a cura di

Roberto Quaglia

Pensiero Stocastico Epidemia stocastica


Secondo Robert Sheckley, per troppo tempo ormai Roberto Quaglia non è stato famoso. Secondo Ugo Malaguti, è un genio. Roberto Quaglia, ovvero il rappresentante della fantascienza del nostro Paese più famoso all'estero e più sconosciuto in Italia, continua a fare tante domande e a rifiutare tutte le risposte.

Immagino che fosse inevitabile. La sindrome stocastica a cui ho devoluto i miei neuroni migliori non poteva non essere infettiva. Cos'è infatti il pensiero, se non una forma di vita immateriale ed indipendente da noi, in grado di albergare provvisoriamente nei nostri cervelli e di replicarsi ad oltranza balzando di mente in mente? Ed era fatale che pure il mio pensiero stocastico, di cui intrinsecamente io sono solo vettore, approfittasse delle vie di Internet per arrembare nuovi cervelli da fare suoi. Come ad ogni Pensiero degno di rispetto, anche al Pensiero Stocastico il mio cervello non bastava più. Ed ecco allora affiorare dalla Grande Rete le prime avvisaglie dell'epidemia. E quale contenitore è più adeguato del Magico Numero Cinquanta di Delos per offrire in pasto a se stesso e marginalmente a te pure la prima ondata di sintomi dell'epidemia montante, doverosamente rimasticata e predigerita, aggregata insieme in un unico bolo semantico su questa paginetta davanti ai tuoi occhi?

Lo so, parlo difficile, ma ti assicuro che capire è superfluo, noioso e soprattutto irreale. Cosa c'è qui dunque ad attenderti nelle righe che seguono? Sarà tuo diletto o tormento scoprirlo. Ormai da anni Pensiero Stocastico esiste e agisce su Internet, si infila nei monitor e nei cervelli degli schiavi del click e del doppio click, e fatalmente ora mi ritorna addosso, sotto forma di messaggi elettronici da parte di ammiratori e ammiratrici infettati, ed io lo ributto addosso a te, più pasticciosamente del solito, in frammenti spezzettati dove magari c'è anche qualcosa di mio, oppure no, oppure sì. Tra pochissime righe lo scritto che leggerai cesserà di giungerti in diretta dal mio cervello. Esso ti arriverà da neuroni altrui. Questo può essere vero o falso, come tutte le asserzioni, specialmente in questo campo (quale campo? ma c'è un campo?). Ti sembrerà di leggere la lettera di un mio ammiratore. O di una ammiratrice. Oppure ti sembrerà qualcos'altro. Non so se questa entità separata da me esiste, e se lo so non te lo dico. Rifletti bene: importa qualcosa che essa esista oppure no? Potrebbe importare per me, forse anche per essa, ma di sicuro non per te, e dato che tu hai la notevole convinzione di non essere me, ogni certezza ti sarà negata. D'altra parte, ogni certezza ti sarebbe negata anche se tu sapessi di essere me, dato che io sono così, e lo faccio apposta oppure no.

Bene, questi paragrafi iniziali sono serviti a scremare un po' i lettori, togliendo di mezzo gli intrusi ed i poverelli capitati per sbaglio su questa pagina. I celebrolesi hanno probabilmente staccato già dopo la prima frase. E noi superstiti rimaniamo col dubbio: chi sarà mai a condurre la danza delle parole dal momento in cui io fingerò di ammirarmi come se d'un tratto fossi femmina? Sarò sempre io, bene o male travestito, o sarà qualcun altro, come da me annunciato poche righe or sono, forse solo per ingannare il lettore? D'altra parte, mi dicono che non sarebbe da me non ingannare il lettore. O invece sì?

