lara, non si sta mai fermi. Si salta, ci si arrampica, si ciondola appesi a una corda, ci si aggrappa alle sporgenze sullo strapiombo, si spingono leve e fanno rotolare sfere negli enigmi di strani marchingegni. Si corre per evitare le trappole azionate inavvertitamente. E quando non sono gli appigli architettonici, i paesaggi o i macchinari da decifrare, c’è da sparare, prendere a calci, scivolare, scavalcare i nemici con mosse che piacerebbero a John Woo. E quando non sono le sparatorie a piedi, c’è da sbrigarsela in moto circondati dai cattivi. E quando non sono gli spostamenti a tutto gas, c’è da premere alcuni tasti che compaiono all’improvviso sullo schermo durante i filmati, altrimenti kaput.

Una riforma molto accurata e di tutti gli aspetti, quella sostenuta da Crystal Dynamics. Dopo i fasti del primo Tomb Raider, hanno offerto all’eroina inglese un mondo di gioco che le calza a pennello. Da scoprire e soprattutto riscoprire di slacio. Dato che una volta terminato il gioco, se ne sarà visto presumibilmente solo una piccola parte. Il bello, infatti, arriva con le sfide a tempo, che obbligano a ripensare Tomb Raider: Legend, i suoi sentieri alternativi nascosti, le numerose mosse della sua atletica protagonista. Fino a individuare il meticoloso riguardo per i particolari di uno sviluppo accorto che è, senza darlo troppo a vedere, qualcosa più di un restauro equilibrato e diligente.