raccontata da Riccardo Valla

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STORIA DELLA FANTASCIENZA

La storia della fantascienza, dall'epoca di Verne e Wells fino all'era del cyberpunk, è affascinante. Riccardo Valla, uno dei maggiori esperti italiani, ce la racconta un po' per volta, in ordine sparso.

Da qualche tempo si parla di "proto-fantascienza" per indicare la produzione fantascientifica tra la fine dell'Ottocento e il 1950, in particolare quella non americana, e un volume uscito qualche mese fa, Le aeronavi dei Savoia, pubblicato dalla Editrice Nord, presenta una rassegna di quella italiana. Sono storie italiane scritte prima che apparissero Urania e le altre riviste di fantascienza, e sono organizzate come un vecchio volume di Moskowitz sulla fantascienza dell'epoca vittoriana, "La fantascienza all'epoca dei lampioni a gas", ossia per generi di racconto. Me ne occupo non tanto per il contenuto, ma perché in esso si ripropone il vecchio interrogativo. "Perché la fantascienza è nata in America?"

Se si guardasse la produzione francese della stessa epoca, si troverebbero filoni analoghi, e così in quella tedesca, e perciò la domanda sorge spontanea. "Con tutti questi scrittori" ci si chiede "perché la fantascienza non è sorta in Italia o in Francia?" La risposta che si dà abitualmente è che solo in America c'erano le riviste specializzate, e a parer mio è una risposta giusta, ma incompleta, perché anche nelle altre nazioni c'era qualcosa d'analogo alle riviste. L'altra risposta, che nello sviluppo della fantascienza giochi un ruolo un particolare spirito americano, be', si tratta di una questione di struttura e sovrastruttura, come direbbero i marxiani. Per uno la struttura (la base) è l'economia, o lo spirito, o la psicologia e il resto dipende da essa (ossia è sovrastruttura) per l'altro è il contrario e l'economia dipende dalla psicologia del momento. Per ora limitiamoci a vedere le caratteristiche esterne; se poi siano esse a determinare lo spirito o viceversa, lo lasciamo alle nostre filosofie preferite.

Continuo perciò a elencare alcune constatazioni sul sorgere della fantascienza. Come sempre quando si esaminano le storie scritte all'inizio del secolo (scorso) in qualche nazione europea, anche nel volume Le aeronavi dei Savoia emerge sia una grande varietà di spunti sia un'accettazione, da parte del pubblico, di questi spunti. Le meraviglie del futuro, gli uomini artificiali, i viaggi ad altri pianeti dovevano essere idee molto diffuse tra la gente, un po' come, all'inizio dell'Ottocento, tutti parlavano delle pretese scoperte lunari dell'astronomo Herschel: una finzione giornalistica, ma presa per vera, in cui si raccontava di avere visto edifici, animali, foreste e una razza umana alata tra i crateri della Luna.


Le storie di protofantascienza apparivano su ogni sorta di pubblicazione, compresi periodici ad alta tiratura come La Domenica del Corriere e molte di esse venivano ristampate poi in volumi popolari. Questa situazione mostra come all'inizio del secolo scorso fosse abbastanza diffusa la "visione fantascientifica", ossia quel misto di aspettative e di timori per il futuro che associamo alla fantascienza: l'aspettativa che la scienza porti progressi e il timore che metta in mano all'uomo nuove forme di distruzione. E questa visione era diffusa non solo tra piccoli gruppi di lettori specializzati, come lo era la fantascienza negli anni 1960 e 1970 (quando era confinata ai lettori di Urania, per così dire), ma a tutto il pubblico, un po' come oggi che il cinema di fantascienza ha diffuso concetti anche complessi, come quello degli imperi stellari, del viaggio nel passato per cambiare il futuro, dell'intelligenza artificiale e dei suoi rapporti con l'umanità.

Osservo anche che quando ci si chiede perché la fantascienza è nata in America si pensa soprattutto a una parte della fantascienza: quella classica, con la colonizzazione dei pianeti, i viaggi nel tempo e nello spazio, la descrizione delle società del futuro. Questo tipo di storie compariva già nella protofantascienza e la sua origine precede il periodo delle riviste americane e viene da Jules Verne, H.G. Wells ed E.A. Poe. A questi filoni se ne erano aggiunti altri, tra cui soprattutto quello di Atlantide e delle altre civiltà sconosciute ma ancora vive in qualche angolo inesplorato del mondo, quello della guerra del futuro (noi le inseriremmo nella fantapolitica) quello del "terrore sovrannaturale", con autori come Hodgson (e poi Lovecraft) e le storie "apocalittiche", per usare il termine di Farmer, ossia quelle in cui qualche persona o qualche organizzazione complottava per distruggere il mondo.


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STORIA DELLA FANTASCIENZA

Tra tutti questi filoni, nei primi due decenni del Novecento il tipico filone alla Verne, basato sulle invenzioni mirabolanti, sopravviveva meglio in Europa che negli Stati Uniti, dove veniva considerato più adatto alla narrativa per ragazzi; la maggior parte della produzione statunitense dell'epoca era composta di avventure "romantiche" in pianeti extraterrestri, come nei romanzi di E.R. Burroughs, e di esplorazioni di civiltà nascoste, come in quelli di A. Merritt. Qualche anno dopo il 1920 comincia a uscire una rivista dedicata all'horror, Weird Tales, che riprende questi due filoni di avventure fantascientifiche, ma li carica di spunti alla maniera di Hodgson: incontri con forme di vita incomprensibili e minacciose, per esempio. Se vogliamo è il filone di Alien, rispetto a quello di Guerre stellari.