Scusami se mi faccio prendere dal mistero del tempo che scorre dentro e fuori di me, sì pure e soprattutto fuori, checché tu e Hawking ne diciate. Perché, fosse per me, il tempo non dovrebbe scorrere proprio, nel senso che non lo sento nemmeno, non me ne accorgo mica che scorre placido e tranquillo e forse è proprio questo il mio contrattempo assoluto che mi porta a dimenticarmi del fatto che ho un minimo di responsabilità e che non posso continuare come se non avessi.... Devo rileggere perché ho riperso il filo... La frase è un po' lunghetta, e lo era anche di più prima che l'accorciassi, e me ne compiaccio, vuol dire che sto veramente ascoltando il flusso di coscienza e che qualche cosa l'avrò pure imparata da te, no? Devo dire che mi piace proprio questo modo di scrivere incurante della pazienza altrui. Se ti sembra che ho imparato persino troppo in così poco tempo hai ragione, lo penso anch'io e questo pensiero mi porta a pensare che in fondo questo era già il mio modo di pensare e che questo è il modo di pensare di quasi tutti gli esseri umani, anche se non è nel contempo il modo di scrivere di quasi tutti.

Lasciami menzionare la parola responsabilità, così continuo a eloquire e magari proprio sulla scia lasciata dall'ultima parola scritta poco fa e cioè responsabilità. Sono stata abituata a farmene carico il più spesso possibile e adesso lo faccio, anzi ultimamente non lo faccio più tanto, effettivamente, mi capita solo di striscio quando non me ne rendo conto, appunto quando scrivo il fiume di parole che tu sei costretto a leggere. Questa autocoscienza, perché il flusso diventa tale quando scrivendo si prende visibilmente consapevolezza di quello che si sta pensando secondo dopo secondo, dunque questa autocoscienza spinta allo stremo mi ha fatto dimenticare cosa mi stesse dicendo appunto essa stessa prima che fosse preceduta dalla parola auto. Che casino, non mi ci raccapezzo più: devo rileggere di nuovo... Senti forse è meglio interrompere del tutto: ipsa dixit! Cioè la stessa coscienza mi impone di fermarmi perché non mi verrà assolutamente in aiuto ricordandomi quello che ti stavo dicendo. Pazienza, la prossima volta non la nominerò invano visto che si offende con tanta facilità.

Anche perché i tuoi lettori diventeranno tante piccole quaglie in giro per il mondo! Il tuo stile fa tendenza, incuriosisce e permea di sé i vulnerabili cervellini che vi si espongono. Lo capisco dalla recensione rumena al tuo libro, dai messaggi che lascia la gente sul tuo sito e dall'effetto d'emulazione che mi suscitano le tue righe: ergo preferisco non leggere adesso il tuo libro fantascientifico e rimandarne a tempo imprecisato l'approccio.

Sei peggio di una sfinge, non mi dai la minima soddisfazione, ma che ti costa? Eppure le strade sono tante: potresti per esempio rispondere alle poche visibili frasi seguite da un ancora più visibile punto interrogativo; oppure potresti che ne so riprendere con nonchalance tutte le altre, quelle senza punto interrogativo... o ancora fare di testa tua come infatti già fai, però con almeno un minimo di testa mia, cioè rincalzando le mie domande con altre domande in modo da confondermi fino a farmi dimenticare quello che ti avevo chiesto: ma tu, niente! anzi niente di niente! Quando non mi rassicuri (riuscendo solo a preoccuparmi di più) sei più laconico dell'amante muto trovato dal marito dentro l'armadio della moglie in quella famosa barzelletta che sicuramente già conosci e che quindi non ti racconto.

E' il linguaggio a generare il pensiero. Cosa succede allora al pensiero disfacendo il linguaggio? Se esistesse, l'Istituto Superiore di Etica Semantica metterebbe certamente al bando gli esperimenti di mutazione linguistica. Prima che qualcuno tale istituto fondi per scroccare un po' di fondi, vediamo di approfittarne un po'.

