Era il 24 giugno del 1978, in Giappone usciva Sutaa Woozu, un film americano, creato da un giovane regista californiano George Lucas, che con la sua osteggiata determinazione, portava avanti il suo progetto più ambizioso. Come ogni forma d’arte occidentale, dai dipinti di Alfons Mucha ai concerti di David Bowie, nel panorama cinematografico Star Wars lasciò negli anni settanta un impronta indelebile nel Sol Levante specialmente sul fronte dell’animazione. Cambiò il gusto estetico del genere Mecha (o Robot Anime) che dal 1940 al 1972 era tutt’altra cosa, senza autorizzazione i negozi producevano giocattoli di ogni forma palesemente ispirati al film, Stormtrooper ibridati con Mecha, Keshigomu (le gomme da cancellare) colorate della Maruka Takara con i personaggi più noti da Chewbacca a R2-D2 facilmente riconoscibili nonostante fossero vendute con i supereroi del telefilm Super Sentai (che per un caso curioso originarono i Power Rangers).

C’era un motivo per cui più di altre, questa saga colpì l’immaginario collettivo di un popolo che aveva già una propria cosmologia che definiva il loro gusto di fantascienza e fu proprio l’influenza che ebbe Akira Kurosawa su Lucas, che grazie al suo amico John Milius, si avvicinò al genere Jidai-geki, i period drama che narrano le gesta dei Samurai prevalentemente dell’epoca Edo (1603-1868).

Questo seme piantato in Star Wars Episodio IV: Una nuova speranza (1977), germoglia oggi nella serie di corti animati Star Wars: Visions che restituisce simbolicamente agli Stati Uniti, l’ispirazione tanto fruita. 

Dimenticate le trilogie, il concetto di Expanded Universe le denominazioni “Legends” e “Canon” in questa versione di Guerre Stellari non esiste nulla di tutto questo (fino a prova contraria!) è stata data piena libertà di esecuzione, la creatività sopra ogni costrutto.

Katane Laser, Kimono Jedi e fiori di ciliegio che crescono su avamposti Imperiali, J-Rock, villaggi rurali oppressi da forze nemiche in cerca della Forza è difficile parlare della serie nella sua totalità perché ogni studio ha presentato un episodio differente, un comune fattore è la fluidità delle immagini, il comparto sonoro (scordatevi John Williams) e le linee guida generali probabilmente suggerite da Disney stessa (si evince che fossero: di utilizzare quanto più possibile “Che la Forza sia con te” e “Ho un gran brutto presentimento” nella stesura dei dialoghi). Gli stili anime però sono differenti andiamo dunque a parlare di ogni singolo episodio.

ATTENZIONE SPOILER 

vi suggeriamo di non leggere questo articolo che contiene grosse anticipazioni se non avete visto ancora la serie nella sua totalità.

Episodio 1: The Duel  

Kamikaze Douga (JoJo’s Bizzarre Adventure: The Animation) prende la fotografia di Yojimbo di Akira Kurosawa (1961) e lo riscrive. Un Ronin vagabondo, difende dai banditi un villaggio, fino all’apparizione di una misteriosa Sith, che utilizza le spade laser montate su un ombrello Wagasa. I due ingaggiano uno spettacolare duello, sullo sfondo un bimbo ribelle e un Sullastiano esperto di robotica. L’episodio è in bianco e nero. I pochi elementi a colori sono sapientemente utilizzati per connotare i personaggi. Il corto ha una sua novel correlata Ronin: A Visions Novel (di Emma Mieko Candon).

Episodio 2: Tatooine Rhapsody

Studio Colorido (A Whisker Away) propone un episodio scanzonato. Il giovane padawan Jay, viene salvato da un simpatico Hutt ed entra a far parte della sua banda J-Rock, gli Star Waver, fino a quando il temibile cacciatore di taglie Boba Fett interrompe un loro concerto. Vediamo una folla di alieni di razze già conosciute (Duros, Rodian, Ithorian) ma anche creature e droidi completamente diversi anche tra i protagonisti. Un ottimo candidato per essere il preferito dai bambini.

Episodio 3: The Twins

Studio Trigger (Darling in The Franxx) scrive la storia di due gemelli, un maschio e una femmina,  Karre e Am, figli del lato oscuro della Forza, l’uno contro l’altro, speculari sono tutte le immagini (compresi gli Star Destroyer identici e legati) a rafforzare graficamente il concetto di diade, decostruendolo da quello proposto ne L’ascesa di Skywalker. Psichedelico e assurdo nella rappresentazione e nella concezione (lui ricorda Luke Skywalker ma cresciuto nelle strade alla moda di Shinjuku, lei Am utilizza tante spade come il Generale Grievous e possiede un armamentario che fa impallidire Darth Vader ma ha le sembianze di una ragazzina bionda, che nel gergo otaku potremmo definite una “best girl waifu”). Lo Studio è famoso per le sue bizzarrie non manca neanche qui di proporle.

