Eccellente antologia che raccoglie i vincitori, nelle varie categorie di lunghezza (romanzo breve, racconto e racconto breve), del Premio Hugo tra il 1984 ed il 1990.

Si parte bene con Punto di caduta di Timothy Zan (***): sulla nave mercantile Aura Dancer si imbarcano il signor Bradley ed il suo psichiatra, che vuole cercare di curarne le patologiche insicurezze. Per ciò deve studiare le catene di immagini che si manifestano durante i punti di caduta, sorta di buchi neri causati dalla propulsione che permette alla nave di percorrere enormi distanze in pochi minuti. Ma il dottore ha con se un apparecchio che causa un disturbo alla navigazione e spinge la nave in diverso universo... Di base una storia classica di astronave perduta nel cosmo che deve cercare di tornare indietro, arricchita dalla bella idea delle inquietanti immagini dei se stessi degli altri universi.

Ancora meglio La musica del sangue di Greg Bear (****): cosa succederebbe se ogni singolo batterio, virus, cellula all’interno di un corpo umano avessero un’intelligenza in rapida evoluzione, paragonabile a quella di una grande e complessa civiltà che si espande all’interno dell’universo che è il corpo stesso di ogni essere umano? Dal bravo Bear un racconto intenso e straniante nel finale, così in bilico tra la paura del cambiamento e la fascinazione del divenire.

Splendido anche Il suono delle parole di Octavia Butler (****), un viaggio attraverso un’America di domani nel quale una nuova malattia si è diffusa rapidamente uccidendo molti e lasciando anche i vivi con gravi menomazioni, a cominciare dall’uso della parola. Per i sopravvissuti un inferno quotidiano nel quale fidarsi degli altri può diventare un rischio mortale. Grande capacità da parte dell’autrice di far affezionare il lettore ai personaggi, pur se nell’ambito del racconto e dunque senza il tempo di sviluppare enormemente i personaggi come in un romanzo.

Intrigante è l’inizio di Premi Enter di John Varley (**) nel quale la voce narrante, Victor, è convocato con una telefonata a casa del vicino di casa, che a malapena conosce, solo per trovarlo morto di fronte al PC. Con i poliziotti si ritrovano davanti allo schermo del PC che li invita a premere il testo Enter della tastiera... Il racconto parte bene ma è troppo lungo e non mantiene le premesse iniziali, affossato anche da una patetica love story tra Victor e un’affascinante quanto improbabile giovane vietnamita che si istalla nella casa del defunto per indagare.

Il secondo bel racconto della Butler è Legame di sangue (***), nel quale corpi di umani vengono utilizzati da una razza di vermi lunghi tre metri, i Tlic, per i loro fini riproduttivi. Il merito maggiore del racconto è quello di rendere plausibile il legame che unisce i vari componenti di queste famiglie allargate sia nei suoi aspetti di condivisione che di tensione. Ma il titolo accenna anche all’aspetto sanguinolento della nascita, descritto con una quantità di dettagli tale da rendere difficile la lettura a chiunque abbia lo stomaco debole. Ne sapranno qualcosa gli uomini che accettano di essere in sala parto al momento della nascita dei loro figli.

In Le sfere di cristallo (****) l’acclamato David Brin ci propone un interessante dilemma: e se i sistemi stellari fossero chiusi, limitati da una barriera di un materiale invisibile, tipo cristallo, che impedisce ad eventuali visitatori dall’esterno di penetrare? È una visione cosmologica dell’universo che spiegherebbe il perché non ci siano ancora stati contatti tra noi e le diverse razze intelligenti che, presumibilmente, popolano le galassie. Se leggere fantascienza significa anche far fare ginnastica al nostro cervello questo racconto è, se non altro dal punto di vista della speculazione scientifica, un ottimo seppur breve esercizio.

Rarefatto e introspettivo il racconto di Roger Zelazny 24 vedute del monte Fuji, di Hokusai (***), che segue il viaggio finale di Mari intorno ad uno dei simboli del Giappone seguendo un percorso dettato da una serie di dipinti. Sulle sue tracce un’entità in grado di spostarsi attraverso la rete telematica e creare epigoni in grado di attaccare anche nel mondo reale... Un racconto che vive di suggestioni e richiami legate al mondo del sol levante, con una parte centrale un po’ debole e qualche lungaggine.

