Quest'anno la Sticcon, la convention ufficiale dei fan di Star Trek in Italia, è sospesa tra un passato remoto e un futuro incerto. Dopo la chiusura definitiva di Enterprise, consumatasi da soltanto una settimana, gli appassionati italiani si radunano a Bellaria per rendere onore all'attore che ha creato il mito di Star Trek ormai quasi quarant'anni fa, William Shatner, il leggendario capitano Kirk.

Se gli altri anni alla convention si vedevano normalmente diversi ospiti, alcuni più e alcuni meno importanti, quest'anno, forse anche a causa dell'elevato costo dell'ospite principale, oltre a vedere Shatner c'è ben poco da fare. Certo, c'è la solita pletora di attorucoli che campano da decenni vendendo le foto di quei cinque minuti in cui sono apparsi in un dimenticato episodio della serie classica, ma fanno più che altro colore.

William Shatner arriva sul palco alle 15.10, introdotto da un Umberto Guidoni visibilmente emozionato, lui che nello spazio c'è stato davvero. La prima battuta di Shatner è che un astronauta italiano è una contraddizione in termini: e si produce in una conto alla rovescia "all'italiana": tre, due o qualcosa così, più o meno, come dire, gente così pigra e pressapochista come gli italiani andare nello spazio, figuriamoci... Guidoni si stampa un sorriso di circostanza sulla faccia e si allontana, sembra di sentire il rumore di vetri infranti del mito che gli è crollato dentro. Shatner continua a dimostrare la sua profonda conoscenza dell'Italia parlando del fatto che pensava finalmente di mangiare spaghetti "bolognese" al pomodoro e invece gli hanno servito una varietà di altri tipi di pasta.

Terminata questa infelice introduzione, Shatner ha esaurito il repertorio e chiede che il pubblico gli faccia domande, o meglio "questione, questione" come ripete a tutto andare dimostrando, anche mescolando un po' di spagnolo (quasi uguale all'italiano, comunque), la sua padronanza delle lingue.

I momenti "migliori" sono un ricordo di DeForest Kelley e del suo piccolo cagnetto chihuahua (Shatner, amante dei doberman, lo considerava un ratto) e qualche aneddoto su Leonard Nimoy, al quale Shatner rubava la bicicletta per arrivare per primo alla mensa (a mangiare spaghetti).

Visto che si stava mostrando piuttosto antipatico, ci girava per la testa di fargli la domanda cattiva, quella sulla figuraccia di Riverside, dove Shatner ha preso in giro un intero paese di suoi fan per girare una sorta di reality show di cattivo gusto. Ma Shatner ci precede parlandone lui stesso, e vantandosene pure.

Shatner si sente una star, è abituato a essere una star, e racconta stupefatto di come all'aeroporto arrivato in Italia gli abbiano passato il metal detector manuale, lui che è il famoso Capitano Kirk, e di come a Bologna sia stato avvicinato da due poliziotti che l'hanno guardato pensierosi e poi hanno esclamato "ehi, guarda, c'è T.J. Hooker!"

Alle 16:10, esattamente un'ora dopo essere entrato, scatta l'orologio interno: Shatner guarda l'orologio, vede che l'ora è passata, ringrazia e saluta. Domenica pomeriggio è previsto il bis, ma noi non ci saremo: per il dovere di cronaca abbiamo già dato.

Come sempre negli ultimi anni, la Sticcon mostra le due diverse anime: quella del club, degli appassionati che si prodigano con tutta l'anima e senza chiedere nulla indietro per la loro passione, lavorando ai banchetti, alla reception, alla sicurezza, e il cui lavoro si vede anche nelle molte fanzine in vendita; e quella più professionale, che cura comunque un'organizzazione perfetta anche se forse a volte un po' spersonalizzata, e che è capace di gestire senza incertezze una folla di quasi millecinquecento persone e di portare in Italia un personaggio di primo piano come William Shatner

Perché, comunque, che William Shatner fosse antipatico, cafone, pieno di sé e anche un po' grasso (meno di quanto ci aspettavamo, comunque) lo si sapeva fin da principio, ma questo non toglie che molti hanno partecipato volentieri alla convention per poter dire io c'ero, ho visto il capitano Kirk di persona, e non gli stretto la mano solo perché lui ha dato precise disposizioni di impedire che qualcuno lo toccasse. Qualche fan tornerà anche a casa contento con il suo autografo, del tutto anonimo (no, Shatner non fa personalizzazioni) e poco più intelleggibile di una grossa "X". E magari tornerà a casa contento anche Shatner, sempre che qualcuno lo accompagni in un posto dove finalmente gli servano dei veri spaghetti al pomodoro. Possibilmente lasciandogli a portata di mano una bottiglietta di ketchup, casomai li trovasse un po' insipidi.