Un muro scuro ed insondabile taglia a metà il Sistema Solare tra Saturno e Giove dividendo le forze della coalizione terrestre da quelle delle colonie commerciali: solo la squadriglia Purgatory possiede la chiave della soluzione dell'enigma...

Denis Bajram è un artista rinomato e conosciuto soprattutto come ottimo sceneggiatore fin dall'esordio in Cryozone, uno strana opera in equilibrio fra fantascienza ed horror, pubblicata in Francia dall'editore Delancourt. Universal War One è il suo primo lavoro come autore completo e, considerate le sue preferenze, non stupisce che sia la fantascienza il campo in cui ha deciso di cimentarsi per questa sfida. Uscito alla fine del secolo per le edizioni Soleil e recentemente acquisito dalla Marvel per il mercato americano, questo fumetto sarà pubblicato in due paperback curati dalla 001 edizioni proprio quest'anno per la prima volta in Italia. Molti lo hanno definito un incrocio ben riuscito fra La sporca dozzina e Star Trek ma le suggestioni e le atmosfere che Bajram riesce a suscitare vanno ben più in profondità rimanendo come sospese fra anni la fine di un'era e l'inizio di un'altra: una dicotomia che si rivela il peggior difetto ma anche il miglior pregio della narrazione.

Universal War One non esce mai appieno dalla fantascienza che ha caratterizzato il secolo scorso ma ne fa intravvedere gli sviluppi ricostruendo al contempo un contesto classico sia nel design sia nello svolgersi della storia e riuscendo a conquistare lo spettatore con il sapore di una Space Opera un pò datata. Nessuna AI, nessun hacker, nessun cyberspazio e nemmeno campi di forza o motori ultraluce ma personaggi, concezione tecnologica e cornice narrativa che poggiano le loro basi sulla concretezza e la solidità, almeno apparente. La squadra Purgatory, il punto focale degli avvenimenti, è composta da stereotipi con una psicologia complessa, tipologie classiche di protagonisti tormentati che nascondono una storia ben congegnata e motivazioni originali dietro ad ognuna delle loro, a volte sorprendenti, azioni: degni interpreti insomma del palcoscenico allestito dal loro autore. Un palcoscenico costruito con l'accuratezza di un orologio svizzero, in cui tutto risponde alle leggi di causa ed effetto ma con cui l'autore gioca fin dall'inizio, in un sistema di scatole cinesi solo alla fine perfettamente chiaro, mentre si svela l'identità di un'altro attore fondamentale e presente per tutta la lunghezza della storia: il Tempo. Ci troviamo quindi di fronte ad una struttura difficile e rischiosa che, riavvolgendosi su se stessa, evidenzia i propri elementi risolutivi proprio nei suoi primi e timidi passi ma che comunque si distanzia dalle macchinose beffe degne di un Dan Simmons o di un Charles Stross all'apice della forma, avendo come unico obiettivo quello di ricostruire il delicato orologio da lei stessa mandato in pezzi.

I disegni rimangono sempre molto semplici ed evocativi nel gusto e nella composizione con elementi che magari si ritroverebbero molto più a loro agio in bianco e nero, soprattutto senza l'utilizzo degli effetti grafici utilizzati seppur con parsimonia dall'autore. Un ottimo fumetto che porta ad attendere con ansia la sua seconda parte.