Simian non si lasciò impressionare più di tanto. - Il rischio che sfuggissero era troppo alto.

Yaara appoggiò la cartella che aveva in mano e incrociò le braccia. Simian la conosceva troppo bene per non intuire quando la scienziata si apprestava a caricare.

- Tu, in quanto responsabile della sicurezza, hai delle priorità, ma le mie sono di gran lunga più importanti. Applicare strumenti generici a problemi specifici significa fallire, e noi abbiamo perso delle informazioni vitali.

Quelle frequenti schermaglie erano un gioco quotidiano irrinunciabile. Simian, in più d'una occasione, aveva scavato negli strati molteplici che ricoprivano la personalità della Pasilinna, scoprendo che, a dispetto dell'apparenza, non tutti erano gustosi.

- Yaara, l'operazione ha funzionato. Credi davvero che quei pezzenti possano avere un vantaggio su di noi? Andiamo, per quanto avanzati quei due bozzoli non avrebbero prodotto alcuno stravolgimento di valori. E' solo una questione di tempo, e lo sai.

- Già, tempo che potremmo non avere.

Un violento colpo di tosse li fece voltare verso Chiqi, la cui pelle assomigliava sempre più a una corteccia morta.

- Dobbiamo pensare a lui adesso - disse Simian contrariato.

Yaara alzò un sopracciglio, e sembrò una sentenza. Immerse una mano appena sotto il primo strato di terra della vasca sulla cui sponda Chiqi era seduto, tracciando una sorta di cerchi simili a carezze. Quasi subito il terriccio si gonfiò, eruttando un'intera colonia di formiche che prese a far rotolare verso di lei una pallina di terra umida. Yaara, con un gesto deciso, la prelevò insieme a qualche formica, impastando il tutto con la propria saliva in modo che il piccolo bolo dal colore rossiccio fosse il più morbido possibile.

Chiqi, senza attendere oltre, strappò il quantitativo di terra dalle mani di lei e, avidamente, cominciò a masticarlo.

* * *

L'intrico circolare di seta luccicava perfetto sotto al sole di mezzogiorno.

L'assenza di alcuni settori radiali, la regolarità della spirale di impalcatura, gli angoli di innesto di quella viscosa: Jess col tempo aveva imparato che tutto aveva un senso, o meglio, poteva averne, a volte chiaro come un'equazione matematica, altre volte appena intuibile, come una filigrana in debole controluce.

Tutto quello di cui aveva bisogno erano dei fogli, non importa se ingialliti dal sole o macerati dalla muffa, un mozzicone di matita e tanta concentrazione. Leggere tele gli veniva naturale, ne restava catturato come le mosche mummificate che a volte si metteva a contare, perché anche il loro numero e posizione avevano un significato. Proprio come le due di cui aveva appena appuntato le coordinate.

Casals lo scorse di lontano, curvo al tavolino del campo di ricerca ormai abbandonato. Era tempo che non ci si recava.

Intorno alla tenda di Jess, l'unica tenuta a riparo dalle grinfie del tempo, intorno al tavolino, alla sua amaca, a tutto il piccolo mondo dello scozzese, c'erano decine di rami conficcati nel terreno, alcuni a coppie, altri biforcuti, e centinaia di costellazioni di seta.

Ragnatele a perdita d'occhio.

- Tocca a noi, non è vero? - disse Casals dopo averlo raggiunto alle spalle.

Come al solito lo aveva colto di sorpresa, ma Jess in quel momento fu stupito più dal tempismo dell'altro, che dalla sua eterna mancanza di tatto. Si limitò ad annuire.

- Tu non sei come me... tu hai studiato, hai un'idea su tutto... - insisté Casals. - Dimmi solo perché.