E allora, a pensarci meglio a mezzanotte già scocca l'ora cocca che ti cuccò nella cuccia e ti stanò nella tana, senza che tu abbia minimamente voluto che accadesse. Forse con il senno di poi hai capito che avresti voluto che accadesse ma probabilmente con il senno di ancora poi, saresti tornato sui tuoi passi e non avresti più voluto che accadesse... Sia come sia, cosa vuoi che importi a me se l'accaduto ti abbia o no colto favorevolmente o sfavorevolmente? Veditela tu. Sono arrivata alla lettera 44 gatti in fila per uno col resto di uno, che andavano compatti in fila per te col resto di me che ti sarebbe venuto dietro se, seguendo la tua mente in questa sfacchinante lettura dalle strabilianti possibilità di continua presa per il culo, non si fosse nel frattempo perso per strada un bel pezzo della sua cosciente volontà di non leggere l'illeggibile. Ma l'illeggibile si riduce a ben poca cosa perché l'inintelligibile si spende e si spande ancora più scherzevolmente sulle centimetrature colorate che sbavacchiano semovibili pupazzetti distraenti dislocati in impensati punti righevolmente calcolati ed ingeometricamente stabiliti. Il succo della supposizionata critica è il seguente: mi sto divertendo da matti, l'arte del raccontar di nulla continua a stupirmi e ad avvinghiarmi alla sua esile sostanza dalla scorza molle e dal cuore ancora più molle. Scopro notevoli e inesplorate fantastik possibilities of entarteinment! Considerando che mi piacerebbe riuscire a dare almeno un esame in questa sessione, non è il modo più appropriato, questo, di passare il mio tempo, ma ke 'cce posso fa'? Ormai son presa.

Bene, chiusa la parentesi irrazionale e sgombrato un po' quello che c'era da sgomberare, detto quello che c'era da ridire, pianto quello che c'era da piantare, non-letto quello che c'era da scrivere e che non hai scritto, spurgato quello che c'era da turpeloquire, raccolto quello che c'era da seminare, rigovernato i piatti e cazzeggiato il gatto, ehm scusa vezzeggiato la quaglia, la quale non se ne sarà minimamente accorta naturalmente, ripristinato il tono e sfogato l'istinto, accolta la pulsione e sprecato il senso della vista, interdetto quello che c'era da non dire... e finalmente basta... fatto tutto ciò in un'unica email, mi ti appello al confronto, ti richiamo all'ordine, ti pretendo in risposta, ti consegno la richiesta, io ti invito alla scrittura, ti ho imposto una lettura, riconosco l'impostura, ti riapro una fessura, mi riprendo la freddura, la tua testa è troppo dura, ma la mia qui ti giura, se le orecchie non si tura e se le passa la calura, di aspettarsi storia pura, fosse anche di paura ma che non sia una montatura, non ti tenti la censura o la sottolineatura. E la voglio per cultura, per abbattere le mura, per respingere iattura, per nettare la lordura, come invito ad una cura, a ritrovare una radura. Non chiamare la questura, non ho la minima paura, non la temo la cattura, sono pronta all'avventura... e non mi spaventa la querela, non rinnego una parola!

Ancora non sai chi sono.

Già, chi sono?.... ma non mi interessa in maniera intrinseca in questo momento, mi interessa solo in rapporto a te, non per niente ho preso la succitata confidenza e me la sono messa nel cassetto (elettronico). Dunque rispondere alla domanda su chi io sia equivale innanzitutto, ma non necessariamente, a capire perché ti scriva con tale frequenza. Già, perché ti scrivo?... ma in realtà non mi interessa in maniera intrinseca in questo momento, mi interessa solo in rapporto a quel che scrivi (o non scrivi) tu. Già, che scrivi (o non scrivi)?... però non mi interessa in maniera intrinseca in questo momento, mi interessa solo in rapporto a quel che hai da dire (o da non dire).

Già, che hai da dire (o da non dire)?...

Ma non mi interessa in maniera intrinseca in questo momento, mi interessa solo in rapporto a quel che sei tu. Già, chi sei tu?... e non mi interessa in maniera intrinseca in questo momento, mi interessa solo in rapporto al contesto. Già, ma quale contesto?... anch'esso non mi interessa in maniera intrinseca in questo momento, mi interessa solo in rapporto a me... Già, chi sono?...