Davvero splendido Il paladino dell’ora perduta (****) di Harlan Ellison che inizia e finisce in un cimitero. Un incontro del tutto inaspettato tra due uomini, molto diversi tra loro, li porta a sviluppare un rapporto profondo e dalle conseguenze imprevedibili... Ellison si inserisce a pieno titolo nel solco classico della migliore letteratura fantastica americana, quella dei Matheson, dei Bradbury, dei King, raccontando con abilità e trasporto una vicenda in puro territorio ai confini della realtà.

Apocalittico e sorprendente Il paradosso di Fermi (****) di Frederick Pohl. Se l’universo è sterminato e ci sono milioni di pianeti potenzialmente in grado di sviluppare vita intelligente come mai nessuna di queste civiltà, tra quelle più antiche e progredite, è venuta mai a farci visita o si è comunque messa in contatto con noi in qualche modo? La risposta di Pohl è di raggelante plausibilità. Un raccontino che dimostra le enormi potenzialità di impatto (si intellettuale che emotivo) della migliore narrativa breve.

Più leggero e scanzonato il romanzo breve Gilgamesh all’inferno (****) di Robert Silverberg, nel quale il leggendario re di Uruk vaga nelle imprevedibili lande infernali dove si aggirano personaggi di ogni epoca, da Cesare a Mao Tse Tung. Gironzolano da quelle parti a bordo di una Land Rover anche gli scrittori H.P. Lovecraft e Robert E. Howard. Quest’ultimo ha un palpito d’amore represso quando si imbatte in Gilgamesh, nerboruto e selvaggio come il Conan uscito dalle sue fantasie più nascoste e caro agli amanti del fantasy di tutto il mondo. Ma c’è una guerra in arrivo e per Gilgamesh un vecchio amico perduto da ritrovare... Tra il serio e il faceto Silverberg si diverte (e ci diverte) con gli scambi di battute tra Lovecraft e Howard, giocando sugli stereotipi del genere, infilandoci qualche considerazione interessante sui confini tra realtà e mito e alla fin fine creando un tributo che è al tempo stesso parodia del genere dell’heroic fantasy.

Roger Zelazny in Permafrost (***) ci trasporta in un mondo completamente ghiacciato con un racconto a tratti spiazzante per il modo insolito con cui è scritto. Una storia di vendetta che non dispiacerà ai fan vecchi fan dello scrittore.

Il sempre eccellente Greg Bear ci apre invece le porte della Quarta dimensione (****), esplorata grazie all’amicizia tra un ragazzino coreano genio della musica ed un anziano matematico omosessuale fuggito grazie ad un’amica dall’Inghilterra dei primi anni ’60, dove per tale modo di essere si poteva ancora finire in prigione. Tra dinistra e sestra, e balto e asso un’escursione in un mondo quadrimensionale che Bear riesce in qualche modo quasi a farci immaginare, in un racconto breve di grande efficacia.

Raccontato in prima persona, quasi in forma di interrogatorio, Occhio per occhio (***) di Orson Scott Card è la storia di Mick, un adolescente dotato del terribile potere di far morire chiunque susciti il suo odio. Rintracciato dai genitori li scopre essere degli integralisti religiosi fuori di testa, che vivono seguendo le norme del Vecchio e Nuovo Testamento, citando le parole della Bibbia ad ogni frase e vivendo una vita basata sul terrore della punizione e la violenza di un capo spirituale invasato e pericoloso... Siamo dalle parti de L’incendiaria di King, con qualche variante d’ambientazione e senza la suspense di quel romanzo.

In Le ragazze bufalo (****) Ursula K. Le Guin descrive con impagabile maestria una strana terra sospesa tra i miti degli indiani d’America e le paure di una bambina separata dalla famiglia a seguito di un incidente aereo e soccorsa dagli abitanti di un villaggio fantastico. Toccante e ispirato, scritto al solito in modo impeccabile da una grande scrittrice.

Leggero e divertente invece il breve Perché me ne sono andato dal locale di Harry (****) di Lawrence Watt-Evans, storia di ricerca di libertà e indipendenza di un giovane adulto sviluppata in modo ironico, ricorrendo al classico scenario dei visitatori che passano dal nostro mondo mentre si spostano tra dimensioni parallele.

In L’ultimo dei Winnebago (***) di Connie Willis sembra di trovarci quasi in un universo contrario a quello descritto nel romanzo City: nel capolavoro di Simak dopo la dipartita dell’uomo i cani sono diventati la razza leader del pianeta mentre qui si sono estinti a seguito di una epidemia virale animale. McCombe, il fotoreporter protagonista, era il padrone di uno degli ultimi esemplari viventi, ucciso in un incidente da una ragazza allora appena sedicenne. Un’amara vicenda che può avere conseguenze anche a molti anni di distanza... Un racconto che procede in crescendo, partendo in modo non molto interessante ma raggiungendo pagina dopo pagina un notevole livello. Da leggere soprattutto se appassionati di fotografia e, ovviamente, se mai si è avuto un cane per amico.

