È stato un periodo tumultuoso per i fan di Sense8, una delle serie più difficili da inquadrare nel panorama consueto delle fiction televisive: dopo due stagioni ambientate in otto paesi diversi, con una produzione tanto ambiziosa quanto costosa, purtroppo Netflix si rendeva conto che il numero di visualizzazioni non era sufficiente a mantenere il suo budget e ne annunciava la cancellazione dopo il colpo di scena finale della seconda stagione.
Come ormai sappiamo, i fan di tutto il mondo si sono uniti, non diversamente dai personaggi della serie, in un unico grande coro che chiedeva a gran voce di avere almeno un finale, desiderio infine esaudito e che arriva oggi 8 giugno anche da noi su Netflix.
Dove eravamo

Raccontarvi la completa rete di eventi delle due stagioni precedenti richiederebbe un romanzo, i fan ricorderanno che dopo essersi incontrati per lo più solo tramite connessioni mentali, finalmente Sun Bak (Doona Bae), Nomi Marks (Jaime Clayton), Kala Dandekar (Tina Desai), Riley Blue (Tuppence Middleton), Lito Rodriguez (Miguel Ángel Silvestre), Will Groski (Brian J. Smith) e Capheus Onyango (Toby Onwumere) si ritrovavano realmente insieme a Londra per catturare il loro feroce inseguitore chiamato Whisperer (Terrence Mann) e farsi dire, con le buone o con le cattive, dove la misteriosa organizzazione BPO abbia portato il loro compagno di avventure Wolfgang Bogdanow (Max Riemelt).
Alla fine

Con una durata di ben 150 minuti, il sito The Daily Dot che ha visto il film in anteprima ha raccontato, senza spoiler, che l'ultimo capitolo non riesce forse a chiudere tutti i fili pendenti narrativi, ma quelli importanti li chiude definitivamente.
Insieme a Entertaiment Weekly lo definiscono un film ricco, indulgente, dove le due showrunner Lana Wachowski e Lilly Wachowski hanno avuto totale libertà creativa, creando i, per così dire, supereroi definitivi.
Ambizioso, epico, drammatico, ma anche pieno di speranza, alla fine Sense8 è la storia di una famiglia fuori dai canoni che lotta per ritrovarsi e trovare la pace che merita.
Il film che conclude Sense8 è arrivato oggi 8 giugno anche da noi su Netflix, vi lasciamo con il trailer.
5 commenti
Aggiungi un commentoA me la storia dei costi elevati a causa delle ambientazioni è sempre sembrata stupida: si è semplicemente trattato di prendere qualche aereo per gli spostamenti (per attori e addetti ai lavori, che non sono che poche unità) e di effetti speciali pochi se ne sono visti; se il budget fosse davvero, davvero basso e gli ascolti davvero, davvero pochi, ok, ma non era certo una produzione in costume e CGI alla Game of Thrones, con centinaia di persone coinvolte tra varie troupe e comparse...
Comunque iniziativa da elogiare, troppe serie che terminano senza un finale con un senso compiuto, certo non è un obbligo, ma produrre almeno un film conclusivo senza lasciare lo spettatore in sospeso mi sembra oltre che corretto il minimo sindacale.
Già detto nell'altro post: è così che si dimostra il rispetto verso il consumatore.
L'episodio l'ho appena visto. Capolavoro.
No, non basta prendere l' aereo e gli effetti speciali non sono gli unici costi di una serie televisiva.
Ogni ripresa in paese straniera comporta richiesta di autorizzazioni, tempi di attesa, pagamento di tasse e simili, alloggio per la troupe, ingaggio di comparse sul luogo, visti, ecc.
Oltre a qualche complicazione in fase di montaggio nel caso in cui qualcosa non sia stato ben orchestrato durante le riprese.
Ovviamente una serie di questo tipo costa molto, molto di piu' di una girata in pochi ambienti e con pochi esterni.
Detto questo il problema sembra piuttosto chiaro: mi sono riguardato i primi minuti del primo episodio e campeggia in alto a sinistra la scritta "sono presenti prodotti a fini commerciali".
Bene e' chiaro che una serie che tratta di trasgender, tradimenti, strane forme di parto, comunita' isolate e cacciate perche' geneticamente differenti, ambiguita' morale (tradimenti, collusioni con la malavita, abbondante uso di droghe, ecc) allontana gli sponsor indispensabili per mantenere in piedi la baracca.
Certo i motivi possono essere mille, ma, infatti, il paragone l'ho fatto volutamente con una serie che di set ne ha sparsi per mezzo mondo e ha costi scenografici, effetti, comparse e costumi estremamente costosi; se il paragone si fa con una sitcom (uno, due set/stanze, zero effetti), con al più costi di cast per il successo (vedi The Big Bang Theory), allora il discorso cambia; immagino dipenda solo da quale punto di vista prendiamo...
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