Sul palcoscenico quando si alza il sipario: Luke Devereaux, da solo.Perché cominciamo con lui? Perché no? Da qualche parte bisogna cominciare. E Luke, in quanto scrittore di fantascienza, doveva essere preparato a quanto stava per succedere molto meglio di quasi chiunque altro.

Facciamo la conoscenza di Luke Devereaux. Trentasette anni, altezza un metro e settantacinque, peso attuale una settantina di chili. In testa, un’arruffata capigliatura rossa che non sarebbe mai rimasta al suo posto senza lacca, e lui non avrebbe mai usato la lacca. Sotto i capelli, due occhi azzurri piuttosto chiari, che piuttosto di frequente ti fissavano ;;;con aria ;;;distratta; il tipo di occhi che non sai mai se ti vedono davvero, anche quando ti guardano direttamente. Sotto gli occhi, un naso lungo e sottile, ragionevolmente ben centrato in un volto moderatamente lungo che non viene sbarbato da quarantott’ore o forse più.

Al momento (8.14 p.m., Ora Standard del Pacifico), indossa una T-shirt bianca con il marchio Y.W.C.A. a lettere rosse, un paio di Levis sbiaditi e un paio di logori mocassini.

Non fatevi ingannare dalla scritta Y.W.C.A. sulla T-shirt. Non è un’associazione a cui Luke si sia mai iscritto o si iscriverà mai. La maglietta appartiene, o meglio era appartenuta, a Margie, sua moglie o forse ex-moglie (Luke non era del tutto certo; aveva divorziato da lui sette mesi prima, ma la sentenza sarebbe stata esecutiva solo fra altri cinque mesi). Quando aveva abbandonato il letto e il tetto coniugale doveva averla lasciata fra quelle del marito. Lui raramente portava T-shirt a Los Angeles, e l’aveva scoperta solamente quella mattina. Gli andava benissimo (Margie era una ragazza piuttosto grossa) e lui aveva deciso che, da solo laggiù nel deserto, l’avrebbe potuta tranquillamente portare per una giornata prima di considerarla uno straccio per lucidare la macchina. Di sicuro non valeva la pena di restituirla o spedirla, anche se fossero stati in rapporti più amichevoli. Margie aveva divorziato dalla Y.W.C.A. molto tempo prima di divorziare da lui, e non se l’era più messa. Forse l’aveva lasciata fra le T-shirt del marito deliberatamente, per fargli uno scherzo, ma lui ne dubitava, ricordando di che umore era il giorno che se n’era andata.

Quel giorno a un certo punto gli era venuto di pensare che se l’aveva lasciata per tirargli una burla, la burla le si era ritorta contro perché lui l’aveva scoperta in un momento in cui si trovava da solo e poteva effettivamente mettersela. E se per caso l’avesse lasciata volutamente, in modo che lui la trovasse, pensasse a lei e provasse dispiacere, si era ingannata anche da quel punto di vista. Maglietta o non maglietta, certo, di tanto in tanto pensava a lei, ma non provava neanche il minimo dispiacere. Era di nuovo innamorato, e di una ragazza che era l’opposto di Margie in quasi tutto. Si chiamava Rosalind Hall e faceva la stenografa ai Paramount Studios. Era pazzo di lei. Matto di lei. Folle di lei.

Questo, senza dubbio, era un elemento che contribuiva al fatto che si trovasse da solo, lì in quella capanna, in quel momento, a miglia di distanza da qualunque strada asfaltata. La capanna apparteneva a un suo amico, Carter Benson, anche lui scrittore, che di tanto in tanto, nei mesi relativamente più freschi dell’anno come allora, la utilizzava allo stesso scopo di Luke: alla ricerca di solitudine, alla ricerca di un’idea per una storia, alla ricerca di guadagnarsi da vivere.

Era la sera della terza giornata trascorsa lì da Luke, la cui ricerca non aveva raggiunto nulla tranne la solitudine. Quella non gli era mancata. Niente telefono, niente postino, e nessun essere umano in vista, neppure a distanza.