E' difficile rifare i grandi capolavori della storia del cinema, soprattutto quelli legati al mondo della fantascienza: Il pianeta delle scimmie è tra questi e non fa alcuna eccezione.

Attenzione: non bisogna commettere l'errore di paragonare il film del 1968 con Charlton Heston (che qui ha un piccolo cameo) con la versione di oggi. Sono passati trentatré anni e lo stile immaginifico di Burton riesce a iniettare nuova linfa nella visione delle scimmie antropomorfe che hanno trasformato gli umani in esseri subalterni. Il problema è che se del primo film manca l'afflato maniacale e spirituale, quello che è peggio è il fatto che Burton ha teso a semplificare la trama, rendendo la sceneggiatura più adatta ad un pubblico di bambini che ad uno di adulti. Molto non viene spiegato ed il gioco è tutto teso alle battute e alla semplicità estrema.

L'errore più grande è poi il fatto che per non ambientarlo sulla Terra, Burton ricorre ad alcuni artifici necessari per mantenere la sorpresa finale. Immancabile, ma deludente. Planet of the apes è un film semplicistico che - sebbene visivamente lussureggiante - colpisce per la sua ovvietà e il suo finto senso religioso. Ci sono alcune battute carine, ci sono degli attori bravissimi come Mark Wahlberg, Michael Clarke Duncan, Helena Bonham Carter, la bellissima testimonial di Chanel Estella Warren e un eccezionale Tim Roth, ma quello che manca è un senso ultimo e profondo per una storia che ha ancora molto da offrire, a patto di non dovere soddisfare in maniera smaccata e a tutti i costi il box office. Tra battaglie e dialoghi eccessivamente veloci è venuto meno il senso politico e pacifista della prima storia, in cambio di una giusta accelerazione in senso animalista ed ecologista.

L'errore fatale sta nel fatto, però, che gli umani di questo film parlano e quindi non ci capisce bene quale sia - in fin dei conti - il vero discriminante tra i due mondi. Le scimmie disprezzano gli uomini, ma perché, viene da domandarsi non parlano con loro? Perché non tentato di capire il fatto che hanno la stessa lingua e - poi - dove hanno preso i cavalli?

Il resto risulta eccessivamente marcato. In attesa, forse, di un seguito che non arriverà mai e di una rilettura genialoide di una trama tanto forte, non schiava della dittatura dei produttori hollywoodiani.

Planet of the apes è un film appassionante e divertente, ma non ha niente a che vedere con il suo predecessore, perché non lascia nulla allo spettatore in più di quando è uscito. Anche la mistica delle scimmie, con il loro culto per l'animale che li ha liberati sembra qualcosa di appiccicaticcio su un film fatto di effetti speciali e - soprattutto - di grandi scene di massa, decisamente impressionanti.

Inoltre, il personaggio di Wahlberg non è approfondito, costretto in una gabbia alquanto superficiale e poco convincente. Ed è soprattutto il finale - per forza a sorpresa - ad inficiare una storia dove la fantascienza e l'allegoria dell'inversione di ruoli tra uomo e scimmia è ridotta a mero cliché.