C’è un termine della lingua inglese che trovo accattivante, ed è “unleashed”, che in italiano verrebbe tradotto con “scatenato” anche se il significato attribuito dal Webster e dal Cambridge dictionary è quello di “improvvisa liberazione di una forza che non può essere controllata”.

Mi piace applicare questo termine al genio e alla fantasia di diversi autori, uno dei quali non può che essere Jack Vance.

Mr. Vance, che ha lasciato questa Terra nel 2013 alla veneranda età di 97 anni, è stato un prolificissimo scrittore di fantasy, gialli e, soprattutto, fantascienza, genere che gli ha permesso di liberare la sua potentissima fantasia nella creazione di una miriade di mondi che hanno fatto da scenario ai suoi cicli di storie.

A settembre 2023, nella collana dei Draghi Urania, è stato ristampato il ciclo completo dei Principi Demoni, uno dei capisaldi della produzione di Vance (spesso paragonato /contrapposto al ciclo del Pianeta Tschai). Rileggere, a distanza di anni, le vicende di Kirth Gersen, unico sopravvissuto al massacro della sua colonia, addestrato dal nonno con l’unico scopo di cercare e uccidere i cinque criminali noti come Principi Demoni colpevoli del massacro, mi ha catapultato in un attimo nel mondo dell’Oikumene e del Dilà, le due zone (una “civile” e sottoposta a leggi e l’altra del tutto anarchica) in cui Vance suddivide l’universo dove ambienta la sua storia, facendomi riscoprire il piacere di seguire le vicende dell’eroe, seguendone i viaggi, condividendo gli incontri con civiltà diverse, usanze strampalate, pianeti dalle caratteristiche peculiari.

L’immaginifico world building di Vance si svela anche grazie agli inserti con cui apre ogni capitolo che di volta in volta possono essere brani di libri enciclopedici, trascrizioni di interviste, dichiarazioni di personaggi in vista, poesie, brani di diario personale, leggende, report antropologici e scientifici e ogni altro tipo di introduzione che possa offrire un adeguato stimolo alla fantasia del lettore.

Le tecnologie in uso nel mondo di Vance sono, ovviamente, debitrici del periodo in cui l’autore ha scritto i romanzi e contribuiscono a creare un fascino di retrofantascienza antelitteram, così come le storie mostrano la familiarità che l’autore aveva con i meccanismi del poliziesco (in fin dei conti si tratta di indagini per scoprire sotto quale identità si nasconde il cattivo da punire).

Ma la “unleashed imagination” di Vance afferra pagina dopo pagina, senza stancare, anzi creando il desiderio di andare avanti, capitolo dopo capitolo, spingendo ad un vero e proprio “binge reading”.

Ed è questo che ho riscoperto sorprendendomi: il piacere di leggere, di far lavorare i miei occhi sulla pagina scritta invece che nel seguire un film o una serie.

Un piacere tale da farmi pensare: “speriamo che non ne facciano una serie.”

Per amore di precisione va detto che su IMDB, in data 2018, era stata aperta una pagina denominata Demon Princes Tv Series, ma a tutt’oggi c’è solo il titolo e nulla più.

E, ribadisco, menomale.

Intendiamoci, mi piace seguire le serie e i film in streaming, ma più mi confronto con la pletora di contenuti delle piattaforme e più mi convinco che non tutto quello che è stato scritto nell’ambito della fantascienza ha davvero bisogno di essere trasportato sullo schermo.

Che cosa potrebbe aggiungere o togliere una trasposizione visiva delle avventure di Kirth Gersen al fascino della scrittura di Vance o di tanti altri cicli di altri autori?

Quando ci siamo confrontati con queste opere abbiamo lasciato che tra l’autore e noi si aprisse una comunicazione mediata dalla parola scritta, ovvero da quei simboli che di volta in volta hanno suscitato, grazie alla nostra fantasia, immagini di pianeti, civiltà, società tali da suscitare il mai troppo citato “sense of wonder”. E, di sicuro, per ciascuno di noi le immagini non corrispondono a quelle suscitate dalla fantasia di un altro lettore.

Questo è intrinsecamente parte del piacere della lettura, così come lo è condividere commenti e osservazioni sui romanzi e i racconti per alimentare la comune passione per questo genere.

Attenzione, non è mia intenzione affermare che film e serie sono il male assoluto contrapposti al bene assoluto della parola scritta. I due canali sono semplicemente diversi, e se per la parola scritta l’esercizio del lettore è compensare con la propria fantasia alla mancanza di immagini, per chi vede serie e film, invece è interrogarsi su quanto il regista vuole esprimere con la vicenda che racconta.

E, forse, uno scrittore ed un regista, lavorano al meglio quando hanno tra le mani materiale originale. Basta pensare al lavoro inverso: le novelization. Alan Dean Foster, ad esempio, si è cimentato sia con la trasposizione letteraria di Star Wars: Una Nuova Speranza che di Alien, ottenendo risultati del tutto mediocri perché entrambi i franchising, nati per essere storie da grande schermo si adattavano peggio alla parola scritta.

In conclusione noi appassionati abbiamo la fortuna di poter scegliere sia le storie che le modalità di fruizione, quindi divertiamoci a farlo, a trovare il tempo per il “binge watching” e per il “binge reading” lasciandoci guidare dal nostro gusto e dalla nostra sensibilità per decidere se e quando impegnare ore del nostro tempo per vivere le storie che ci appassionano. E quando ci imbattiamo in universi meravigliosi che ci affascinano profondamente godiamo di quello che c’è senza desiderare per forza che tutto venga trasposto da un medium all’altro, perché spesso la delusione arriva proprio in quel momento.