La fantascienza è un genere particolare, potremmo definirlo flessibile in quanto da un nucleo narrativo originario, basato sulla tecnologia, può poi agevolmente estendersi ad altri settori contigui come l’horror, il giallo, a volte il poliziesco, la fantasy.

È quello che è accaduto all’inizio del genere con Jules Verne alfiere di quella “pura” e H. G. Wells fautore di quella “contaminata”.

Ma oggi vogliamo parlare però non di fantascienza/horror, che poi è un genere abbastanza caratterizzato e che a volte sarebbe forse meglio definire horror/fantascienza, ma di quei film di fantascienza che “mettono paura” e quindi non possono essere classificati tout court contaminati con l’horror.

Una classificazione certamente sofisticata ma che ha il pregio di fare riflettere gli appassionati.

Iniziamo con un film americano che trovo assai esemplificativo di quanto detto e cioè Signs (106’, Touschstone Pictures) che è del 2005, diretto da M. Night Shyamalan, con la partecipazione di Mel Gibson.

La trama è semplice.

In Pennsylvania vive una famiglia composta da Graham Hesse (Gibson) dal fratello Merril e dai due figli Morgan e Bo.

Graham è un pastore protestante che ha perso la fede dopo la scomparsa della moglie in un incidente.

Un giorno svegliandosi Graham scopre che qualcuno ha tracciato nei campi di frumento vicino alla sua casa dei cerchi nel grano e pensando ad uno scherzo chiama lo sceriffo Pasky, una donna sua amica.

Tuttavia di notte Graham si accorge che c’è qualcuno sul tetto e sveglia il fratello ma l’essere si eclissa nei campi di frumento; resta solo un inquietante ondeggiamento delle spighe.

Nel frattempo il figlio si accorgere che in Tv parlano di molti cerchi nel grano comparsi contemporaneamente in tutto il mondo.

Un pomeriggio, dopo essere tornati dalla città da compre, uno dei due figli, Morgan, intercetta una trasmissione attraverso una ricetrasmittente giocattolo della sorella in una lingua sconosciuta.

Si fa strada l’ipotesi che si tratti di alieni e che i cerchi nel grano siano una sorta di codici di identificazione utili a delle navicelle in orbita. Graham tuttavia è scettico e propende sempre per la burla.

Di notte però risente dei rumori in veranda, esce e con una torcia illumina un piede grigio mostruoso scomparire nel frumento.

La tensione sale. In Tv la famiglia Hesse assiste ad un telegiornale che mostra una coorte di Ufo sopra Città del Messico. Essi appaiono sempre a circa 20 Km dai cerchi di grano, preceduti da misteriose luci posizionate a qualche chilometro.

Ray Reddi gli mostra un alieno catturato e richiuso in uno stanzino e Graham comincia a crederci.

Reddi è l’uomo che aveva provocato l’incidente alla moglie per un colpo di sonno.

Nel frattempo si capisce che gli alieni hanno paura dell’acqua per loro letale e che quindi un lago e il posto più sicuro. Tuttavia, dopo una votazione, la famiglia Hesse decide di barricarsi in casa apponendo assi e travi alle porte, alle finestre.

Tramite la ricetrasmittente captano una conversazione in lingua aliena e capiscono che l’invasione è cominciata. La scena viene arricchita da un cammeo per intenditori in cui viene citata la Guerra dei Mondi.

A questo punto si spostano in cantina ma si accorgono di non aver barricato la soffitta e gli alieni entrano proprio di lì. Essi sono dotati di un gas velenoso che fuoriesce dal polso che è la loro unica arma.

Graham nella notte ha un attacco d’asma e i due fratelli decidono di uscire per procurarsi il farmaco contenuto in casa perché ascoltano una trasmissione in cui si dice che gli alieni si stanno già allontanando per lasciare la Terra.

In realtà da loro ce ne è ancora uno, quello che era nello sgabuzzino e che era stato ferito proprio dall’ex prete. A questo punto Merril, ex campione professionista di baseball, impugna una mazza da gioco e lo colpisce duramente mentre l’acqua che cola da un comodino fa il resto.

Nella scena finale si vede Graham che recuperata la fede ricomincia il suo ministero sacerdotale perché l’asma ha salvato il figlio dal veleno gassoso.

In questo film l’elemento della paura si catalizza ovviamente sull’alieno. In genere l’extraterrestre ha sempre avuto problemi rappresentativi nei film perché non si sa come mostrarlo. Farlo vedere apertamente è in genere pericoloso perché si scade quasi sempre nel ridicolo.

La soluzione qui approntata è invece tra le più intelligenti e riuscite: l’alieno viene mostrato poco ma quando lo si vede di sfuggita si rimane spaventati: si tratta di un mostro alto tre metri, muscolosissimo e velocissimo negli spostamenti.

Le mani sono artigliate e dotate di uno spruzzatore di gas velenoso collocato sopra il polso.