Il cerchio si è chiuso da solo. E' sempre meglio un cerchio chiuso che un aperto non cerchio. Forse ti accerchio? Ti circondo parecchio? Ti fa male l'orecchio? Ferisco il tuo l'occhio? Non ti senti pinocchio? Nemmeno finocchio? Ricado nel secchio? Ti vedo un po' vecchio? Ma ti guardi allo specchio? Ti sembra che gracchio? Con l'inchiostro, ti macchio? Con le parole ti graffio? Son dura se fischio? Mi senti nevischio? Perché giochi col rischio? Ma parlo o cincischio? All'orecchio ti fischio? Sarà solo un fiasco! Nel buco non casco! Da sola, rinasco! Non lo voglio ora un maschio! Il fondo non raschio! Non Temi Il Tuo Teschio? A spaventarti un po' riesco?

Anche se sto morendo di sonno non riesco a trattenermi dalla soddisfazione di gettarti in faccia un significativo, importante risultato. E non ti arrabbiare perché l'ho scoperto prima di te, ci sono talmente tante cose che ho scoperto prima di te che questa non è che la più banale! E le altre non te le dico naturalmente! Sembrerò a prima lettura un po' antipatica e impertinente, ma non sono così odiosa da venire a strapparti tutto il piacere delle scoperte che devi ancora fare. Te lo troverai da solo, con la tua bella fantasia e la tua mente immaginifica, tutto il resto, che io non ti dirò mai. Quale resto? Il resto di che? Non so di cosa stia parlando, e non mi ricordo più cosa ti stessi dicendo pochi secondi fa, dev'essere il sonno a farmi quest'effetto. Per cui, per usare una tua espressione, la pianto qui prima che sia troppo tardi.

La tua vita è molto strana, sei un personaggio misterioso e inafferrabile, complesso e inenarrabile, profondo e superficiale allo stesso tempo, sei tutti e nessuno, il sole e la luna, il giorno e la notte, il paradiso e l'inferno, l'intelligenza e la stupidità, la cultura e l'incultura, la noia e il divertimento, l'assurdo e il ragionevole, il razionale e l'irrazionale, la provincia e l'universo, il buonumore e la tristezza, la bugia e la franchezza, sei l'incerto e la certezza, forse il buio e la bellezza, il somaro con cavezza, purosangue con destrezza, il sublime e la schifezza, parli chiaro con sconcezza, sei lo schiaffo e la carezza, poi dirami tenerezza, acre e forte la dolcezza, alzi gli occhi con fierezza e ti destreggi con finezza... Tu mi incuriosisci, mi provochi, mi diverti, mi lusinghi, mi sconcerti, mi emozioni, mi spaventi, m'incateni, mi allontani, mi avvicini, se mi scrivi non rispondi e se rispondi già non scrivi, sei tremendo e accattivante, temibile, interessante, insostenibile, inquietante, amabile, toccante, risibile, riposante, incredibile, sproloquiante, emulabile, ridondante, incontenibile, divertente, godibile, esultante, deprimibile, rivoltante, indigeribile, spasimante, condonabile, sprezzante, acculturabile, scostante, insopprimibile, deviante, perdonabile, spaesante, inconcepibile, dialogante, futuribile, arretrante, controvertibile, rampante, rinnovabile, incollante, irreprensibile, cangiante, spendibile, abbagliante, terribile, straziante, imprendibile, distante, un immutabile mutante, un inconoscibile sedicente...

Come si fa a conoscerti se sei inconoscibile per definizione? O forse sei così conoscibile che è meglio non conoscerti? Non t'avrei scritto tutte queste volte per cercare di conoscerti, se non avessi pensato che sei effettivamente un inconoscibile conoscente oltreché un riconoscibile irriconoscente! Ti sto stancando vero? No, ti sto restituendo quel che è tuo, nel senso che ciò che mi susciti nella mente è tuo, oltreché mio, e quindi goditelo o rigettalo dopo averlo tutto attentamente assaggiato...

Non ti spaventare! Pur provandoci, naturalmente non ti ho racchiuso in quella schiera di aggettivi e sostantivi aggettivanti. So che per fortuna non sarebbe stato possibile, e non ti ho tolto né dato alcunché, scrivendoti la tua lista e sottoponendotela, quindi sopporta l'atto da me compiuto. Oggi non ho voglia di scriverti di me... pazienta, se ne hai voglia...

