La mattina del 25 gennaio scorso, Opportunity, il secondo rover della NASA gemello di Spirit, è atterrato sulla superficie di Marte nella regione di Planum Meridiani. L'atterraggio si è svolto secondo le modalità previste, benché sembra che i riscontri telemetrici abbiano mostrato che la sonda, circondata dagli air-bag per attutire l'impatto contro la superficie, abbia rimbalzato sul terreno di Marte per ben 20 minuti prima di fermarsi, un tempo doppio rispetto a quanto si attendevano i tecnici della NASA. E' dunque possibile che i parametri utilizzati normalmente per dimensionare gli atterraggi su Marte, almeno attraverso l'utilizzo di paracaduti frenanti e air-bag, non siano del tutto corrispondenti alla realtà e siano perciò da rivedere. Opportunity si è quindi fermato a circa 24 km rispetto al punto previsto per l'atterraggio, ma per il resto tutto è andato liscio e, dopo aver inviato sulla Terra il segnale di conferma che tutti i sistemi erano a posto, il rover ha mandato le sue prime immagini di Marte, mostrando di essere atterrato in una zona molto diversa da quella scabra e punteggiata di rocce mostrata dalle immagini di Spirit. Le foto di Opportunity mostrano infatti una pianura molto più liscia e dolce, con rocce molto più piccole e sabbia fine. Le prossime immagini ci diranno qualcosa di più. Intanto la sua gemella, Spirit, dopo un black-out di 72 ore che ha fatto temere il peggio, ha ripreso a comunicare con la Terra. Pare che il problema sia nato in seguito a un blocco del comando di rotazione di una ruota anteriore, che ha innescato l'esecuzione di un ciclo ripetuto di reset automatici del computer di bordo. Alla fine, il computer si è riavviato in una configurazione minima, ma questo ha comportato gravi problemi di comunicazione e di immagazzinamento dati. Adesso i tecnici sembrano aver aggirato il problema accedendo a una partizione secondaria della memoria dello Spirit, ma il computer di bordo sembra comportarsi ancora in maniera confusa e inaffidabile. Ad ogni buon conto, il rover è operativo.

Non si può invece dire la stessa cosa di Beagle2. Per il rover dell'ESA lo spettro del fallimento della missione prende sempre più corpo. Le due settimane di silenzio radio per forzare la sonda nella modalità di comunicazione numero 2 (CSM2) non ha dato i risultati sperati e, nonostante tre giorni consecutivi di intense ricerche, sia la Mars Express, sia la Mars Odissey, sia il telescopio di Jodrell Bank non sono riusciti a captare alcun segnale. "In queste condizioni," ha detto in conferenza stampa il Professor Colin Pillinger, responsabile scientifico della missione, "dobbiamo cominciare ad accettare che, se il Beagle2 è sulla superficie di Marte, non è attivo". Questo non significa, almeno per ora, che la missione sia al capolinea. "C'è ancora una cosa che possiamo fare," ha infatti detto lo scienziato, spiegando che si tratta comunque di un'ultimissima chance. "Abbiamo intenzione di chiedere al satellite americano Odissey di inviare un comando al Beagle2 per forzarlo a spegnersi e a riaccendersi." In pratica l'idea è di provare a ricaricare il software in una sorta di "reboot" della macchina, un po' come avviene per i personal computer. "Possiamo inviare questo comando anche attraverso la Mars Express," ha aggiunto Pillinger, giustificando così il coinvolgimento nel tentativo della sonda americana in orbita intorno a Marte. "Ma non potremo farlo fino al 2 o 3 febbraio". Nel frattempo però l'ESA ha di che consolarsi con la scoperta di acqua al Polo Sud del Pianeta Rosso. Le immagini che hanno già fatto il giro del mondo, dovrebbero mettere la parola fine all'annosa questione della presenza di acqua su Marte. E scusate se è poco.