Star Wars non sarebbe lo stesso senza le persone che grazie alla loro inventiva lo hanno reso celebre attraverso le proprie capacità manuali, concettuali e rivoluzionarie. Stiamo parlando dei responsabili degli effetti speciali, nelle persone di Dennis Muren, Phil Tippett, Joe Johnston e Rose Duignan.

Non solo hanno saputo trovare espedienti per traslare le idee (di non sempre facile comprensione) di un giovane ed esigente George Lucas agli esordi ma hanno contribuito a rivoluzionare il concetto di “effetto speciale” per tutti i film successivi, di genere e no. Sono i geni della ILM. Il 27 maggio su Disney+ è uscito un documentario con protagonisti questi precursori, Light & Magic.

A questo è stata dedicata la mattinata del secondo più “rilassante” giorno della Star Wars Celebration di Anaheim. Purtroppo uno degli ospiti più attesi, Lawrence Kasdan era costretto a casa dal covid (ha partecipato in collegamento via Zoom) ma abbiamo avuto la possibilità di poter chiedere direttamente (durante la conferenza stampa riservata, successiva al panel) alcune curiosità ai partecipanti. Nello specifico, la nostra inviata sul posto Francesca Tulli ha chiesto a Phil Tippett (due volte premio Oscar, responsabile tra le altre, delle creature, le marionette e gli animatroni usati in Il Ritorno dello Jedi, anche ospite del Trieste Science+Fiction 2019) se mai si fosse pentito di aver dato un determinato aspetto ad un personaggio di sua creazione. Ha risposto: 

No! (con un certo orgoglio ndr.) Voglio dire molte persone hanno lavorato su quelle “cose” e non sono mai usciti fuori dei rimpianti, prendiamo per esempio Jabba The Hutt… no aspettate, non è del tutto vero! Io Ralph (McQuarrie) e Joe abbiamo contribuito al design e George non e r convinto; era del tipo ‘naa… mm’ e noi eravamo preoccupati e abbiamo proposto diverse maquette per convincerlo, poi c’era la questione di dover coinvolgere più di un attore a dover mettere quel costume, non è una questione di “rimpianto” ma è stato… complicato. Come per molti altri film! Quando lo abbiamo visto sullo schermo abbiamo pensato Holy shit!.

Al panel era presente anche Ron Howard, che si è detto orgoglioso per il lavoro di regia svolto da sua figlia Bryce Dallas Howard su The Mandalorian. Commosso, ha espresso il suo appoggio a tutte le donne, che da sempre hanno lavorato nel settore, con l’approvazione di Rose Duignan, sempre in prima linea sul fronte degli effetti visivi. Con un timore quasi reverenziale si è parlato anche della invasiva CGi che caratterizza il nuovo “cinema”: la computer grafica è il pane quotidiano di Lucas che (nel bene e nel male) fu pioniere nell’utilizzarla, ma non si può prescindere dalla resa degli effetti tradizionali; Grogu, protagonista di Mandalorian è stato preso come esempio egli è un ibrido, figlio delle due scuole di pensiero che ha messo d’accordo annose e difficili confronti tra ciò che non sarà mai “né vecchio né obsoleto” (per parafrasare Terminator) e ciò che permettono le nuove tecnologie a cui bisogna trovare un freno per evitare che diventino superate in pochi anni. La magia ha molte forme, l’arte non invecchia mai.