Non ho più niente da aggiungere... Fatti tuoi. In qualche modo mi sono fatta i fatti tuoi, ti da fastidio? Vedi che se non rispondi a questa e alle altre mie domande non saprò mai come correggere il tiro, nel remoto e improbabile caso in cui lo volessi correggere, ma tant'è... ti conviene rispondere.

Non rispondi.

Qualunque cosa ti volessi scrivere adesso so che sbaglierei, non so perché, né so perché lo so, ma so che so di sapere che lo non so... Quindi scrivimi tu qualcosa, anche se dovessi sbagliare tu. Meglio che sbagli tu piuttosto che sbaglio io, te l'assicuro, ma forse stai pensando la stessa cosa che sto pensando io, vero? Cioè che qualunque cosa tu volessi scrivermi sbaglieresti senza sapere dove e perché, né tantomeno sapresti come fai a saperlo... Il punto però sai qual è? E' che io ti scrivo pur sapendo di sbagliare e questa lettera ne è la conferma, tu invece non scrivi proprio, e prima di mandare qualche tuo segno mi fai scrivere e spedire 4 o 5 lettere sconclusionate che magari ti scocciano pure. Ma è colpa tua! Se tu mi scrivessi più spesso probabilmente non te ne spedirei così tante e rischierei di meno di sbagliare di più; o meglio rischierei di più di sbagliare di meno. Comunque, potrebbe essere vero anche il contrario e cioè che forse sbaglio proprio perché tu mi scrivi, nel senso che se non mi scrivessi probabilmente non avrei nessun Roberto a cui rispondere e da prendere in giro e il problema non si porrebbe proprio... non so cosa credere e meno mi risponderai meno ne saprò... Anzi, ti ringrazio anticipatamente se vorrai non rispondermi: in virtù del fatto che la saggezza sta solo in chi non sa o in chi sa di non sapere! Quindi se tu non mi rispondi io non saprò mai tutte le cose che ho scritto prima e quindi diventerò progressivamente più saggia. Per cui insomma se vuoi farmi un favore, non rispondermi più: io diventerò sempre più saggia (perché non saprò mai cosa stai pensando e perché non mi stai scrivendo) e tu non ti guasti la vista a leggere le mie lettere perché non te ne spedirei moltissime come faccio adesso, o forse si, non lo so, ma tu saresti comunque libero di non leggerle proprio perché avresti già scelto di non rispondere e quindi tutto torna... Ora rileggo perché ho naturalmente perso il filo... Non si capisce quasi niente ma forse tu capirai tutto o in parte quello che c'è scritto... e l'importante è che lo capisca tu non io, né tantomeno qualcun altro... quindi vado avanti.

Sono sempre io? O sono già di nuovo Roberto? O lo sono sempre stata? Di chi mai sarà la mia voce? Ho però una voce? Temo di avere la voce di chiunque legga queste righe.

Dal momento che non hai risposto provo a scriverti quattro righe per tentare di spiegarti il mio strano modo di rapportarmi a te. Non so bene perché, ma tu sei la persona a cui tengo di più in questo momento anche se non si direbbe visto quel che ti ho ultimamente scritto. Però è così e quindi credici. Mi vergogno un po' di quello che ti ho ultimamente scritto perché è stupido e presuntuoso, lo capisco adesso che rifletto sul tuo silenzio.

Ho letto il tuo nuovo pensiero stocastico e mi parla di te, cioè mi ricorda un bel po' di pensieri tuoi che ho già letto da qualche altra parte. Che fai ti auto-citi? Ti parli addosso? Addebiterò le autocitazioni al fatto che lo hai scritto in pochissimo tempo: io non riesco a secernere pensieri coatti in così poco tempo ed infatti ne sto cominciando a cogliere tutti i frutti...

