La notizia è di quelle che non possono passare inosservate. È possibile allungare la vita, anche del 30 percento rispetto alla sua durata media. Almeno nelle cavie di laboratorio. La scoperta è merito di un gruppo di ricercatori dell’Università del Texas guidati da Makoto Kuroo. I risultati della loro ricerca, pubblicati sulla prestigiosa Science, hanno visto l’estensione della vita nei topi come effetto della mutazione di un gene.

Il gene in questione era già noto dal 1997 e la sua scoperta porta la firma dello stesso team, che all’epoca lo battezzò Cloto dal nome di una delle tre Parche della mitologia greco-romana, divinità amministratrici del destino che filavano e tagliavano il filo della vita di ogni uomo. I progressi nello studio del suo funzionamento compiuti in questi anni hanno mostrato come questo gene controlli la via di segnalazione dell’insulina e del fattore di crescita insulino-simile 1 (insulina/IGF1). Mutazioni di questo gene erano già state associate nei topi all’invecchiamento precoce e negli uomini alla predisposizione a malattie come osteoporosi e arteriosclerosi.

Dopo l’isolamento di Cloto in roditori che mostravano i segni di un invecchiamento precoce perché provvisti da una versione difettosa del gene, i ricercatori hanno deciso di verificare il legame tra l’ormone da esso prodotto e la durata di vita degli esemplari esaminati. Hanno quindi creato dei topi transgenici, provvisti di una versione del gene più attiva del normale, e hanno notato nei maschi una sopravvivenza mediamente maggiore del 20,0-30,8% rispetto ai maschi normali, e nelle femmine un incremento del 18,8-19%.

I ricercatori hanno anche esaminato il meccanismo d’azione dell’ormone, scoprendo che esso, legandosi al suo recettore posto sulla superficie cellulare, riesce a interdire il meccanismo di segnalazione insulina/IGF1, ben noto agli esperti di longevità trattandosi di un sistema per il controllo della durata di vita condiviso da moltissime specie animali. Secondo gli studiosi, Cloto potrebbe funzionare come estensore della lunghezza della vita inibendo il meccanismo insulina/IGF1. Il prezzo da pagare, però, sarebbe in termini di salute visto che questo meccanismo svolge un ruolo determinante nel metabolismo degli zuccheri. L’estensione della vita potrebbe quindi essere vincolato a una modifica nei costumi alimentari, costo tutto sommato accettabile nella prospettiva dell’eternità.