Inoltre ci sono altri segni inquietanti che producono paura. I campi di frumento le cui spighe sono spostate dal vento sono uno di questi. Come del resto l’espediente della ricetrasmittente che coglie la lingua aliena, aspra e sibillina o l’altalena che dondola da sola.

Oppure i rumori provenienti dalla soffitta e dalla veranda o l’ “acchiappasogni” –fissato alla porta- che oscilla al vento , sullo sfondo del grano.

Insomma, Signs è un film non molto noto nonostante la presenza di Gibson ma si può annoverarlo tra i film più terrificanti di fantascienza pur non essendo direttamente catalogabile come fs/horror.

L’altro film di cui vogliamo parlare è Alien Abduction (92’, The Asylum) di Eric Forsberg del Usa, 2005, prodotto solo per il mercato Home Video.

Si tratta di una produzione a basso costo (600.000 $), ma molto particolare.

Il film “fa paura” non tanto e non solo per gli alieni, comunque rappresentati in maniera mostruosa, quanto per l’interessantissima trovata narrativa di ambientare tutto in una finta base militare americana mentre ci si trova ancora dentro l’astronave.

Cominciamo col dire che girano diverse versioni. In quella Usa (di poco più breve) alcune scene spinte, come l’elettrochoc punitivo che mostra la protagonista a seno nudo, è tagliata.

La vicenda inizia con un campeggio estivo di quattro ragazzi, Jean Norn, Todd Poole, Richard Cappy e Britney Summers.

Il clima è disteso e vacanziero. Jean è da sola a fare legna mentre i suoi amici sono in città a fare compre, quando una luce compare nel cielo e lei riesce a filmarla. Una volta tornati i suoi amici la prendono in giro sull’apparizione, minimizzandola.

Ma nella notte subiscono l’attacco di alieni mostruosi che li inseguono nel bosco catturandoli con dei legacci e si risvegliano in una astronave, in una specie di sacco grigio ed oscuro che improvvisamente si spacca.

Dalla fessura vedono davanti a loro un lungo corridoio arancione con delle piastrelle semitrasparenti e lo percorrono, ma vengono raggiunti da un alieno che li aggredisce e, apparentemente, se ne ciba. Jean si risveglia in quello che pare essere un ospedale postraumatico militare Usa per il recupero di chi afferma di essere stato asportato.

Nella notte Jean viene punta da uno psichiatra, il dottor Booker, che le installa un chip che le cancella i ricordi del rapimento.

Iniziano dei test cognitivi con delle strane figure che Jean non riconosce. Il test fallisce e quindi non può uscire.

L’ospedale risulta essere un luogo strano in cui viene praticato spesso l’elettrochoc da una sadica, il maggiore Shakti, che la vuole anche lobotomizzare. Anzi scopre che pure i suoi amici sono stati lobotomizzati. Jean, che è una ribelle, riesce a lobotomizzare invece l’infermiera e fugge e così ritrova nel magazzino la videocamera e quindi, osservando il filmato registrato, si ricorda del rapimento.

Il dr Thomas –con cui ha una affettuosa amicizia- le rivela che l’intera struttura è parte dell’astronave aliena. In realtà i tre ragazzi sono stati lobotomizzati ed alcuni rimangono uccisi.

Infatti il progetto degli extraterrestri è quello di catturare i terrestri e sostituirli sulla Terra con dei cloni obbedienti ai loro ordini, mentre gli originali sono infiltrati con delle larve aliene che ne assumono il controllo.

Jean e suoi amici cercano di fuggire, aiutati da Thomas, che però viene ucciso proprio da uno di loro, rivelandosi contaminato dalla larva che scappa.

Lo psichiatra su ordine del maggiore le toglie il chip e Jean riconosce in un test fattole dallo stesso maggiore i simboli alieni fatti di lettere, numeri e del pittogramma che rappresenta il simbolo della “collettività”.

Il film ha una trama complessa, infatti molte interpretazioni che si trovano in giro in Rete sono errate o fraintendono la storia.

In realtà pare che anche Jean sia stata infiltrata dalla larva aliena e proprio tramite l’asportazione del chip riesce a ricordare i simboli della sua razza e a superare così il test. A questo punto Jane e i tre amici cloni vengono rinviati sulla Terra pronti ad obbedire agli alieni. Ma Jane –prima di essere liberata dal chip- è riuscita ad ingoiare la memoria della camera che può provare il piano alieno.

Il film si chiude con i quattro di nuovo nel bosco che vengono intercettati dai soccorsi.

Il soccorritore chiede loro cosa sia successo e Jane chiude il film con una significativa smorfia densa di significato.

Come detto la trama è assai complessa ed è proprio in questa complessità inquietante che sono da ricercarsi gli elementi di particolarità dell’opera da molti sottovalutata e catalogata superficialmente.

Gli elementi paurosi in realtà sono molti e particolari rispetto a molti film similari.