tutti i mondi di star trek
tutti i mondi di star trek
La grande rivincita del liberalismo politico si avrà solo con  Star Trek VI – The Undiscovered Country (“Rotta verso l’ignoto” in Italia). Nel film, il sesto della serie cinematografica e l’ultimo con l’equipaggio dell’Enterprise originale, Gene Roddenberry (che morì prima di vederlo concluso) volle mettere in scena la fine delle ostilità tra la Federazione e i Klingon e l’inizio di una cooperazione pacifica che caratterizzerà le serie successive di “Star Trek”. Già nella nuova serie televisiva, The Next Generation, sul ponte dell’Enterprise compariva Worf, un klingon. I puristi gridarono allo scandalo, ma era il 1987 e Reagan e Gorbaciov erano ormai in piene prove tecniche di distensione. La scommessa fu vinta: una manciata di anni dopo, la Guerra fredda finiva senza che nessuna bomba fosse esplosa. L’Unione sovietica si dissolveva, il nemico di lunghi anni iniziava a parlare agli Stati Uniti come con un amico. Anche “Star Trek” decise di festeggiare l’avvenimento, a modo proprio. In The Undiscovered Country, uscito nel 1991, il tracollo dell’Impero Klingon inizia con l’accidentale esplosione di Praxis, la luna di Qu’onos, capitale imperiale, a causa dell’eccessivo sfruttamento minerario. La dinamica degli eventi e le sue conseguenze – l’avvelenamento progressivo dell’atmosfera del pianeta-capitale – ricordano in maniera fin troppo esplicita l’incidente di Chernobyl, e getta anche un affascinante seppur tragicamente inquietante interrogativo: cosa sarebbe successo se a esplodere, in quel fatidico 26 aprile 1986, non fosse stato il nocciolo di una periferica centrale nucleare ucraina, ma quello di una centrale nei dintorni di Mosca? Probabilmente, proprio quello che viene raccontato nel film. I Klingon non possono fare altro che chiedere aiuto alla Federazione, e intavolare formali colloqui di pace per ottenere l’assistenza tecnica e gli aiuti umanitari necessari per salvare il loro Impero.Ma non tutti sono d’accordo. Da entrambe le parti, i ‘falchi’ si preparano a far saltare i negoziati. I vertici della Flotta Stellare, guidati dall’ammiraglio Carthwright, e l’ambasciatore romulano sulla Terra, stringono un patto con il diavolo, nelle vesti del Capo di Stato maggiore klingon, generale Chang, per assassinare il Cancelliere dell’Impero, Gorkon, e far ricadere la colpa sul capitano Kirk, a cui viene affidato il compito di scortare il Cancelliere e il suo staff sulla Terra per i colloqui di pace. Un piano che, come in Day of the Dove, mira ad accendere la miccia tra i due contendenti attraverso un reciproco, fatale fraintendimento. Una storia ben più reale di quanto si possa immaginare: se i ‘falchi’ americani dello Stato Maggiore e del National Security Council, contrari all’idea di osservare inermi il tracollo dell’Urss, non passarono all’azione dando a Mosca il colpo di grazie, qualcosa provarono a fare i sovietici. Nell’agosto 1991, quatto mesi prima che The Undiscovered Country uscisse nei cinema americani, a Mosca i vertici del Partito Comunista tentarono di rovesciare Gorbaciov, in vacanza nella sua dacia in Crimea, e prendere il controllo dell’Unione sovietica per invertire il processo di dissoluzione. Finì male, per i cospiratori. La storia fece il suo corso, come anche in Star Trek. Non è un caso se Kirk, al termine del film, rivolgeva queste parole ai negoziatori dei colloqui di Camp Kithomer: «Alcune persone temono che il futuro sia la fine della storia». Un monito, forse il più importante mai scritto in un episodio di Star Trek: nel 1991, il futuro sembrava davvero imperscrutabile; ma mentre cassandre come Francis Fukuyama profetizzavano La fine della storia (il titolo del famoso saggio di quegli anni), Kirk, assai più prosaicamente, invitava a non temere il futuro, il “territorio inesplorato” (“the undiscovered country”) che è davanti a noi.