In questa guerra per il controllo del linguaggio e attraverso di esso delle sorti dell’intera umanità, la “macchina morbida” richiamata nel titolo del primo volume della serie allude proprio al modo in cui il virus assoggetta alla propria volontà il corpo umano, anticipando intuizioni che diverranno cardinali per il cyberpunk. Al centro di The Soft Machine vi è una lunga teoria di esperienze transpersonali, specie quelle derivate dall’abuso di droghe: proprio la droga è per Burroughs la più subdola delle molteplici forme di invasione tentate dalle forze aliene ai danni dell’uomo. La struttura del romanzo è tripartita: mentre all’inizio la trama ruota attorno a personaggi già apparsi nel Pasto nudo, nel finale vengono introdotti quelli che saranno i protagonisti di Nova Express. Il corpo centrale è invece occupato dalla trama vera e propria, che comunque deve molto alle opere di due grandi poeti: La Landa Desolata di T.S. Eliot (verso cui è fortemente debitore lo stesso Thomas Pynchon, che con Burroughs rappresenta forse il più grande innovatore della letteratura inglese del Novecento) e La Tempesta di William Shakespeare. A questo proposito, Allen Ginsberg dichiarò: “William Burroughs presenta i testi originari, poi li taglia, li mischia e li ricombina, permutando le immagini finché balenano di una lucentezza caleidoscopica”. Insoddisfatto della prima edizione per la Olympia Press (1961), nella seconda (la prima per il mercato americano, grazie alla Groove Press, nel 1966) Burroughs ne sostituì ben 82 pagine, rivedendo radicalmente l’altra metà del libro. Ulteriori aggiustamenti apportò poi alla versione britannica, pubblicata da John Calder nel 1968.Molto più difficile da decrittare è invece la trama sottesa a Nova Express, nel quale il cut-up&fold-in è spinto all’estremo. Tra flash back sulle trascorse imprese della Banda Nova (memorabili le battaglie contro gli Insetti di Minraud), interrogatori e rapporti della Polizia Nova, la guerra per il controllo dello Studio della Realtà avanza. Particolarmente significativi
risultano essere in questo caso, in una narrazione letteralmente senza capo né coda che si affida quasi per intero al potere penetrante delle immagini psichiche, gli inserti che si riferiscono alla cura all’apomorfina (già richiamata nel Pasto nudo e in appendice a The Soft Machine) e i richiami alla teoria orgonica di Wilhelm Reich, oltre al consueto campionario di sostanze allucinogene dagli esiti più o meno stupefacenti.In The Ticket That Exploded questo discorso anarchico sul controllo della mente attraverso strumenti elettronici, sessuali, chimici o subliminali, tocca il suo apice ideologico: Burroughs dedica infatti un certo spazio all’esposizione circostanziata della sua teoria del linguaggio-virus e alla tecnica del cut-up, il che lo rende un manifesto d’intenti sulla rivoluzione sociale che l’autore avrebbe voluto vedere attuata grazie alla tecnologia. Per il resto, il libro è un riarrangiamento di routine interne o persino esterne (tratte dagli altri due capitoli della Trilogia), che segue da vicino le indagini dell’Ispettore Lee, alter ego di Burroughs al servizio della Polizia Nova (così come l’altro suo alter ego, Uranium Willy, serve invece la causa della Banda Nova).L’esito della battaglia è quanto mai incerto dal momento che il finale di The Ticket That Exploded ben si presta a due interpretazioni letteralmente opposte: ma sia che la Banda Nova sia riuscita a scatenare una supernova con conseguente annientamento del genere umano, sia che la loro folle missione sia invece fallita grazie all’intervento della Polizia Nova per distruggere il virus del linguaggio e sostituirlo di nascosto, appare evidente che il futuro dell’umanità è inesorabilmente segnato.Tutto ciò legittima l’intenzione di Burroughs di scrivere con la Trilogia Nova “un’epica dell’era spaziale”.

Gli anni del bunker

Di ritorno a Tangeri, nel 1961, Burroughs dovette confrontarsi con le difficoltà emerse nel gruppo dei beat. Le tensioni erano all’ordine del giorno, e lui stesso vi contribuì ingelosito nei confronti di Ginsberg dalla presenza di Orlovsky. Poi entrò in contatto con Timothy Leary, e si offrì come sperimentatore per i suoi strumenti di espansione della percezione. Gli effetti della psilocybina e dell’LSD su Burroughs furono a dir poco devastanti: esangue e scoordinato, ridotto a uno spettro, attraversò stati di allucinazione assoluti e prolungati, durante i quali si esprimeva con frasi sconnesse e disarticolate quasi fosse un personaggio dei suoi stessi libri. Tuttavia non demorse. Seguì Leary di nuovo in America, per continuare le sperimentazione in seno a un programma di ricerca ad Harvard. Le origini sospette dei fondi furono però la causa di una divergenza di vedute e i due si separarono malamente.Era solo l’inizio. Burroughs ruppe più tardi anche con Gysin, non risparmiò sferzate a Truman Capote che si era azzardato a esprimere giudizi severi (e piuttosto superficiali, a dire il vero) sulla sua tecnica letteraria, e finì addirittura invischiato nelle beghe interne di Scientology. Affascinato inizialmente dalle tesi di L. Ron Hubbard (proprio come un altro grande maestro della fantascienza, Alfred Elton van Vogt, che aveva addirittura abbandonato la sua attività di scrittore per dedicarsi alla gestione della sezione californiana della discussa chiesa di Hubbard), gli bastò un assaggio di militanza per rivedere le sue posizioni iniziali. Lo scontro si consumò in un acceso dibattito epistolare pubblicato sulle pagine di Rolling Stone.