Umanesimo e positivismo

In Star Trek assistiamo a una mediazione assai matura tra una fiducia, di stampo positivistico, nello sviluppo scientifico e tecnologico, da un lato, e un umanesimo dai forti connotati razionalistici, di tipo illuministico, dall'altro. Punto cardine della filosofia di Roddenberry è la convinzione del valore assoluto della ragione: essa è portatrice di conoscenza e, quindi, di pace. Un uomo colto e razionale è quanto di meglio si possa desiderare per un uso appropriato della scienza e della tecnologia, le quali, se lasciate a uno sviluppo indiscriminato - e qui sta la lungimiranza di porlo in evidenza alla fine degli anni sessanta - non possono fare altro che danni. Una simile visione, di serena ed equilibrata comunione fra uomo e sviluppo scientifico e tecnologico, costituisce l'aspetto più affascinate della serie e diventa componente del suo successo, in quanto motivo di speranza per il futuro.

Un pregiudizio che, tuttavia, la serie classica non riesce a superare più di tanto è quello rappresentato dall'etnocentrismo. La questione è ben esemplificata dalla composizione dell'equipaggio.

Bisogna dare atto a Roddenberry che - in tempo di guerra fredda e poco più di vent'anni dopo l'aggressione giapponese di Pearl Harbour - inserire un russo (Checov), un giapponese (Sulu) e - in epoca di aspre battaglie per i diritti civili - una donna, per di più di colore (Uhura), all'interno dell'equipaggio dell'Enterprise non è cosa da poco: significa affermare che gli esseri umani sono di uguale potenzialità e, dunque, prendere nettamente posizione a favore di un ideale di convivenza pacifica. D'altronde, va anche precisato che le contrapposizioni cui è affidato lo sviluppo drammatico della serie non si verificano quasi mai fra esseri umani, bensì fra esseri umani e alieni.

Dunque, la presenza di un solo alieno, per di più in parte terrestre - il riferimento è a Spock, di padre vulcaniano e madre umana - all'interno dell'equipaggio di Kirk certifica una qualche difficoltà ad andare oltre, a spingersi sino in fondo nel comprendere l'ignoto e imparare a convivere con esso o, meglio, con il dubbio - più o meno inconsapevole - che tutta la razionalità, la scienza, la tecnologia e la saggezza di cui possiamo essere capaci non bastano a conoscerlo.