Possono i vangeli della Bibbia essere considerati un testo attendibile dal punto di vista storico, oppure no? Si fronteggiano due schieramenti, fortemente contrapposti. Il primo, che trova il supporto degli studiosi vicini al Vaticano, vuole che il testo sia certamente attendibile come documento che testimonia di fatti realmente accaduti. Sin da bambini ci vengono raccontate queste vicende come se fossero assolutamente, indiscutibilmente vere. Secondo un recente sondaggio oltre il 60% degli americani crede che la Bibbia racconti un fatto storico. In realtà su avvenimenti così datati non ci sono certezze, a cominciare dalla vita di Gesù, del quale non si sa nemmeno quando sia nato con certezza. I dati storici affermano che Erode sarebbe morto nel 4 a.C.. Dato però dato che i vangeli di Matteo e Luca raccontano che Gesù nacque sotto il regno di Erode ne consegue che questi dovrebbe essere nato intorno al 6 a.C. e non in quello che viene convenzionalmente considerato l'anno zero dell'era cristiana. Anche sulla morte non c'è chiarezza, documenti certi non ne esistono, il che appare particolarmente strano se si considera che durante gli anni della sua attività in Galilea avrebbe fatto miracoli e predicato di fronte ad enormi folle e tuttavia nessuno tra le autorità si sarebbe preso la briga di documentare il giorno della sua crocifissione. Ancora più strano che per cominciare a mettere per iscritto la predicazione di Gesù i suoi discepoli abbiano lasciato passare decenni. Secondo la tradizione dei quattro vangeli canonici il più antico sarebbe quello di Marco, scritto solo verso la metà degli anni 60, quindi circa trent'anni dopo la morte di Cristo. Gli altri tre sarebbero stati composti tra il 70 e il 90 d.C., anche qui fonti diverse citano date diverse nell'impossibilità di avere certezze. Degli autori solo Matteo e Giovanni avrebbero conosciuto personalmente Gesù, mentre Marco e Luca erano discepoli di Pietro e di Paolo per cui avrebbero attinto ai ricordi dei due apostoli. Detto in altre parole avrebbero scritto solo per sentito dire. Meglio non addentrarci poi sulle numerose incongruenze che si notano tra i quattro testi, né tanto meno sul fenomeno dei vangeli detti apocrifi e non considerati canonici dalla chiesa cattolica. C'è quasi da sospettare che i quattro "ufficiali" siano stati alla fine scelti semplicemente perché erano quelli che contenevano meno contraddizioni tra di loro e anche perché erano i più facilmente comprensibili rispetto a tutti gli altri che già nel 300 il teologo Origene bollava come eretici. Nei vangeli canonici si dice poco o nulla sulla fanciullezza di Gesù, silenzio colmato da quelli apocrifi (da "apocriptos" ovvero segreto, nascosto) nei quali però è spesso ritratto come un piccolo capriccioso e prepotente, che compie miracoli d'ogni sorta spesso penosi e senza alcun valore spirituale, semplicemente per dimostrare il proprio potere. Esempio: un ragazzo urta Gesù bambino e Gesù lo fa secco, i genitori del morto si lamentano e lui li acceca. Non esattamente il tipo d'immagine che viene raccontata ai bambini a catechismo. All'interno della ragionevolezza della fede si colloca il problema della storicità dei Vangeli, ma anche di fronte a lacune e contraddizioni l'autorità ecclesiastica ricorre al principio dogmatico secondo il quale se i vangeli sono la parola di Dio, cioè se Dio stesso ne è l'autore o quanto meno l'ispiratore, allora non possono essere sbagliati. Di fronte a questi argomenti chiaramente ogni tentativo di riflettere e capire si scontra contro il solido muro della conveniente indiscutibile sacralità dogmatica dell'opera. Meglio pertanto passare oltre e arrivare all'oggetto che ha rilanciato il dibattito su Gesù e sul suo messaggio.