Traven/Travis/Talbert/Travers/Talbot è fortemente un uomo se non l’Uomo dei nostri tempi, tempi in cui “è quasi impossibile essere se stessi, se non nei termini del mondo che ci circonda”.A suggello di quest’altra esplosione, non a caso Ballard cita l’astrofisico inglese Arthur Eddington: “Un individuo è un oggetto quadrimensionale di forma molto estesa, nel linguaggio ordinario diciamo che possiede una grande estensione nel tempo e un’estensione insignificante nello spazio”.

Frammenti psicografici. L’ultima esplosione saliente si estrinseca nella struttura stessa del romanzo, che è frammentata, reiterata e tradisce una profondità frattale al di sotto della superficie apparentemente composta dello stile. Antonio Caronia parla di uno stile caratterizzato da una “fredda musicalità”, dovuta per lo più alla fusione lessicale di termini medico-anatomici o psichiatrici con una prosa tutto sommato lineare, differente da altre sperimentazioni d’avanguardia come quelle, per esempio, di Burroughs.

Sempre Caronia individua nella Mostra delle Atrocità come una sorta di pratica dell’ipertesto, fatta di situazioni e azioni ripetute e dislocate nel fluire della narrazione, come ritornelli di una canzone, o meglio come spot pubblicitari indirizzati al nostro inconscio, sempre più assuefatto alla sovraesposizione mediatica, al punto di riscrivere il concetto stesso di celebrità e mutare il rapporto dei totem psichici dello showbiz con il nostro sistema nervoso centrale.

Da qui La Mostra delle Atrocità come modello anatomico esploso di cui, quasi come sotto l’effetto di un magnetismo maligno, risulti impossibile ricomporre i pezzi, atomi del nostro immaginario condiviso.

Ecco, la grandezza e la peculiarità di questo romanzo forse è tutta qui.

Un’autopsia agli animali che si fanno chiamare uomini, spersonalizzati (perché alienati) nel paesaggio mediatico dell’era post-industriale:

 

... esseri violenti, pericolosi, un po’ psicotici. Non siamo creature ragionevoli, razionali. Certo, poi ci si mette d’accordo su quale lato della strada guidare, questo per non fare incidenti”.

La Mostra delle Atrocità: Iterazione 2 – Il film

La trasposizione cinematografica del libro, realizzata nel 2000 dall’australiano Jonathan Weiss, crediamo che sia l’adattamento più fedele che potesse essere tratto dalle visioni ballardiane nell’ambito di una produzione low budget.Il film, presentato inizialmente allo Slamdance Festival nel 1999 in una versione provvisoria di 105 minuti, è stato successivamente rivisto dal regista e ridotto agli attuali 90 minuti. In quest’ora e mezza trovano posto alcune delle immagini di maggiore carica emotiva partorite dal genio di Ballard: l’ossessione per il corpo femminile, le muse silenziose, le automobili e le sedute di analisi. Un lavoro davvero encomiabile, per quanto possa risultarne ostica la fruizione. Sapere che si sta assistendo a uno spettacolo raro, considerando che il film non ha mai avuto accesso alla distribuzione nelle sale ed è rimasto un oggetto misterioso prima che la compagnia olandese Reel 23 ne acquisisse i diritti per la distribuzione in DVD, aiuterà forse ad apprezzarne meglio l’estetica underground.