“Un tedesco americano di quarta generazione, oggi residente in mezzo agli agi di Cape Cod (dov’è fin troppo schiavo dei vizi del fumo), ebbe modo di assistere, molto tempo fa, come soldato di fanteria hors de combat, prigioniero di guerra, al bombardamento di Dresda, in Germania, «la Firenze dell’Elba», e di sopravvivere per narrarne la storia. Questo è un romanzo scritto un po’ nello stile telegrafico e schizofrenico in uso sul pianeta Tralfamadore, da dove vengono i dischi volanti. Pace.”

In questa sorta di epigrafe che apre Mattatoio n. 5 è condensato nello stile ironico e brillante di Vonnegut tutto il senso di questo romanzo, nato come ricorda lo stesso autore da un’esigenza interiore, il bisogno di fornire ai posteri una testimonianza del più feroce bombardamento nella storia dell’umanità, un raid che nelle ultime fasi della Seconda guerra mondiale rase al suolo la città di Dresda e seppellì tra le sue macerie 135mila uomini tra civili, militari e prigionieri di guerra. Così va la vita.

La drammatica ricostruzione del bombardamento si intreccia alla storia semiseria di Billy Pilgrim, bizzarro e un po’ svagato americano medio che d’un tratto scopre l’eccezionale capacità di viaggiare nel tempo e nello spazio. In maniera sconclusionata e picaresca Pilgrim attraversa la storia del Novecento, finendo prigioniero degli alieni transdimensionali di Tralfamadore, dai quali verrà esposto in uno zoo fantascientifico come esemplare maschio della razza umana, un novello Adamo in catene affiancato da una Eva che nella sua vita precedente era un’attrice pornografica.

Sono sufficienti queste poche righe per condensare il succo di uno dei romanzi più importanti non solo della fantascienza ma di tutta la letteratura del secolo scorso? Ovviamente no. Basti dire, ricorrendo a un’espressione inflazionata per sopramercato, che questo è un libro che non dovrebbe mancare nella biblioteca di ognuno, tanto dell’appassionato di genere quanto del lettore tout-court. Perché con quest’opera Vonnegut riesce a tracciare un capolavoro sublime di poesia e immaginazione, e mescolando la più grande tragedia del Novecento con invenzioni fantasiose ed esilaranti fornisce uno spaccato quanto mai fedele di quella tragicommedia chiamata vita.

Il romanzo presenta una struttura frammentaria che si regge in magico equilibrio sul ritmo scanzonato della narrazione, sostenuto da continui cambi di scena e prospettiva, con balzi dimensionali che annullano la storia della narrazione in un eterno presente, il che è un riflesso della visione iperstorica dei Tralfamadoriani. Mattatoio n. 5 si apre con un episodio di blocco creativo dello scrittore e prosegue con una parabola che con allegria ci porta a contatto con i luoghi della tragedia bellica, con incursioni occasionali nello zoo di Tralfamadore dove Pilgrim e la sua sposa vengono esibiti a creature curiose e indiscrete. Una letteratura immaginifica e allo stesso tempo di forte impegno, che cerca risposte impossibili interrogando se stessa. Un approccio alla materia del narrato che rende questo romanzo un’opera sublime di trasfigurazione.

“Dopo un massacro tutto dovrebbe tacere, e infatti tutto tace, sempre, tranne gli uccelli. E gli uccelli cosa dicono? Tutto quello che c’è da dire su un massacro, cose come puu-tii-uiit?”

Kurt Vonnegut è nato a Indianapolis nel 1922. Studente di biochimica, si arruolò durante la Seconda guerra mondiale e, caduto nelle mani dei tedeschi, assistette in prima persona al bombardamento di Dresda dal mattatoio in cui trovò riparo e che ha poi dato il titolo a questo libro. Tornato in America, ha studiato antropologia e lavorato come cronista e pubblicitario, tra Chicago e New York. Riconosciuto come uno dei massimi autori americani, ha pubblicato Ghiaccio-nove, Un pezzo da galera, Piano meccanico e Dio la benedica, Mr. Rosewater, tutti editi in Italia da Feltrinelli. Da Mattatoio n. 5 è stato tratto il film omonimo di Roy Hill nel 1972.