Dopo anni di discriminazioni, finalmente anche l’altra metà del cielo ha un videogioco tutto suo, del quale sentirsi assoluta protagonista. Mica si parla di donne, che di titoli per PC e console ne hanno sempre avuti a bizzeffe. Invece gli zombi, loro sì che di gavetta se ne intendono. Prima di poter anche solo aspirare a un ruolo principale, sono stati fucilati, triturati, disintegrati; nemesi perenni al massimo passati sotto i riflettori come metamorfosi putrefatta dell’eroe, ma mai scritturati per una parte da vere e proprie star come ora, con Stubbs the Zombie in Rebel Without a Pulse. Un videogame dove non si comanda il solito fighetto armato di bazooka, pronto a far saltare la testa a mostri assortiti e fila di non morti, bensì uno di questi ultimi, verdastro cadavere ambulante e anarchico, resuscitato per sovvertire lo stomachevole ordine costituito di un’utopica città americana del retro-futuro.

Si chiama Edward Stubblefield, nomignolo Stubbs, di lavoro agente di commercio. Segni particolari (ma neppure troppo): uno dei tanti disperati, vittime della grande depressione del 1929.  Non il massimo della vita, neanche per un perdente nato come lui. Così, quando nel 1933 qualcuno lo ammazza e viene seppellito in un campo della Pennsylvania, Edward tira quasi un sospiro di sollievo, si crogiola nel suo angolo di paradiso fatto di silenzio, vermi e terriccio morbido. Certo, rimane il cruccio di non aver visto chi è stato e di non sapere perché, ma è niente rispetto al fastidio che lo attende ventisei anni dopo. 1959, il playboy e industriale Andrew Monday decide che la Pennsylvania - campo di Stubbs compreso - è il luogo giusto per costruire Punchbowl, la sua metropoli avveniristica, un misto di robot, auto volanti e arredo urbano da modernariato. Un’utopia peggio di Pleasantville (il film del 1998 di Gary Ross), dove tutti vivono felici e con un sorriso ebete stampato sulla faccia, ubriachi del loro “sorso di futuro”. Bleargh. Puh! Che schifo! Edward non ce la proprio a resistere a tutto questo buonismo, esce dalla tomba e comincia la sua rivoluzione a suon di cervelli da masticare. Perché se da vivo era un perdente, da (non) morto Stubbs ha le carte giuste per non farsi calpestare, per tramutare la rabbia repressa in un’esplosione violenta di ribellione. 

E qui entrate in gioco voi, che dovrete guidare l’antieroe verdastro in un escalation di disordine, imbarazzo e baccano per le strade di Punchbowl (e dintorni). Stubbs the Zombie in Rebel Without a Pulse è un titolo d’azione in terza persona dall’umorismo nero, feroce e sanguinolento. I Wideload Games, creatori dell’avventura, hanno origine da una costola di Bungie, quelli di Halo, lo sparatutto fantascientifico campione di incassi per il quale il fondatore della nuova società, Alex Seropian, ha rivestito il ruolo di produttore esecutivo. Piuttosto che sparare col mitragliatore, però, in Stubbs si usano strumenti letali come le superpuzzette; si addentano crani per pasteggiare con cervelli; si creano legioni di zombeschi propri simili da mandare addosso ai nemici come carne da macello; ci si strappa un pezzo di budella e lo si lancia a mo’ di bomba; ci si asporta un braccio con mano al seguito e li si dirige sulla testa di un uomo qualsiasi, per prenderne il controllo e aizzarlo, magari armato, contro i suoi compagni; si pilotano micidiali hovercraft e tagliaerbe.

 

Peculiarità bizzarre che ben si amalgamano con la storia. Guardando oltre la demenzialità del suo racconto, la trama del videogame Wideload offre altre chiavi di lettura, come l’accettazione del diverso o l’incombenza di un destino inesorabile, ciò che non dà requie a Stubbs nemmeno da morto (i suoi autori hanno definito Rebel Without a Pulse una libera interpretazione - ironica e sagace - della Maschera della morte rossa di Edgar Allan Poe). La studio dei vari scenari, questa atipica narrativa rovesciata e l’opportunità di condurre la confusionaria marcia alla riscossa di un eterno perdente, accompagnati da una colonna sonora rock & roll in stile e gag grottesche, sono un piatto invitante per chi riesce a non fermarsi alle pecche di un gioco lontano dai canoni aulici dell’intrattenimento elettronico.

Stubbs the Zombie non ha una durata eccezionale e la varietà non è il suo forte. Il motore grafico ciuccia un fiume di risorse (con la patch si risolvono abbastanza problemi). Insomma, un po’ come il videogame Bungie. Eppure, nonostante una a tratti inconsistenza strutturale, difficilmente si dimenticano le scorribande dello strampalato Wile Coyote dell’oltretomba, che un tempo vendeva assicurazioni e, ora, rianimato di certo non per volere suo, si trova nel paese delle meraviglie futuribili che non aveva chiesto, con l’unico scopo di far vedere i sorci verdi agli ammalati di questa felicità.

Originale, divertente, anzi proprio esilarante. Purtroppo non è tutto oro quello che luccica, esattamente come non è tutto progresso la tecnologia pubblicizzata a Punchbowl.