A parte forse il filone horror, anche in Italia, all'epoca, c'era lo stesso tipo di storie e c'erano periodici che le pubblicavano. Negli ultimi anni del decennio 1920, però, la produzione americana prende a distaccarsi da quella europea, inventando in pochi anni una nuova, e molto ricca, serie di immagini, che poi sarebbero state riprese per i tre decenni successivi, fino all'arrivo di scrittori come Farmer, Zelazny, Vance, e del gruppo di Galaxy: macchine capaci di utilizzare energie di dimensione colossale, di spostare o distruggere interi mondi, unioni tra pianeti, civiltà estese a intere galassie. A inaugurare questo tipo di storie fu E.E. Smith, e l'idea delle "storie di super scienza" venne poi ripresa da una serie di continuatori che arriva fino a Guerre stellari: Campbell, Williamson, van Vogt

A questo punto possiamo ampliare la domanda. "Perché la fs è nata in America, perché è nata con quelle caratteristiche e perché non è nata qui?"

Per quanto riguarda le caratteristiche, negli anni 1930 sia il cinema sia il fumetto hanno preso spunto dalla fantascienza, e mentre il cinema preferiva il filone horror, il fumetto prendeva gli spunti dell'avventura su altri pianeti. Perché la fantascienza popolare americana non si è ispirata anch'essa agli scrittori di Weird Tales o a Burroughs e s'è invece ispirata a Verne e Wells? Anche il filone horror e l'avventuroso hanno una vasta presa sul pubblico.

Quanto all'Italia, potrebbe essere divertente scrivere un racconto in cui Luigi Motta e Calogero Ciancimino propongono a Mussolini una rivista di fantascienza italiana fascista, contenente descrizioni "futuriste" dell'avvenire dell'Italia e delle sue future conquiste territoriali e scientifiche; Mussolini e l'Associazione fascista degli Scrittori danno la loro benedizione alla rivista Fasci del Futuro. Al di là dell'ucronia, certi romanzi di Motta e certe sue collaborazioni con Ciancimino potevano essere alla base di una fantascienza italiana abbastanza sofisticata per quel tempo: per esempio, il loro romanzo Il prosciugamento del Mediterraneo è molto più ricco di invenzioni della media europea dell'epoca.

Davanti a queste possibilità che non si sono realizzate, l'esistenza della fantascienza americana colpisce per la sua singolarità. Evidentemente negli Stati Uniti c'è stato qualcosa che non c'era nelle altre nazioni.

Naturalmente, questo "qualcosa" è la prima rivista interamente dedicata alla fantascienza, ossia Amazing Stories, che cominciò ad apparire nell'aprile del 1926. In genere si tende a pensare che Amazing abbia lanciato un nuovo tipo di storie e che ci fosse un pubblico in attesa di una rivista del genere. In realtà c'erano già iniziative analoghe, e il pubblico trovava una certa quantità di quelle storie in riviste come Argosy. Per di più era un pubblico vario, non specializzato, che leggeva la (proto)fantascienza come leggere qualsiasi altro tipo di narrativa avventurosa. Oltre ai narratori "pulp", il genere di storia attraeva anche scrittori di un certo valore, che a volte utilizzavano questo tipo di storie per la loro efficacia. Il più noto è Huxley, naturalmente, ma Il mondo nuovo non è il solo romanzo fantascientifico scritto da un autore importante in quegli anni.


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Per controllare la differenza tra Amazing e le concorrenti bisogna esaminare le concorrenti. Nelle illustrazioni di Argosy predominava la figura umana, e in quelle di Weird Tales, quando si trattava di raffigurare elementi fantascientifici, c'erano troppe ingenuità. Invece le copertine di Amazing erano molto dettagliate e se all'inizio mostravano scene di lotta contro animali giganti o preistorici, fin dal secondo anno della rivista si dedicarono prevalentemente a ritrarre macchine futuribili.

Di solito si tende ad attribuire a Hugo Gernsback, l'editore della rivista, l'interesse per la "profezia scientifica" e la sua richiesta di storie con uno spunto tratto dalla scienza. Del resto, all'epoca Gernsback pubblicava già numerose riviste di divulgazione scientifica, e dunque era già incamminato su quella strada. Aveva un gruppo di collaboratori che si occupavano di argomenti legati alla scienza e in particolare alla radiofonia e soprattutto un direttore artistico, l'architetto Frank R. Paul, capace di disegnare plausibili macchine e grandi architetture del futuro. Nei primi anni della rivista, varie volte veniva prima l'illustrazione della storia, come nei ripetuti concorsi a premio "Mandateci una storia ispirata a questa illustrazione".

Perciò la risposta alla domanda "Perché la fantascienza è nata in America" va collegata al fatto che la prima rivista specializzata fosse americana, certo, ma che inoltre venisse pubblicata da un gruppo già specializzato nella divulgazione scientifica e che avesse un gruppo di collaboratori già esperti nel raffigurare l'aspetto visivo del domani.


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