Avete mai sentito parlare di Abraracourcix? È il capo del villaggio degli Irriducibili Galli dove vivono Asterix, Obelix e tutti i loro amici protagonisti del famoso fumetto di Uderzo e Goscinny e ha una sola paura: che il cielo possa cadergli sulla testa.

Roland Emmerich si è parecchio dato da fare per aiutare quanti condividono la paura del capo dei Galli ad esorcizzarla con il suo ultimo film: Moonfall.

E, siamo seri, chi se non Emmerich poteva occuparsi di cotanta catastrofe? Ovviamente il responso della critica negli USA (i primi a vederlo) è stato abbastanza scontato, nonché riassumibile nella emblematica frase: “Più che un film catastrofico è una vera catastrofe.”

In realtà Moonfall è un classico film della cinematografia di Emmerich, né più né meno.

Chi compra il biglietto e va a vedere uno dei suoi film sa benissimo che dovrà attuare non la sola sospensione dell’incredulità, ma quella di ogni attitudine logica pronto a rimpinzarsi di trame scritte “un tanto al chilo” e popcorn. È davvero necessario applicare a un film di questo genere una scala critica adatta a (per citare il primo film che mi viene in mente) 2001 Odissea nello Spazio? Sarebbe come paragonare un Cinepanettone ad un film di Sorrentino.

Tutti ricordiamo sequenze classiche di Emmerich come la Casa Bianca distrutta in Independence Day o la Statua della Libertà congelata in The Day After Tomorrow, vero? Bene, qui i frammenti di luna che precipitano sulla terra decapitano il Chrysler Building a Manhattan mentre suscitano enormi ondate di marea sulla costa del pacifico.

Tuttavia quello che si rende evidente nel film è un maggiore scivolamento non intenzionale verso toni da commedia, e ad aggravarne il senso è anche il paragone con Don’t Look Up (che in teoria sarebbe dovuto uscire dopo e non prima di Moonfall, COVID permettendo) che nell’approccio da black comedy pervasa di cinismo ha uno dei suoi punti di forza.

I due protagonisti, interpretati da Halle Berry e Patrick Wilson (Nite Owl in Watchmen e Ed Warren in The Conjuring), sono due astronauti che, undici anni prima della vicenda del film, sono sfuggiti ad un incidente mentre riparavano un satellite. Incidente durante il quale il personaggio di Wilson afferma di essere stato attaccato da una forza oscura e malvagia che avanza nel vuoto siderale.

Undici anni dopo, dicevamo, troviamo Halle Berry nel ruolo di donna forte e in posizione dirigenziale (vicedirettore della NASA) mentre Wilson è in disgrazia, ritenuto un pazzo visionario anche perché si ostina a credere nella mostruosa entità spaziale che presto o tardi ghermirà anche la Terra. Completa la rosa dei protagonisti John Bradley il quale, dismessi i panni di Samwell Tarly ne Il Trono di Spade, veste i panni del nerd astronomo dilettante che ingurgita solo junk food e riesce per primo ad individuare un comportamento sospetto nell’orbita della Luna.

Ed ecco che su tutti i cellulari di tutte le persone del mondo arriva un allarme: la Luna si è spostata dalla sua orbita e la Terra la sta inesorabilmente attirando nel proprio campo gravitazionale.

Si prevede, quindi, che il satellite inizierà a perdere pezzi che cadranno sul pianeta.

I terrestri di Emmerich sono apparentemente meno variamente affetti da disturbi del comportamento e della psiche rispetto a quelli di Don’t Look Up, infatti si fidano subito, senza sfinirsi a discutere sui social, della catastrofica notizia e scatenano il tutti contro tutti, mors tua vita mea, homo homini lupus in un attimo. Nel frattempo i protagonisti, riescono ad organizzare la più classica delle missioni: se qualcosa vuol cadere sulla Terra i terrestri la intercettano e la fanno esplodere, peccato che Bruce Willis e i suoi siano irrintracciabili.

