Forse l'unica vera ferita inferta attraverso questo film è la certezza che Jane Campion, regista beneamata di Un angelo alla mia tavola e Ritratto di Signora, è veramente arrivata al fatidico 'capolinea' artistico. Dopo il deludente Ritratto di Signora e il pessimo Holy Smoke, In the cut è un pretenzioso thriller sull'abiezione che - in realtà - si rivela soltanto una lunga e noiosa sequela di oscenità posticce. Tratto da Dentro (c'è qualcosa di allegorico in questa frase...) di Susanna Morse, In the cut ha come protagonista una Meg Ryan imbambolata e non convincente nel ruolo della meditabonda professoressa di letteratura che intreccia una relazione a luci rosse con un poliziotto incaricato delle indagini riguardanti un omicidio avvenuto nel quartiere di New York dove abita. Pieno di sesso parlato e raccontato e con qualche sporadico nudo senza velo, In the cut è un film plasmato sull'idea morbosa di una sessualità femminile insoddisfatta e problematica che si confronta con diversi gradi di violenza. Girato volutamente con alcune sequenze fuori fuoco e ammantato di un tono urbano e post moderno enfatizzato da una colonna sonora sexy e jazzata, il film ruota intorno al personaggio di Meg Ryan e al suo sesso casuale, nonché eternamente problematico. Il dramma è che oltre una sequenza ridondante di dettagli intimi (senza mai andare oltre una sensualità che non sia solo di superficie) più raccontati che mostrati, il thriller è soltanto un alibi per tenere insieme una storia maldestra, mentre - al tempo stesso - tutti (spettatori e personaggi) sono deprivati del vero mordente narrativo. Né film della tensione, né tantomeno thriller erotico coinvolgente, esattamente come il Killing me softly di Chen Kaige, In the cut è un ibrido noioso, lungo, saccente dove - nonostante innumerevoli dettagli ginecologici - non sappiamo nulla o quasi dei personaggi e capiamo poco o nulla dei loro drammi. Ed è questo, forse, l'altro grande paradosso che rende tutto falso e scarsamente interessante. Un film tratto da un libro che riflette sull'essere delle persone dovrebbe puntare a descrivere l'interiorità delle persone e non solo i loro corpi. Jane Campion, invece, non riesce a gestire emotivamente i personaggi trasformandoli in corpi aggrovigliati o squartati, incapaci di esprimere alcunché se non parole. E non importa quale sia il grado di erotismo espresso nelle frasi dei protagonisti. Sullo schermo non viene trasmesso nulla. Il che è ancora più grave se si pensa che viene dall'autrice di uno dei caposaldi dell'erotismo cinematografico femminile come Lezioni di piano. In the cut, invece, è solo immerso in un vuoto di senso pressostatico. L'unica vera indecenza, infatti, è quella data dalla noia. Il resto, invece, è solo da passare sotto silenzio, perché non solo non è sensuale, ma il risultato è - addirittura - all'opposto.

Marco Spagnoli