Come filmaker cosa pensa dell'abitudine di far dirigere alcuni degli episodi di una serie televisiva a uno degli attori, facendolo così esordire alla regia? E' un'abitudine non solo di Star Trek, ma anche di altri telefilm di successo...
Personalmente lo trovo un po'incestuoso. Gli attori che diventano registi sono un fenomeno che può nascere solo sulla lunga distanza.
Secondo lei è un limite della serie?
Non necessariamente. Il fatto è che una serie di telefilm nel momento in cui esce dal piccolo schermo per diventare un film incontra alcune difficoltà rilevanti. A partire dall'idea un po' promiscua di trascinarsi indietro tanti personaggi noti. Un regista sceglie i suoi attori. In Nemesis ovviamente non ho potuto godere di questo lusso. Il buon casting è il fondamento di qualsiasi regia. Personalmente, però, ho avuto la possibilità di compiere quel tipo di scelta che avrebbe determinato la fortuna del film. Ovvero quella del personaggio di Shinzon che - alla fine - è andato a Tom Hardy. Desideravo trovare un ragazzo giovane, che inconsciamente restituisse al pubblico l'idea dell'adolescente con qualche problema, che somigliasse abbastanza a Patrick Stewart da non fare domandare continuamente allo spettatore come potesse essere un clone, che fosse sconosciuto e che - soprattutto - potesse reggere il confronto con il personaggio di Jean Luc Picard. Ho fatto degli screen test a sei persone in particolare dopo avere visto circa duecento provini su cassetta. A dire il vero avevo trovato già un ragazzo che mi piaceva molto: il problema? Era troppo somigliante a Patrick Stewart al punto che non si capiva perché avrebbe dovuto, in fondo, essere una persona diversa. Così ho scelto Tom Hardy per due ordini di motivi: da un lato Tom è più spigoloso di Patrick (e non solo per motivi d'età) dall'altro, perché è un interprete dotato di un grande sex appeal.
Qual è la scena che preferisce con questo personaggio?
Quando lo presentiamo al pubblico: è una sequenza molto teatrale.
Durante le riprese si è parlato di un misterioso furto...
Purtroppo mentre eravamo già sul set si è verificato l'attacco terroristico dell'11 settembre. Da quel momento in poi le misure di sicurezza degli Studios hanno assunto livelli quasi imbarazzanti. Nonostante andassi al lavoro ogni mattina e vi restassi per ore e ore, ero sottoposto a controlli ferrei ogni volta che passavo. Un giorno arrivo sul set e mi accorgo che manca la poltrona di Picard. Chiedo al mio assistente: "Dov'è la sedia del Capitano?" e scopro, così, che nonostante tutti i controlli era stata rubata quella notte. Da quel momento in poi, ogni volta che guardavo la CNN mi aspettavo di vedere Osama Bin Laden che minacciava il mondo seduto comodamente nella poltrona una volta appartenuta a Jean Luc Picard.
A proposito di effetti digitali: Nemesis è pieno di battaglie...
Tre grandi scene di battaglie per l'esattezza. Ne vado molto fiero, perché possono essere paragonate a quelle di Guerre Stellari.
Farebbe un altro film di Star Trek?
Sì, a patto che abbia una buona storia. Ma questa è una regola che vale per molti film.
La sfida sta tutta lì: un regista di Star Trek può dare un contributo limitato. Per me era importante potere tentare di realizzare il migliore dei dieci, mettendo ogni singolo dollaro che avevamo sullo schermo. Non so se ci sono riuscito...
Cosa l'affascina di più di questo tipo di fantascienza?
Che non ha nulla a che vedere con il futuro, bensì con il nostro presente e con molte questioni di natura contemporanea. La nuova frontiera in realtà è di natura filosofica con soggetti e temi che appartengono al nostro quotidiano.
Qual è il suo personaggio preferito della saga?
Kirk, perché aveva un grande senso dell'umorismo e aveva molto successo con le donne. Per questo ho tentato di far perdere un po' di peso all'integrità del personaggio di Patrick Stewart. Picard in Nemesis è più simile a Kirk: meno formale, più amicone e uomo d'azione.
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