Il piano sarebbe perfetto se la Luna fosse il satellite che tutti pensiamo sia. Ma quando Donald Sutherland (che deve pur sempre guadagnare qualche dollaro per la pensione) nei panni di un ex funzionario NASA allude a “cose mai raccontate” riguardanti la missione Apollo 11 (1969 primo sbarco dell’uomo sulla Luna) e un misterioso evento accaduto durante quei giorni, beh, il sospetto attanaglia lo spettatore.

A questo punto i finali possibili sono due: o la Luna cade e addio Terra o la Terra si salva.

Ma…

Ma la Luna si rivela essere non un satellite bensì una struttura artificiale costruita miliardi di anni fa da umani dotati di una tecnologia talmente avanzata da aver anche creato una intelligenza artificiale così sofisticata da voler fare qualcosa di mai sentito prima: distruggere tutta la vita biologica colpevole di averla creata e messa in schiavitù.

Già perché la forza avversa non è un alieno, ma una IA malvagia!

Esplorando l'interno della luna il terzetto degli eroi  (perché l’astronomo dilettante viene cooptato, e serva da monito a tutti gli astronomi dilettanti, se notate qualcosa di strano limitatevi a fare una soffiata anonima sennò vi ritrovate kamikaze spaziali come niente) scopre la verità: tanto tempo fa, in una galassia lontana, lontana, i nostri antenati avevano raggiunto un livello di tecnologia altissimo e pacifico fino a quando l'intelligenza artificiale da loro creata (guarda un po’) si ribellò. Presagendo la distruzione del loro mondo essi inviarono nello spazio non un superbambino ma una flotta di megastrutture con scorte di DNA umano per trovare mondi abitabili affinché l'umanità potesse rinascere e ricominciare. Quella che alla fine sarebbe diventata la nostra luna è stata l'unica che ha trovato una nuova casa per l'umanità.

I tre non solo svelano questi segreti ma trovano anche un alleato nel sistema operativo stesso della Luna che pensa bene di scaricare tutte le informazioni necessarie alla sconfitta della malvagia IA nel cervello di Patrick Wilson rendendolo di fatto una banca dati preziosissima per il futuro sviluppo tecnologico terrestre. Con guizzo eroico, l’astronomo dilettante si sacrifica al posto dell’astronauta/banca dati distruggendo la IA e facendo tornare la luna alla sua orbita normale mentre la sua coscienza viene resa parte del sistema operativo della stessa Luna.

Mi è venuta un'idea.
Mi è venuta un'idea.

Pianeta e satellite sono un po’ diversi ora: la Terra è una post-Emmerich classica: ferita, acciaccata ma pronta a risollevarsi con un sigaro tra i denti come farebbe Wolverine, la Luna, invece, ha perso il rivestimento roccioso e somiglia in maniera inquietante alla Morte Nera (con nel sistema operativo un astronomo dilettante, non dimentichiamolo) ma, soprattutto, ha massa diversa che inevitabilmente produrrà alterazioni sulle maree e sul sistema astronomico Terra Luna.

E come sarà, allora, la nuova Terra? Che tipo di vita avranno i terrestri? Quale sviluppo tecnologico futuro?

Qualcuno ha detto sequel?

Effettivamente la possibilità, nel finale, si intravede.

Insomma, se non fosse per i troppi momenti di involontaria commedia, Moonfall starebbe bene alla pari con Independence Day (non con il suo sequel e, a proposito, se può interessarvi ne sta per arrivarne un altro)

Il film, infatti, pur pescando a piene mani tra tutti i topoi più classici della fantascienza ne fa un mix assolutamente emmerichiano riuscendo perfino ad incuriosire riguardo la ricostruzione della Terra magari fatta utilizzando la tecnologia avanzatissima scaricata nel cervello dell’astronauta e, soprattutto, se ci lasciamo andare al gioco, pensando a quale razza di minaccia apocalittica potrebbe impensierire una simile Nuova Umanità.

Ovviamente sono domande che di sicuro non ci toglieranno il sonno.

L’unica cosa certa è che nell’attesa di un eventuale nuovo capitolo, qualsiasi terrestre tra quelli sopravvissuti nel film potrà, in una qualsiasi notte di plenilunio, alzare la testa e citare Obi Wan Kenobi dicendo: “Quella non è la luna. È una stazione spaziale.