Episodio 4: The Village Bride

Studio Kinema Citrus (The rising of Shield Hero) crea un corto fantasy. Alla vigilia di un matrimonio e un sacrificio (la sposa è decorata con delle corna che ricordano i Motral delle Togruta) una Jedi, si ritrova a dover combattere contro i separatisti dei mercanti. Di sfondo la campagna giapponese, famosa in occidente grazie ai capolavori di Hayao Miyazaki. “Noi siamo il cielo, noi siamo la foresta, noi siamo uno” recitano i due protagonisti della puntata, riconducendo il concetto di Forza, alla magia, l’essenza  della natura, chiamata “Magina”. Un bel ritorno al concetto originario della Forza che “Ci circonda ci penetra e mantiene unita tutta la Galassia”. 

Episodio 5: The Ninth Jedi 

Lo studio Production I.G (Ghost in the Shell) abbandona il cyberpunk. Nel tentativo di ristabilire l’ordine Jedi un misterioso Margravio, conduce delle persone sensibili alla Forza nella sua fortezza, è compito di una giovane ragazza, Kara figlia di un fabbro costruttore di Spade Laser, portare l’arma leggendaria all’incontro. Braccata dal nemico e ignara di cosa l’attende la protagonista, porta l’eredità della figura di Rey. 

Episodio 6: T0-B1

Sience Saru (Japan Sinks 2020) si è dedicata alla storia di un “tenero piccolo” droide, o meglio un ragazzo cibernetico creato dal professor Mitaka, è nella sostanza un piccolo Astro Boy che sogna di diventare un cavaliere Jedi. Osamu Tezuka, nella sua opera sopra citata (del 1952) omaggiava il nostrano Pinocchio di Collodi, a sua volta prendendo come rifermento la versione del classico  Disney. Questo episodio tocca delle corde molto care agli appassionati della saga, è una commovente dedica a tutte le persone che hanno sognato nella vita di diventare un “vero Jedi”. Ovviamente il nome del protagonista, T0-B1 è una citazione studiata e va letto in inglese. 

Episodio 7: The Elder

Il secondo corto anime dello Studio Trigger, dopo lo spiazzante The Twins (vedi sopra) è paradossalmente l’unico della serie a portare lo stampo delle serie animate di Star Wars che siamo abituati a vedere (The Clone Wars, Rebels) nella stesura della storia, negli abiti e le fattezze dei protagonisti. Un maestro Jedi e il suo Padawan, indagano circa la possibile presenza di un vecchio Sith su un pianeta misterioso. Li attende un duello potenzialmente mortale. 

Episodio 8: Lop e Ocho

Geno Studio (Golden Kamuy) osa una protagonista antropomorfa, Lop è una ragazza coniglio venduta al mercato degli schiavi. L’Impero sottomette la galassia, Ocho e suo padre una famiglia di umani la salvano da un triste destino, le due ragazze diventano sorelle. Tuttavia Ocho è affascinata  dalla propaganda dell’Impero e si rivolta contro le idee ribelli di suo padre, all'idealista non resta che riporre la sua fiducia nella giovane Lop. Le due sorelle si schierano l’una contro l’altra. Dal punto di vista grafico, è il più ricco di particolari, si è scelto di affiancare l’abbigliamento  e il trucco tipico dell’epoca Edo, all’eleganza delle divise imperiali. Nelle fila dei cattivi spicca ancora una volta dopo Rogue One e The Mandalorian l’Imperial Securirty Bureau (ISB). Lop non è il primo coniglio ad apparire nella saga, il precedente è Jaxxon T. Tumperakki uno dei personaggi chiave delle storie a fumetto scritte dalla Marvel nel 1977 ora canonico. Non sappiamo tuttavia se Lop appartiene alla stessa razza, Lepi.

Contro ogni pronostico sotto tutti i punti di vista risulta uno dei migliori episodi della serie 

Episodio 9: Akakiri

Secondo episodio diretto dallo Studio Science SARU. Una giovane principessa guerriera armata d’arco, con un acconciatura a ciambelle innamorata di un Jedi, a dorso di cavalcature che sembrano uscite da un fumetto di Moebius, si mette in viaggio per vendicare suo padre contro un nemico spaventoso, di cui solo l’ombra del viso ricorda la silhouette del casco di Darth Vader. Uno spiazzante episodio conclusivo semplice ed efficace.

In conclusione resta la domanda più ovvia, quanto i giapponesi avrebbero potuto osare se non avessero avuto il compito di stupire il pubblico americano? vale per questa serie la riflessione che chi ha vissuto in quelle terre si è posto guardando le cerimonie delle Olimpiadi di Tokyo 2020, dove si evince una chiara voglia di presentare un Giappone ricco di tradizioni ma anche di nascondere le contraddizioni che emergono nei prodotti fatti per restare all’interno dei loro confini. 

Ma è innegabile questo esperimento è affascinante.

Il progetto “Visions” porta questo nome perché le personali “Visioni” degli autori sono un grande omaggio a Star Wars, dove non esistono barriere alla fantasia quando si ha il coraggio di uscire dagli schemi, destrutturare, riscrivere e produrre qualcosa di alieno e mai visto prima, per certi versi strano per l’occhio d’occidentale viziato dai canoni scritti da altri. 

L’intera serie è disponibile su Disney+ dal 22 settembre 2021.