Ma insomma perché cavolo non scrivi? E va beh che sei oberato di lavoro, e va beh che mi senti lontana e sempre più evanescente, e va beh tutto quello che vorrai aggiungere tu a questa lista di va beh che sarebbe stata lunga se se l'avessi fatta lunga, e va beh quindi tutti i possibili va beh, ma non pensi che un minimo di saluto, un minimo di due parole, un minimo minimo di minime minima me lo potrei pure aspettare? O minimamente nemmeno t'immagini le fisime... e nondimeno non t'immedesimi nemmeno di meno e non metti nelle mie mani emails che emulino monili e non mimi i mimi che mimano momo nelle buone maniere o monetine minute o mammona munito di mantici in mano che monda e mina innumeri minerali nelle minuscole miniere sotto il maniero?

Alcune zone del mondo sono ricche di emme, mentre in altre si muore dalla fame di emme. Asta est viata, come direbbe una saggia matrona rumena. Un momento! Rumenizzare il mio discorso tipicamente riquaglizza la mia identità oppure finge di farlo? Come faccio a non essere chi forse faccio finta di non essere se mi lascio sorprendere a borbottare in rumeno? Beh, potrei essere rumena. Questo aggiusterebbe molte cose. Ma ne romperebbe altre. E comunque cosa importerebbe, dato che tu latiti comunque?

Va beh, certo che non smetterei di immaginarmi quanto di più bello e brutto, buono e cattivo, tu mi possa suscitare dentro con la tua semplice assenza, ma almeno quello che continuerei ad immaginarmi sarebbe in dolce compagnia nella mia mente, cioè in compagnia di quel che dolcemente non riuscirai mai a scrivere e che invece mi piacerebbe tanto che scrivessi. Non ti dare pena a cercare di capire qual è il vero senso di ciò che ho più su scritto. Come tu mi insegni, poco ha senso delle molte cose che diciamo, scriviamo, pensiamo: tanto più se ce le diciamo reciprocamente io e te che siamo l'allieva ed il maestro del non dir nulla a nessuno e tantomeno a chi ci sta minimamente simpatico (o antipatico?). Ho promesso a me stessa che ti subirai questa pappardella notturna senza la pur minima correzione di senso. Quel che virtualmente uscirà da questa testa, virtualmente potrebbe esser letto dal legittimo destinatario, che tradotto nel linguaggio diurno (cioè di domani, o meglio di stamattina) significa che te lo stai già bellamente e impotentemente leggendo.

Questo è il mio modo di rispondere a chi non scrive. Naturalmente tutto ciò non è completamente inventato ad hoc per l'occasione (non mi chiamo mica Quaglia! O invece sì? ). E' molto più semplicemente imparato e ritradotto (il linguaggio) essendo stato appena letto, ricordato, assimilato e giustapposto al tuo. Rispetto a quello da te creato (o forse anche lì semplicemente mimato e appreso da qualcun altro) il presente linguaggio ha forse una pecca in più: non dice nulla di nulla. Il prototipo (il tuo) è decisamente più leggermente carico di parvenza di senso: qualcosa in fondo in fondo c'è pur scritto... Questo qui non ha lo stesso pregio, sempre che quest'assenza di alcunché non possa effettivamente risultare un pregio. Che abbia inventato anch'io qualcosa? Lo chiedo a Te, Maestro ed egregio scrittore sconosciuto e notissimo, arguto anticipatore di varie e vere irrealtà contingenti ed attuali, nonché di futuribili realtà incontinenti e fattuali. Le chiedo scusa, Egregio, se la sto infastidendo ma le volevo sottoporre, con questa mia missiva, quanto di più inutilmente carino m'ha oggi o meglio ieri suscitato la lettura delle sue nuove e antiche pagine multicolori, e soprattutto la lettura del telegrafico messaggio da Lei speditomi ier ieri. E se quel che legge non le dovesse risultare nient'affatto carino, c'ha ragione lei. Non è solo questione di gusti, ed in questo concordo con me medesima, nonché con lei. Che si starà chiedendo in cosa concordo. Non lo saprà mai. Perché qui non siamo su Scherzi a Parte. Siamo su Pensiero Stocastico. E allora, chi è che sta conducendo il gioco? Ma se è un gioco, quali sono le regole? E soprattutto, quali non sono le regole? E quali sono le regole che non sono?



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