Superluminal è la storia di un sogno che si tramuta in emergenza per effetto di un sentimento. Il sogno è quello classico su cui si fonda tanta fantascienza e, con essa, una parte predominante dell’immaginario del Novecento in materia di futuro: la via delle stelle, che per Vonda N. McIntyre assume i connotati del “transito”. L’emergenza è invece quella che rischia di lasciare letteralmente senza lavoro la casta dei piloti, su cui gli amministratori delle rotte commerciali devono fare affidamento per i loro trasporti di beni materiali da un pianeta all’altro. Nuova Snoqualmie, Crepuscolo, Nghtummulun: mondi remoti, spesso ostili, sui quali si è diffusa l’umanità del futuro, non senza sacrifici. I piloti sono forse la categoria che si è fatta carico delle privazioni maggiori, rinunciando a una parte di sé per potere sostenere l’impegno del transito e del governo delle navi durante il viaggio. Una rinuncia che trova la sua piena espressione nell’incipit, non meno paradigmatico dell’attacco di un romanzo per molti versi affine a questo, e di questo libro quasi contemporaneo, come Neuromante:

"Lei rinunciò al suo cuore abbastanza volentieri."

E proprio per questo i piloti manifestano un attaccamento ossessivo allo status raggiunto.

Dopo avere a lungo inseguito il sogno del transito, Laenea Trevelyan riesce a sottoporsi all’operazione che le rimpiazza il cuore con una pompa meccanica, rendendola pronta ad affrontare il volo verso le stelle. Pilota novizia, Laenea commette la sua prima deviazione dal codice dei piloti intrattenendo rapporti sociali e umani al di fuori della casta. Finisce così per innamorarsi, appena dimessa dalla clinica, di Radu Dracul, misterioso colono dall’animo umbratile sopravvissuto alle pestilenze di Crepuscolo, il più duro tra i mondi conquistati dall’uomo. Radu reca sul volto i segni della malattia che ha decimato il suo clan e trucidato la sua famiglia e ritrova in Laenea uno dei membri degli equipaggi che prestarono soccorso a Crepuscolo nella lotta contro l’epidemia. Il loro sentimento determina un legame più profondo di quanto entrambi fossero disposti a riconoscere in partenza, più tenace delle convenzioni imposte dalla gerarchia sociale e dalle invidie di classe. Ma all’improvviso la loro affinità elettiva rivela un tremendo risvolto segreto: per qualche ragione, Radu interferisce con il biocontrollo di Laenea, causandole disagio e malessere fino alle frontiere estreme della sofferenza. Per non esporla a rischi ignoti, Radu decide allora di separarsi da lei. Laenea continuerà tuttavia a rappresentare un punto fermo per Radu, il fulcro del suo universo privato.

Così, quando la neo-pilota viene dichiarata “perduta” nel corso del suo volo di addestramento, inaspettatamente scomparso nel nulla, Radu affronterà ogni ostacolo e insidia pur di offrirle a sua volta soccorso, ripagando il debito maturato nei suoi confronti con un atto di coraggio temerario. A sostenerlo nell’impresa la certezza della propria unicità (Radu scopre di essere l’unico uomo in grado di potere affrontare coscientemente il transito senza sottoporsi all’intervento cui deve prestarsi ogni pilota, come un rito di iniziazione di cui mostrare poi con orgoglio tribale la cicatrice), e l’appoggio incondizionato di una collega mutante, una “tuffatrice”, appartenente a una comunità di uomini che hanno accettato di bioingegnerizzare il proprio organismo per adattarsi alla vita marina. Così come i piloti, indecisi sul da farsi di fronte alla scoperta della dote di Radu, anche la famiglia di Orca si trova a un bivio: imboccare o meno la strada per una transizione ancora più radicale, che porti i tuffatori a integrarsi sempre meglio nel loro nuovo habitat ma, inevitabilmente, sempre più lontano dal ceppo dell’umanità originaria da cui si sono evoluti. E una transizione a un livello cognitivo superiore è anche quello che sperimenta Laenea: la sua scomparsa nella notte del transito maschera infatti una scoperta straordinaria, l’esplorazione della settima dimensione che potrebbe schiudere all’uomo – dopo la via delle stelle – un sentiero ancora più avvincente verso i misteri più reconditi dell’universo, la sua origine e la sua natura.

Biotecnologie, conflitti sociali, nuovi mezzi di comunicazione e nuove lingue, come la vera lingua parlata dai tuffatori o la stupefacente lingua di mezzo che condividono con i cetacei. E ancora oceanografia e lampi di matematica. Tutto questo e molto altro ancora è possibile trovare in Superluminal, un romanzo dalla vocazione universale (mimetica, diremmo oggi, capace di infrangere le barriere dei generi coniugando romance, avventura e fantascienza) e al contempo sorprendentemente in anticipo sui tempi. È un grosso merito della collana Nuova Galassia e del suo curatore Salvatore Proietti (anche traduttore del testo in questione) averlo finalmente presentato ai lettori italiani, a distanza di un quarto di secolo dalla sua uscita. Se da un lato è importante la sua valenza storica, con i prodromi del cyberpunk già codificati nelle invenzioni che costellano queste pagine (innesti protesici, ingegnerizzazione genetica, il richiamo agli ultraleggeri che si addensano nelle pagine di quella rivoluzionaria stagione di scrittura, presagi di un paesaggio ad altissima penetrazione informatica e – addirittura – messaggi spazzatura a saturare la banda dei comunicatori personali dei protagonisti e filtri anti-spam per contrastarne l’invasività), dall’altro Superluminal stupisce per la lucidità critica con cui analizza tematiche come l’evoluzione, la scoperta di nuovi confini per una ridefinizione del concetto di appartenenza, che trascendono la fantascienza e che negli ultimi anni abbiamo ritrovato con una incidenza crescente nelle opere del cosiddetto filone postumanista. In questo senso, se vogliamo individuare un’affinità genetica, nell’albero del genere il romanzo della McIntyre sembrerebbe più vicino a La Matrice Spezzata di Bruce Sterling che non al summenzionato capolavoro di William Gibson. Ma addentrandoci nella lettura, non possiamo che rimanere affascinati dalla trama di riferimenti incrociati che percorrono tutti questi romanzi: dall’attenzione alle culture sotterranee e ai contesti marginali, alla lotta per l’emancipazione, si tratta sempre di fantascienza di frontiera, alle prese con il dilemma di escogitare, in un ambiente in costante mutamento, nuove definizioni per il concetto di umanità e per il suo ruolo nel mondo. Una eredità che possiamo riconoscere, senza troppi sforzi, mutuata dalla space opera di Samuel R. Delany (NovaBabel-17, soprattutto). Vonda McIntyre di suo aggiunge una sensibilità prettamente femminile, tuttavia lontana anni-luce dall’inflazionata dimensione femminista. Un tocco personale che conferisce sfumature uniche e memorabili all’esperienza della lettura, non sempre facile per via di un tono altalenante tra il distacco scientifico e la partecipazione umana, ma che raggiunge nelle pagine finali vette davvero visionarie di poesia.