Ogni qualvolta balza agli onori della cronaca nera un evento delittuoso, scatta l’assedio dei media e una vera e propria narrazione dell’evento. Si parla, molto spesso, in questi casi di un fenomeno che viene etichettato come “spettacolarizzazione dell’informazione”.

Se volessimo inquadrare dal punto di vista storico l’informazione spettacolo, probabilmente il primo esempio di tale fenomeno è la famosa foto del miliziano spagnolo che muore di Robert Capa. La foto venne scattata durante la Guerra Civile Spagnola (1936-1939) e pubblicata, per la prima volta, sul settimanale francese Vu il 23 settembre del 1936. Il suo impatto fu tale che la famosa rivista Life la comprò per il suo numero del 12 luglio del 1937. Oggi, sappiamo che la foto dell’uomo, apparentemente colpito da una pallottola, è un falso: il soldato semplicemente stava cadendo. A trarre in inganno probabilmente furono le didascalie delle due riviste che diffusero per prime la foto. Quella di Vu recitava: “… petto al vento, fucile alla mano, una pallottola fischia, un bellissimo fratricidio e il loro sangue viene bevuto dalla terra madre”. Quella di Life invece: “La macchina da presa di Capa coglie un soldato spagnolo nel momento stesso in cui viene abbattuto da una pallottola in testa davanti a Cordoba”.

Qualche anno più tardi, nel 1938, La guerra dei mondi di Orson Welles, il radiodramma tratto dall’omonimo romanzo di fantascienza di H.G. Wells, che l’allora giovane attore e regista portò alla radio, capovolse la questione: lo spettacolo divenne informazione. Come è noto un annunciatore anonimo interruppe le normali trasmissioni radiofoniche con la notizia che i marziani erano sbarcati nel New Jersey. A questa notizia seguirono di volta in volta altre comunicazioni, tra le quali un discorso drammatico del Ministro degli Interni. Milioni di ascoltatori credettero alla storia e ne derivò un panico generale: la gente fuggiva in tutte le direzioni, dalle città in campagna o dalla campagna in città. Mentre gli Stati Uniti erano in preda al panico Welles, ignaro, continuava la sua trasmissione e scoprì ciò che era accaduto soltanto l’indomani mattina. Anche se poi questa storia del panico è più leggenda che verità, resta il fatto che un certo clamore presso il pubblico la trasmissione radiofonica di Wells/Welles lo creò.

Restando nel campo della fiction, un film di Peter Hyams del 1978, dal titolo di Capricorn One, aveva già segnalato il rischio della manipolazione dei mass-media, della costruzione artificiosa della realtà, della cronaca sostituita dalla fiction. Protagonista del film è lo sbarco su Marte ed in questo senso è strettamente legato all’invasione marziana di Welles. Dopo lunga preparazione e con un contestato impiego di mezzi tecnici e finanziari, la Nasa sta per lanciare verso Marte una navicella spaziale avente a bordo il comandante Charles Brubaker e gli astronauti Peter Willis e John Walker. I responsabili, tuttavia, al corrente di un guasto all'alimentatore che provocherebbe la morte dei cosmonauti in meno di tre settimane, per non deludere l'opinione pubblica e per non dare ragione agli oppositori politici, decidono di simulare la spedizione e costringono i tre all'obbedienza ricattandoli mediante le rispettive mogli Kay, Sharon ed Betty. Le artefatte trasmissioni radiofoniche e televisive, provenienti da una base aerea abbandonata in un deserto, ingannano tutti salvo un tecnico, certo Elliot, che ne nota delle discordanze di sincronismo. Il giornalista Robert Caulfield, messosi ad indagare sulla scomparsa dell'amico Elliot, con l'aiuto della stravagante collega Judy Drinkwater, scopre l'inganno e accorre in aiuto del superstite Brubaker con il rudimentale aereo di Albain. Mentre i rappresentanti del governo USA e della NASA celebrano il funerale ufficiale degli eroi scomparsi, giungono sul posto Brubaker e Robert. Il lieto fine del film, lo smascheramento della bufala mediatica ordina dall’ente spaziale americano, non lenisce il restogusto amaro del film.

Ma che cos’è la “spettacolarizzazione dell’informazione”? Si tratta di un fenomeno nato più o meno alla metà degli anni Novanta. Tutto è iniziato però sulla carta stampata. Titoli sempre più forzati e allarmanti, foto grandi e a colori. La notizia si allarga a dismisura sulle prime pagine dei giornali, usando tutto lo spazio che il giornalista gli concede. L’obiettivo (evidentemente sbagliato) era quello d’inseguire la televisione. Ma in Tv la notizia scorre lungo l’asse del tempo. Si deve tenere desta l’attenzione del telespettatore. E allora ritmo e brevità sono le regole fondamentali di chi fa informazione sul piccolo schermo. Tutto, anche le notizie, dunque, devono diventare story, devono appassionare chi guarda il programma. Questo “sceneggiare la cronaca”, come ha descritto il fenomeno la sociologa Milly Buonanno nel suo libro Leggere la fiction (1996), ha ovviamente due direzioni: una notizia viene trasmessa come se si trattasse di una di fiction, le fiction sono sempre di più tratte da fatti (molto spesso drammatici) realmente accaduti.

Tutto ciò è coinciso anche con la “morte” dell’inchiesta, un genere giornalistico che sia sui giornali che in TV ha sempre trovato storicamente un suo spazio ben definito, ma che oggi sembra scomparsa sia sulla carta stampata sia in televisione. In un qualsiasi manuale di giornalismo alla parola inchiesta possiamo leggere una definizione più o meno di questo tipo: una serie di servizi con particolari indagini su situazioni, fatti o problemi con unità di argomento. Ovviamente le inchieste si dipanano in più puntate proprio per dare spazio all’approfondimento. Ma Molti osservatori del mondo dei mass-media sostengono che oggi l’inchiesta è ormai scomparsa dalle pagine dei giornali.

Oramai i tempi di Welles e i suoi marziani o di Capa e la sua foto del soldato spagnolo sono lontani nel tempo. Viviamo in un mondo dove non solo l'intrattenimento e la fiction vengono continuamente confuse con l'informazione, ma dove a dominare è la notizia falsa, costruita su misura, la cosiddetta fake-news.

Le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione non solo diffondono in modo istantaneo tali notizie false, ma sono in grado addirittura di crearle, basta pensare all’intelligenza artificiale e a come sia in grado di creare immagini, testo, video, suoni che ci forniscono l’illusione della verità.

Un mondo in cui fatichiamo sempre più a distinguere la realtà vera da quella ricreata. E questa possibilità non è fantascienza.