E' una strana Shangai del futuro quella nella quale si svolge la vicenda di Code 46, il nuovo film dell'inglese Michael Winterbottom, regista vincitore dell'Orso d'Oro al Festival di Berlino nel 2002 con il film-documentario sui profughi afgani Cose di questo mondo. Code 46, presentato in concorso alla recente Mostra del Cinema di Venezia, è anche una love story, ambientata in questo poco attraente futuro prossimo venturo nel quale tutte le città sono fortemente controllate da barriere e varchi e dove le persone non possono spostarsi da una località all'altra se non in possesso di opportune carte, sorta di assicurazioni di viaggio. Tim Robbins (Mission to Mars) è William, uomo di famiglia e investigatore assicurativo che sta indagando su un'ennesima truffa compiuta ai danni della compagnia Sphinx per la quale lavora. Grazie ad una sorta di virus che lo rende empatico William può "leggere" la mente delle persone e per fare questa indagine deve spostarsi in un'altra città e dunque attraversare la zona desertica che le separa e nelle cui cittadine vivono sotto stretta sorveglianza innumerevoli sans papier a cui non è concesso di andar da nessuna parte e che quindi cercano inevitabilmente di procurarsi in qualche modo documenti falsi. Durante questo suo incarico William conosce una donna di nome Maria (Samantha Morton, Minority Report) che si rivela coinvolta essa stessa nella contraffazione di tali certificati... Il Codice 46 a cui fa riferimento il titolo si riferisce alla violazione del codice di legge che riguarda appunto il reato di falsificazione di documenti. Il film, per certi versi influenzato sia dalla cronaca internazionale sia dai romanzi di William Gibson e Bruce Sterling, è scritto da Frank Cottrell Boyce (Butterfly Kiss) e vede tra gli altri interpreti anche l'indiano Om Puri (Spiriti nelle tenebre) e la francese Jeanne Balibar (Sade). Winterbottom parla del suo film in questi termini: "Ho scelto un'ambientazione futuristica, ma sono sempre lo stesso e continuo a raccontare la realtà nel bene e nel male" e aggiunge che "l'ambientazione futuristica della storia deriva dalla volontà di decontestualizzare la vicenda e renderla universale". Il film sembra rientrare in quel particolare filone cinematografico che mescola vari generi ed il regista dal canto suo non rinuncia al suo solito gelido e distaccato approccio al materiale narrativo che mette in scena. Producono la BBC, United Artists e Revolution Films, distribuisce in Italia la Fandango.