“Provo pena per te, Iron Man!  Non hai il minimo sospetto della mia esistenza ma nondimeno sei in cima alla lista di quelli che il Mandarino ha giurato di distruggere!... e il Mandarino non fallisce mai!” Mandarino – Terra 616

“Il Mandarino, presumo? La sua ospitalità lascia molto a desiderare.” Anthony Stark – Terra 616

Uno degli elementi che maggiormente affascina i lettori di Iron Man, stiamo parlando chiaramente del fumetto, è la sua estrema “umanità”, in tutte le sfumature che si possano immaginare. In un mondo di superesseri e metaumani, Anthony Edward Stark, meglio conosciuto come Tony, è semplicemente un uomo, eccezionale magari, ma con tutti i limiti ed i punti di forza di un essere umano. Non gli scorre nelle vene il siero del supersoldato, non riesce a trasformarsi in un mostro ai raggi gamma e nemmeno è stato morso da un qualche animale radioattivo che gli ha donato le sue caratteristiche amplificate. In un universo narrativo in cui se non sei mutante o non riesci a piegare l'acciaio con lo sguardo vieni considerato di serie B o, ancor meglio, da panchina, Stark, grazie al suo cervello stupefacente ed alla sua inventiva, non solo è in squadra con i migliori ma spesso e volentieri è l'elemento decisivo per portare a casa pelle e vittoria da probabili cataclismi cosmici. All'inizio degli anni Sessanta il mitico Stan Lee cominciò a sviluppare l'idea del personaggio assieme allo scrittore Larry Lieber (la prima apparizione di Iron Man avverrà nel 1963) cercando qualcosa di impatto ed allo stesso tempo di innovativo, qualcosa che potesse lasciare il segno come il giovane Peter Parker con il suo concetto portante di supereroe con super problemi. Stan Lee decise, in piena guerra fredda, di pescare abbondantemente da tutti gli stereotipi malvisti in quel momento dalla maggior parte dei suoi lettori per dar vita ad un personaggio che li potesse incarnare tutti, riuscendo nello stesso tempo ad oltrepassarli ed a trasformarli non solo nel suo punto di forza ma nelle motivazioni che lo spingevano verso la carriera di supereroe. Tony Stark aveva visto la luce e da subito i suoi difetti fecero presa sul pubblico quanto i suoi pregi. I lettori si trovarono davanti ad un playboy, milionario e geniale ma con pochi scrupoli, bravissimo a tacitare la sua coscienza sia che si trattasse di scaricare la fiamma di turno quanto di produrre armi da destinare al mercato internazionale, ma destinato a rendersi conto, piano piano, delle conseguenze legate alle sue decisioni. Un egoista figlio d'arte che acquisterà un maturosenso di responsabilità e tenterà di compensare, a volte esagerando, i suoi difetti fin troppo umani con un eroismo nato non da una qualche miscela chimica ma dalle sue riflessioni e dal suo doloroso percorso di maturazione. Una combinazione esplosiva insomma destinata a mantenere per più di mezzo secolo, fra alti e bassi, il fumetto fra i più apprezzati dal pubblico americano ed internazionale ma soprattutto una combinazione di elementi sempre attuale, in grado di affascinare generazione dopo generazione di pubblico.

Nessuno degli autori successivi si lasciò sfuggire le potenzialità di Iron Man, sfruttandole in archi narrativi di forte impatto emotivo a volte con tematiche anche troppo mature per un'opera mainstream. Per tutti i lettori di fumetti di vecchia generazione è diventato famoso il ciclo di Spider-Man in cui l'amico Harry Osborn rimane invischiato nel problema della droga quanto, sulle strisce della concorrenza (Dc Comics), fece scalpore il medesimo concetto ben realizzato su Green Arrow, in cui vediamo Speedy, al secolo Ron Arper, fedele quanto giovane spalla dell'eroe, afflitto dallo stesso straziante problema. In nessun caso

Iron man davvero in alto.
Iron man davvero in alto.
 però l'eroe della testata ha cedimenti o debolezze critiche, possiamo assistere a depressioni, scatti d'ira, desiderio di vendetta, mai, su testate di una certa levatura, vedremo il protagonista dimostrare appieno tutta la fragilità del suo lato umano. Stark, nel ciclo di Denny O'Neill, siamo agli inizi degli anni Ottanta, diventa nientedimeno che alcolizzato. Sopraffatto dalle macchinazioni degli avversari cede e si dà al bere tanto da perdere compagnia ed armatura, la sua identità di supereroe, fino a ridursi a mendicare per le strade di New York. Non abbiamo di fronte l'inossidabile Capitan America per cui i pochi e sporadici cedimenti non sono che parentesi di fronte al mito ed all'icona, non abbiamo di fronte nemmeno Bruce Banner che sublima la sua ira in un mostro completamente fuori dal suo controllo diretto ma abbiamo un essere umano che dopo aver mostrato la sua debolezza riuscirà a tirarsi fuori dagli abissi da lui stesso creati con l'aiuto della persona amata, al tempo Bethany Cabe. Un esempio al negativo che non potrebbe essere più affascinante e non potrebbe essere più alla portata dell'uomo di tutti i giorni pur dall'alto del suo genio e dei suoi miliardi di dollari. Recentemente Mark Millar, nella versione Ultimates di Iron Man, ci mostra un Tony Stark terrorizzato che beve per indossare l'armatura e combattere al fianco di mostri gamma, Dei e supersoldati contro un'invasione aliena. Ad uno stupefatto soldato che lo vede per un momento senza elmetto, in preda a conati di vomito, Stark commenterà che solo un pazzo o un ubriaco possono essere in grado di volare incontro alle navi spaziali dei Chitauri, sotto ad un bombardamento costante, in una scatoletta di metallo. Si rimetterà poi l'elmetto e sparirà in una fiammata per salvare i suoi compagni.