Il gattino di Schroedinger (****) di George A. Effinger si gioca sui vari livelli dell’esistenza di Jehan, una ragazza araba le cui visioni sui suoi molti possibili futuri sono intrecciate abilmente con le teorie della fisica quantistica. In uno di questi scenari la donna viene aggredita in un vicolo semibuio di Budayeen e subisce violenza: da questa circostanza una serie di eventi dai vari possibili esiti, anche mortali... Un racconto complesso, sfaccettato e toccante.

Kirinyaga (***) di Mike Resnick si svolge su un mondo ricreato artificialmente in modo da riprodurre gli stili di vita degli antenati. A seguito dell’uccisione di un bambino nato con i piedi in avanti, e dunque ritenuto dalla tribù d’appartenenza un demone, da parte della Sorveglianza viene inviata una persona con l’incarico di cercare di convincere il leader spirituale locale a finirla con queste pratiche, ma lui rifiuta in nome della tradizione... Spunto interessante, tutto giocato intorno alla legittimità di azioni dall’esterno su una realtà culturale radicata, contrapposta alla discutibile convinzione che ogni tradizione in quanto tale è da ritenersi automaticamente buona e dunque immutabile.

Le montagne del dolore (****) di Lois McMaster Bujold vede protagonista il giovane Lord Miles Vorkosigan, personaggio da lei ripreso in una serie di fortunati romanzi, in una storia per certi versi simile a quella del racconto precedente: una piccola bambina è stato soffocata perché ritenuta una mutante e la madre chiede l’intervento delle autorità affinché arrestino il marito, da lei ritenuto responsabile dell’omicidio... L’autrice sviluppa in modo scorrevole e avvincente la vicenda, trasportandoci in un mondo rurale dove ancora convivono superstizioni legate all’ignoranza. Per i lettori che già conoscono il personaggio “deforme” di Vorkosigan l’interessante opportunità di vederlo in azione in una sorta di prequel dei successivi romanzi.

Crea un soldato, poi creane un altro (****) di Robert Silverberg si regge sulla magnifica intuizione di un faccia a faccia virtuale tra il conquistatore Pizarro e il filosofo dell’antica Grecia Socrate, ottenuto nel corso di un esperimento scientifico e materializzato all’interno di un’olovasca. Stimolanti i dialoghi, con il riflessivo pensatore che cerca di comprendere l’indole violenta del conquistador, e gustosissimo in particolare quello nel quale quest’ultimo cerca di spiegare al filosofo di aver strangolato un re giusto e saggio come l’indigeno sudamericano Atahualpa per un buono e semplice motivo: era un pagano, non aveva mai sentito parlare di Gesù e non riusciva a capire il significato della Santissima Trinità. Argomentazioni impeccabili, non c’è che dire.

Chiusura al chiaro di luna in Plenilunio (****) di Suzy McKee Charnas: una giovane donna dai seni prosperosi (il titolo originale è Boobs) scopre nel periodo del suo primo ciclo mestruale di essere anche un lupo mannaro... Un racconto horror-femminista con ottime e molto realistiche descrizioni delle sensazioni trascorse in forma animalesca dalla ragazza e delle sue reazioni ai comportamenti, talvolta altrettanto animaleschi, di certi suoi compagni di scuola. È un racconto che con la fantascienza non ha niente a che vedere, ma che dimostra che ai Premi Hugo sono stati in passato premiati scritti non strettamente di FS già molto tempo prima del contestassimo premio a Harry Potter, per il quale in tanti hanno inopinatamente gridato allo scandalo in quanto sarebbe stato “fuori tema”.

L’estratto – “Non ho alcuna intenzione di scalare il Fuji per presentare un resoconto della mia vita, a Dio o a chiunque altro. Solo gli indecisi e gli incerti hanno bisogno di una giustificazione per la propria vita. Io faccio quello che devo fare. Se le divinità hanno domande da pormi, che scendano loro dal Fuji per farmele. In caso contrario li guarderò da lontano e sarà questo tutto ciò che avrò a che fare con loro. Ciò che è trascendente dovrebbe essere ammirato solo da lontano.”

(dal racconto di Roger Zelazny 24 vedute del monte Fuji, di Hokusai)