Non bisogna scherzare con i viaggi nel tempo. Basta un nonnulla per sconvolgere irreparabilmente il continuum spazio temporale. Dopo Einstein, che l'ha imparato a proprie spese andando nel passato per salvare il mondo da Hitler, con il risultato però di consegnare l'Europa nelle mani dell'armata rossa, stavolta sono i sovietici, usciti sconfitti dai vecchi Red Alert, a sfruttare il prodigioso marchingegno per raggiungere lo scienziato tedesco a Bruxelles, nel 1927, durante la conferenza di Solvay, per impedirgli di aiutare gli alleati angloamericani nella futura guerra. Ovviamente gli esiti non si rivelano esattamente quelli sperati. Tornato nel presente, il generale Krukov scopre di non aver fatto altro che svuotare l'Urss di testate nucleari (senza Einstein, niente bombe atomiche) e favorito l'ascesa di un'altra fazione, l'impero del Sol Levante.

Con i samurai ipertecnologici del signor Sulu pronti a invadere la Russia si apre Command & Conquer: Red Alert 3. Gli sceneggiatori hanno fatto piazza pulita degli intrighi precedenti, creando una nuova dimensione alternativa, dalla quale ricominciare daccapo, comunque nel segno della tradizione. Anche per il suo spin-off rétro, Electronic Arts ha seguito le stesse linee guida adottate per la restaurazione della serie principale, venendo incontro ai fan che avevano criticato Generals.

Red Alert 3 è un gioco di strategia classico confezionato tenendo in mano il bigino di quella che era e si riconferma una rilettura più sarcastica e irriverente della saga. Dallo spietato futuro dominato dal terrorismo globale di Command & Conquer 3: Tiberium Wars, ci si sveglia nel mondo grottesco di anacronistiche superpotenze governate da leader caricaturali, megalomani e pasticcioni. Intanto, sull'onda della trama più leggera, anche il ritmo degli scontri – disegnati coi tratti eccessivi e colorati del fumetto – si fa più incalzante. L'idea è di privilegiare il cuore tattico della battaglia rispetto al tempo speso a organizzare la base e a raccogliere risorse. L'accento sull'azione viene ribadito dalla possibilità di affrontare ciascuna missione tanto da soli quanto in cooperativa, lasciando il controllo dei rinforzi a un amico.

Anche se si è liberi di optare fin da subito per lo schieramento preferito, è consigliabile svolgere con ordine le tre campagne (dalla curva di difficoltà crescente), dalla parte rispettivamente di sovietici, alleati e giapponesi. Il primo e l'ultimo schieramento sono agli antipodi: ultraspecializzate le unità nipponiche, mentre l'armata rossa sfrutta i grandi numeri per soverchiare il nemico. Gli alleati rappresentano un ipotetico equilibrio tra i due estremi.

Ordini, avvenimenti, motivazioni e punti di vista vengono raccontati tramite vezzosi filmati con attori in carne e ossa, marchio di fabbrica della serie originaria degli anni Novanta, quelli del boom dei cd multimediali. Il cast è stellare. Solo per citarne un paio, recitano George Takei (Star Trek, Heroes) e Jonathan Pryce (Brazil, Pirati dei Caraibi). Ma il livello faraonico della produzione coccia con lo stile forzatamente da B-movie. Si sente l'esigenza di un regista capace di dirigere gli interpreti e di dare un'impronta stilistica meno rigida e più personale all'universo in celluloide del gioco.